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cento anni con beppe fenoglio

Cento anni con Beppe Fenoglio

Il racconto dell'evento tenutosi al Teatro Franco Parenti lo scorso 19 novembre nel contesto di BookCity.

6 minuti di lettura

A cento anni dalla morte dello scrittore Beppe Fenoglio, in occasione di BookCity Milano 2022, il Teatro Franco Parenti di Milano ha voluto ospitare un evento in suo onore. Cento anni con Beppe Fenoglio è solo uno dei tanti eventi organizzati per celebrare questo importante anniversario che, insieme ai tanti altri presenti nel ricco palinsesto di eventi di quest’anno, ha anzitutto il valore di «farci tornare indietro e di dare forza al presente, grazie al passato» – queste le parole della direttrice Andrée Ruth Shammah del Teatro Franco Parenti che, per valorizzare al massimo l’evento, ha voluto mettere a disposizione il cosiddetto Appartamento, sala al primo piano del teatro che, come ha ricordato nell’introdurre personalmente l’incontro, fu anche il primo ufficio suo e di Franco Parenti.

Come moderatore, Alberto Casadei, accademico specializzato in Letteratura italiana contemporanea; al suo fianco i due relatori veri e propri: lo scrittore Marco Balzano, rivelatosi appassionato fenogliano solo in occasione di BCM22 e Margherita Fenoglio, la figlia di Beppe, morto quando lei aveva appena due anni, che si è da sempre spesa perché al padre venissero riconosciuti i meriti civili e letterari che il suo impegno di partigiano e scrittore richiedevano. 

I racconti della vita privata della famiglia Fenoglio, che hanno riempito una saletta intima e stipata all’inverosimile, non sono quindi – evidentemente – tanto quelli della personale memoria di Margherita, quanto quelli ereditati dalla mamma e dalla nonna paterna; una nonna che era orgogliosa di avere un figlio scrittore, «arrivato»; un figlio che aveva contribuito – lei che era di umili origini – a «far arrivare». Uno dei primi episodi ricordati da Margherita Fenoglio è quello dell’insistenza della nonna per mandare il figlio, Beppe, al liceo e, poi, all’università perché il maestro di scuola aveva assicurato che «il ragazzo aveva talento». Da lì, un sogno nel cassetto: vedere il figlio dietro una cattedra, rispettato professore, a riscattare la sua vita in malora. 

La guerra, però, cambierà le cose, se non per lei, per Beppe, che percepisce da allora una sola urgenza: la scrittura, di cui riempie le pagine bianche delle imprese per cui, di tanto in tanto, lavora per portare a casa il pane e rassicurare la madre.
A ricordare questo cambiamento, è soprattutto Marco Balzano che dà il via alle letture dell’incontro leggendo un passo de La paga del Sabato, dove emerge un conflitto fra Fenoglio e la madre, che voleva che il figlio facesse un lavoro “vero”, salvo poi affittargli, per prima, la macchina da scrivere che, forse, gli avrebbe permesso di realizzare una profezia: «Il tuo nome verrà dimenticato, il mio resterà, la laurea arriverà a casa». Una frase dura venuta fuori durante una delle «discussioni apocalittiche» di casa Fenoglio tra madre e figlio e che ben si riflette ne La paga del Sabato, dove – a differenza di alcuni scritti successivi – si conserva ancora una dialettica fra il figlio, il partigiano inquieto che fatica a tornare nel mondo perché «ha fatto la guerra», e le due figure femminili della madre e della fidanzata.

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Pur avendo ancora un rapporto con le persone a lui più vicine, Fenoglio acquista pian piano un crescente cinismo, che si riflette nelle opere successive. In altre parole, la guerra gli fa percepire un distacco dal mondo, lo rende a tal punto insofferente alla vita con coloro che sono rimasti a casa che l’unico lavoro e fatica possibile è la scrittura, non tanto per il desiderio di testimoniare ma per la necessità di uno sfogo che non poteva esserci nel mondo del dopoguerra, che voleva dimenticare.
Marco Balzano, parlando di quegli anni, definisce l’autore «un uomo divenuto inabile alla vita» e alle fatiche prive di significato. Per fortuna della letteratura italiana divenne però abile nella scrittura.

Una prosa di cui è fiera anche Margherita Fenoglio che vive di una conoscenza del padre mediata dalle parole di altri e dagli scritti fenogliani, che cita a memoria, teneramente. Ed è forse questo ricordo, insieme partecipato eppure mediato, che è la testimonianza più bella e preziosa per il pubblico che ha voluto riunirsi nella raccolta sala del Franco Parenti per ricordare, con Margherita, uno scrittore, un uomo, un partigiano: suo padre.  

Claudia Castoldi

Redazione

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