Lo smaltimento dei rifiuti elettronici è una delle grandi sfide della contemporaneità: l’80% di quelli prodotti in occidente vengono mandati nei paesi in via di sviluppo, in totale mancanza di qualsiasi norma di sicurezza. Eppure potrebbero essere, anche per noi, una grande risorsa.
Per molti di noi, E-waste è un termine sconosciuto. Anche nella sua traduzione italiana RAEE (Rifiuti e Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) non è immediatamente chiaro di cosa si stia parlando. In breve, con rifiuti elettronici, E-waste o RAEE si intende tutta la spazzatura composta da elettrodomestici, computer, telefonini, apparecchi tecnologici in genere. Ad ogni modo, anche nel caso in cui si identifichi l’oggetto del discorso, spesso non è evidente perché lo si debba menzionare. Il tema non è di certo uno dei più chiacchierati, ma necessita di attenzione, perché è una delle grandi sfide della contemporaneità.
Di questi tempi si fa un gran parlare di ecologia, raccolta differenziata, rispetto per l’ambiente, economia sostenibile, riciclo, riuso ed è senza dubbio un bene che l’attenzione di noi terrestri sia finalmente rivolta alle condizioni in cui versa l’unica casa di cui disponiamo. In questo scenario, però, l’E-waste si colloca come un gran mucchio di polvere nascosta sotto il tappeto.
Sì, perché circa l’80% dei rifiuti elettronici prodotti nei paesi cosiddetti sviluppati non viene riciclato, ma viene spedita alle nazioni del terzo mondo o in via di sviluppo. Ogni anno, circa 5 milioni di tonnellate di RAEE prodotte in Europa sono smaltite in maniera illegale o, più frequentemente, esportate di contrabbando sotto le mentite spoglie di apparecchi elettronici usati e riutilizzabili. Questi dati provengono da una ricerca sul funzionamento del mercato dei RAEE denominata Countering WEEE Illegal Trade (CWIT), presentata nel novembre scorso a Roma da Pascal Leroy, segretario generale del WEEE Forum.
Le destinazioni preferite sono Cina, India, Pakistan, Nigeria, Ghana… più lontano è, meglio è. D’altra parte non è così che noi occidentali interpretiamo il rifiuto? Quando qualcosa non serve più, lo si butta in pattumiera: ci penserà qualcun altro a disfarsene. Il fatto è che i rifiuti elettronici sono altamente rischiosi e complicati da gestire, liberarsene spedendoli verso paesi che non dispongono delle tecnologie necessarie per smaltirli porta a conseguenze orribili sia per le persone che se ne occupano sia per l’ambiente circostante. È come costringere qualcuno che non sia un artificiere a disinnescare una bomba, senza averlo prima istruito su come si fa né averlo equipaggiato a dovere o informato dei rischi che corre. Come se non bastasse, una volta approdati in queste terre lontane, i RAEE vengono acquistati da ditte fuorilegge che allestiscono enormi discariche a cielo aperto e assoldano manodopera a basso costo per recuperare i metalli preziosi contenuti nei rifiuti.
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Immagine in copertina: Garrett Ziegler