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Galeotto fu il “Mi piace” a Lercio:
chiesta la testa di un assessore

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6 minuti di lettura

erica rampiniIl sito “Lercio è noto per la pubblicazione di articoli satirici riguardanti fatti di attualità e, per sua stessa ammissione, completamente fasulli («almeno finché non si avverano»). E così, quando ieri è comparso sulla sua pagina Facebook il titolo «Mette mi piace a un nostro articolo e viene messa sotto accusa», è sembrata davvero una delle goliardate a cui i frequentatori del sito sono ormai abituati. E invece questa volta il titolo è vero.

Erica Rampini è Assessore alle Politiche Giovanili, alla Scuola e alle Pari Opportunità del comune di Monte San Savino, in provincia di Arezzo e ieri è stata non troppo gentilmente invitata a rassegnare le sue dimissioni. Motivo: aver messo, attraverso la sua pagina personale di Facebook, un like all’articolo satirico di Lercio dal titolo “I due marò shock: “Ormai ci amiamo e vogliamo sposarci“. L’Assessore Rampini è stata accusata di «cattivo gusto» e di «mancanza di senso istituzionale» tramite manifesti affissi in tutto il paese di Monte San Savino dagli esponenti dell’opposizione, secondo i quali l’espressione di tale preferenza non sarebbe compatibile con la dignità del ruolo istituzionale.

maròLa vicenda ha sicuramente dell’assurdo per più di un motivo. Senza dubbio si potrebbe affrontare un lungo discorso sull’utilizzo dei social network da parte di persone che ricoprono un ruolo istituzionale, su che cosa sia opportuno manifestare sulla propria pagina Facebook o sul proprio profilo Twitter e fino a che punto sia lecito servirsene contro gli avversari. Ma non è questa la sede né il caso: tanto più che, in uno scenario dove ormai gli avversari politici si parlano (e insultano) quasi esclusivamente a colpi di tweet, un semplice “mi piace” sembra quasi ridicolo. Insomma, non è che la Rampini abbia pubblicamente insultato qualcuno: semplicemente ha trovato un articolo satirico divertente e ha osato esprimerlo. Ma, a quanto pare, anche un like è divenuto ora uno strumento di offesa. Un po’ come la spunta blu di Whatsapp.

La vera domanda è: perché mai qualcuno avrebbe dovuto offendersi? Lo chiarisce molto bene il famoso manifesto affisso in molteplici copie per tutto il comune. Secondo gli autori (che non si sono firmati) l’articolo avrebbe «spudoratamente e indecentemente [messo] alla berlina due uomini in divisa». E con “mettere alla berlina” si intende insinuare (in modo dichiaratamente fasullo) che tra Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sia nato l’amore. Più avanti nel manifesto spunta anche l’ideologia gender, ormai immancabile dal momento che la triade “gay-gender-figlideldemonio” è un pacchetto unico. Il motivo per cui qualcuno dovrebbe sentirsi profondamente indignato dall’insinuazione che tra i due marò ci sia un rapporto amoroso, anziché replicare pacatamente che la notizia non è vera (ma non aveva alcuna pretesa di esserlo), sfugge alla nostra comprensione.

marò gay

C’è chi potrebbe affermare che, tra una pretesa omosessualità e un’accusa di duplice omicidio, la prima sia senz’altro preferibile. Ma a quanto pare non è questo che pensano gli autori del manifesto, pervaso dall’inizio alla fine di ammirazione e solidarietà per i due soldati arrestati in India e anche da una serie di inesattezze che sarebbe complicato elencare. Una su tutte: i due marò sarebbero stati fatti prigionieri (non arrestati!) in India «mentre per conto del nostro Governo erano impegnati in un’operazione di pace». Inutile dire che una breve ricerca in Internet può confermare che le cose non stanno esattamente così: il reggimento San Marco, di cui i Latorre e Girone fanno parte, era a bordo di una petroliera, l’Enrica Lexie. Ma forse gli autori del manifesto erano ancora confusi dall’ideologia gender.

La volontà di attaccare in modo gratuito l’Assessore Rampini, alla quale esprimiamo la nostra solidarietà, è piuttosto chiara: gli errori e la serie di argomenti assolutamente non pertinenti che sono stati utilizzata dimostrano che tutto questo era solo un pretesto per lanciare qualche insulto e invitare alle dimissioni. A quanto pare una certa parte politica è convinta che, a forza di invocare dimissioni un giorno sì e l’altro pure, qualcuno prima o poi ci caschi e si convinca a dimettersi veramente. Per fare questo sono state sollevate questioni importanti e complicate, che riguardano tutta l’Italia ma di certo non strettamente inerenti alla politica di un paesino in provinca di Arezzo. L’appiglio questa volta è stato un “mi piace” su Facebook; speriamo che a nessun altro Assessore venga in mente, ad esempio, di pubblicare una foto di un piatto di sushi o potrebbe essere accusato di non difendere il made in Italy.

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Silvia Ferrari

Classe 1990, nata a Milano, laureata in Filologia, Letterature e qualcos'altro dell'Antichità (abbreviamo in "Lettere antiche"). In netto contrasto con la mia assoluta venerazione per i classici, mi piace smanettare con i PC. Spesso vincono loro, ma ci divertiamo parecchio.

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