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I sette peccati capitali della critica secondo François Truffaut

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I «sette peccati capitali della critica» elencati da François Truffaut nel 1955 sono ancora oggi graniticamente saldi? Inscalfiti nella loro pertinenza? La storia del cinema è -come ogni storia- un’incessante metamorfosi, e la critica, parassita[1] del cinema, non può eludere il fluire del tempo e le trasformazioni che esso comporta. Come il cinema, anche la critica ha assistito e assiste a una rilocazione senza soluzione di continuità. Dallo schermo della sala al tablet, dalle pagine dei Cahiers a Youtube. Rispetto ai tempi di Truffaut. è cambiato l’oggetto della critica, sia nella sua estetica che nei suoi sistemi produttivi, distributivi e fruitivi. E, insieme all’oggetto, sono cambiati i soggetti: da una parte gli autori, dall’altra i critici.Se la critica non vuole essere delirante metafisica, è necessario che si adegui al suo oggetto di studio in prima istanza riconoscendone le mutazioni, in seconda mutando essa stessa. In questa prospettiva, qualsiasi dogma è soggetto a corruzione per opera della storia stessa.

Ripercorrendo i sette punti di Truffaut, si ragionerà su quanto i difetti elencati dal regista de I quattrocento colpi siano ancora oggi elevabili al grado di “peccato capitale”. La “critica alla critica” sarà frutto del tentativo di saggiare sia l’attualità (“Quanto detto ieri è ancora oggi valido?”) sia l’atemporalità (“Quanto detto è valido oggi come lo era ieri, come lo sarà sempre?”) delle […] Continua a leggere su Sovrapposizioni

Redazione

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