Ci sono tradizioni e leggende che fanno parte nel nostro immaginario collettivo.
Basta nominare Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, Ginevra e Lancillotto, Merlino e Morgana, per vedere comparire dinnanzi a noi mura e torri medievali, visioni di gesta epiche e coraggiose battaglie, grandi amori e storie di magia.
Tra i miti del “Ciclo Arturiano” esiste quello di Elaine di Astolat, giovane maga costretta a vivere in una torre sull’isola di Shalott in un fiume vicino alla fortezza di Camelot. Elaine è vittima di una maledizione di Morgana per cui non può guardare verso Camelot, pena la morte. Ciò che può fare è vedere il mondo all’esterno della sua prigione attraverso uno specchio, e quello che vede lo tesse in una tela magica. E poi, come in ogni finale tragico che si rispetti, la maledizione si avvera appena Elaine scorge nello specchio la figura di Lancillotto e colpita dalla figura del cavaliere, decide che è il momento di smettere di vivere di ombre e di riflessi e guardare finalmente la realtà là fuori. Ormai condannata, la donna lascia la torre e a bordo di una barca, su cui scrive il suo nome, si lascia trasportare dal fiume verso Camelot, cantando un inno triste. Il suo corpo sarà trovato dai Cavalieri e dallo stesso Lancillotto che pregherà per la sua anima.
La leggenda ispirò il poeta inglese Alfred Tennyson che scrisse ben due versioni del poema The Lady of Shalott, una nel 1833 e una seconda nel 1842.
Potrete ascoltare l’opera in versione originale in questo cortometraggio realizzato nel 2009 in occasione del bicentenario dalla nascita di Lord Tennyson:
Riportiamo il testo e la traduzione:
On either side the river lie Long fields of barley and of rye, That clothe the wold and meet the sky; And trho’ the field the road run by To many-towered Camelot; And up and down the people go, Gazing where the lilies blow Round an island there below, The island of Shalott.
Willows whiten, aspens quiver, Little breezes disk and shiver Thro’ the wave that runs for ever By the island in the river Flowing down to Camelot. Four grey walls, and four grey towers, Overlook a space of flowers, And the silent isle imbowers The Lady of Shalott.
Only reapers, reaping early, In among the beared barley Hear a song that echoes cheerly From the river winding clearly, Down to tower’d Camelot; And by the moon the reaper weary, Piling sheaves in uplands airy, Listing, whispers “‘tis the fairy The Lady of Shalott.”
There she weaves by night and day A magic web with colours gay. She has heard a whisper say, A curse is on her if she stay To look down to Camelot. She knows not what the curse may be, And so she weaveth steadily, And little other care hath she, The Lady of Shalott.
And moving through a mirror clear That hangs before her all the year, Shadows of the world appear. There she sees the highway near Winding down to Camelot; And sometimes thro’ the mirror blue The Knights come riding two and two. She hath no loyal Knight and true, The Lady of Shalott.
But in her web she still delights To weave the mirror’s magic sights, For often thro’ the silent nights A funeral, with plumes and with lights And music, went to Camelot; Or when the Moon was overhead, Came two young lovers lately wed. “I am half-sick of shadow,” she said, The Lady of Shalott.
A bow-shot from her bower-eaves, He rode between the barley sheaves, The sun came dazzling thro’ the leaves, And flamed upon the brazen greaves, Of bold Sir Lancelot. A red-cross knight for ever kneel’d To a lady in his shield, That sparkled on the yellow field, Beside remote Shalott.
His broad clear brow in sunlight glow’d; On burnish’d hooves his war-horse trode; From underneath his helmet flow’d His coal-black curls as on he rode, As he rode down to Camelot. And from the bank and from the river He flashed into the crystal mirror, “Tirra lirra,” by the river Sang Sir Lancelot.
She left the web, she left the loom, She made three paces thro’ the room, She saw the water-lily bloom, She saw the helmet and the plume, She look’d down to Camelot. Out flew the web and floated wide; The mirror crack’d from side to side; “The curse is come upon me,” cried The Lady of Shalott.
In the stormy east-wind straining, The pale yellow woods were waning, The broad stream in his banks complaining. Heavily the low sky raining Over tower’d Camelot; Down she cam and found a boat Beneath a willow left afloat, And round the prow she wrote The Lady of Shalott.
Down the river’s dim expanse Like some bold seer in a trance, Seeing all his own mischance With a glassy countenance She looked to Camelot. And at the closing of the day She loosed the chain, and shown she lay; The broad stream bore her far away, The Lady of Shalott.
Heard a carol, mournful, holy, Chanted loudly, chanted slowly, Till her blood was frozen slowly, And her eyes were darkened wholly, Turn’d to tower’d Camelot. For ere she reach’d upon the tide The first house by the water-side, Singing in her song she died, The Lady of Shalott.
Under tower and balcony, By garden-wall and gallery, A gleaming shape she floated by, Dead-pale between the houses high, Silent into Camelot. And out upon the wharfs they came, Knight and Burgher, Lord and Dame, And round the prow they read her name, The Lady of Shalott.
Who is this? And what is here? And in the lighted palace near Died the sound of royal cheer; They crossed themselves for fear, The Knights at Camelot; But Lancelot mused a little space He said, “she has a lovely face; God in his mercy lend her grace” The Lady of Shalott
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Lungo entrambe le rive del fiume si stendono vasti campi di orzo e segale che rivestono la brughiera fino a incontrare il cielo; e attraverso i campi corre la strada verso la turrita Camelot; E la gente va e viene, guardando dove i gigli sbocciano attorno all’isola, lì sotto, l’Isola di Shalott.
Salici impalliditi, pioppi tremuli, Lievi brezze si oscurano e fremono Nella corrente che scorre perpetua intorno all’isola nel fiume, fluendo verso Camelot. Quattro mura grigie, quattro torri grigie Sovrastano un prato di fiori, e l’isola silenziosa dimora La Signora di Shalott.
Solo i mietitori, falciando mattinieri, nell’orzo barbuto odono una canzone che echeggia lietamente dal fiume che limpido si snoda, verso la turrita Camelot. E sotto la luna lo stanco mietitore, Ammucchiando covoni sull’arioso altipiano, ascoltando sussurra “E’ la maga La signora di Shalott”.
Lì intesse giorno e notte una magica tela dai colori vivaci. Ed aveva sentito una voce secondo cui una maledizione l’avrebbe colpita se avesse guardato verso Camelot. Non sapeva quale fosse la maledizione. E così tesseva assiduamente, ed altre preoccupazioni non aveva, la Signora di Shalott.
E muovendosi attraverso uno specchio limpido appeso di fronte a lei tutto l’anno, ombre del mondo appaiono. Lì vede la vicina strada maestra snodarsi verso Camelot; Ed a volte attraverso lo specchio azzurro i Cavalieri giungono cavalcando a due a due. Lei non ha alcun Cavaliere leale e fedele, la Signora di Shalott.
Ma con la tela ancor si diletta ad intessere le magiche immagini dello specchio, perché spesso attraverso le notti silenti un funerale con pennacchi e luci e musica andava a Camelot; O quando la luna era alta, venivano due innamorati sposati di recente. “Mi sto stancando delle ombre” disse la Signora di Shalott.
A un tiro d’arco dal cornicione della sua dimora, Lui cavalcò fra tra i mannelli d’orzo. Il sole giunse abbagliante fra le foglie, e splendente sui gambali di ottone del coraggioso Sir Lancelot. Un cavaliere con la croce rossa perpetuamente inginocchiato ad una dama nel suo scudo, che scintillò sul campo giallo, presso la remota Shalott.
La sua fronte ampia e chiara scintillò al sole; con zoccoli bruniti il suo cavallo passava; da sotto il suo elmo fluirono, mentre cavalcava, i suoi riccioli neri come il carbone, mentre cavalcava verso Camelot. Dalla riva e dal fiume egli brillò nello specchio di cristallo, “Tirra lirra” presso il fiume cantò Sir Lancelot.
Lasciò la tela, lasciò il telaio, Fece tre passi nella stanza, Vide le ninfee in fiore, Vide l’elmo ed il pennacchio, e guardò verso Camelot. La tela volò via fluttuando spiegata; lo specchio si spezzò da cima a fondo. “La maledizione mi ha colta” urlò la Signora di Shalott.
Nel tempestoso vento dell’est che sferzava, I boschi giallo pallido si indebolivano, l‘ampio fiume nei suoi argini si lamentava. Dal cielo basso la pioggia scrosciava sopra la turrita Camelot; Lei discese e trovò una barca galleggiante presso un salice, E intorno alla prua scrisse la Signora di Shalott.
Ed oltre la pallida estensione del fiume come un audace veggente in estasi, che contempli tutta la propria malasorte con una espressione vitrea Guardò verso Camelot. E sul finir del giorno Mollò gli ormeggi, e si distese: l’ampio fiume la portò assai lontano, la Signora di Shalott.
Si udì un inno triste, sacro cantato forte, cantato sommessamente finchè il suo sangue si freddò, lentamente ed i suoi occhi furono oscurati volti alla turrita Camelot. Prima che, portata dalla corrente, raggiungesse la prima casa lungo l’argine cantando il proprio canto morì la Signora di Shalott.
Sotto la torre ed il balcone vicino il muro del giardino e la loggia lei galleggiò, figura splendente Di un pallor mortale, tra le case alte silente dentro Camelot. Vennero sulla banchina il cavaliere, il cittadino, il Signore e la Dama E intorno alla prua lessero il suo nome La Signora di Shalott.
Chi è? Che c’è qui? Nel vicino palazzo illuminato si spensero i regali applausi e, per la paura, si segnarono tutti i cavalieri di Camelot. Ma Lancillotto riflettè per un po’ E disse “ha un bel viso; Dio nella sua misericordia le conceda la pace” La Signora di Shalott. |
Contemporanei a Tennyson, un gruppo di giovani talentuosi artisti inglesi costituivano nel 1848 la Confraternita dei Preraffaeliti. Mossi da una sorta di ribellione verso uno stato di decadenza in cui versava, a loro dire, la pittura britannica, i preraffaeliti si rifacevano alla spontaneità dell’arte italiana prima di Raffaello (quest’ultimo considerato colpevole di aver “inquinato l’arte” idealizzando la natura a discapito della realtà), ispirandosi a Botticelli e a Filippo Lippi. Tra i loro soggetti, eventi storici, medievali, mitologici, biblici, letterari, teatrali, rappresentati con grande ricchezza di dettagli e con particolare attenzione agli elementi decorativi di fiori e tessuti e a quelli architettonici.
Dante Gabriel Rossetti, William Hunt, Arthur Hughes, Walter Crane, John Atkinson Grimshaw, George Edward Robertson appartenevano a questo movimento – o ne sono stati influenzati in un periodo della loro opera – e tutti si sono dilettati nell’illustrare il poema di Tennyson, anche più volte.
1857, Dante Gabriel Rossetti
Hunt non seguì il testo ma dipinse una Elaine avviluppata dai fili della tela che sta tessendo, nel momento che vede Lancillotto, e dietro di lui Camelot, e si compie la maledizione. Un espediente stilistico per rappresentare sinteticamente la situazione della donna intrappolata nella sua prigione.
1905, William Hunt
1873, Arthur Hughes
1862, Walter Crane
1878, J. A. Grimshaw
1900, G. E. Robertson
Forse i dipinti più famosi relativi alla Dama di Shalott sono quelli di John William Waterhouse, seguace anch’egli dei Preraffaeliti.
Ma con la tela ancor si diletta
ad intessere le magiche immagini dello specchio,
perché spesso attraverso le notti silenti
un funerale con pennacchi e luci
e musica andava a Camelot;
O quando la luna era alta,
venivano due innamorati sposati di recente.
“Mi sto stancando delle ombre” disse
la Signora di Shalott.
1915, J. W. Waterhouse
Lasciò la tela, lasciò il telaio,
Fece tre passi nella stanza,
Vide le ninfee in fiore,
Vide l’elmo ed il pennacchio,
e guardò verso Camelot.
La tela volò via fluttuando spiegata;
lo specchio si spezzò da cima a fondo.
“La maledizione mi ha colta” urlò
la Signora di Shalott.
1894, J. W. Waterhouse
Ed oltre la pallida estensione del fiume
come un audace veggente in estasi,
che contempli tutta la propria mala sorte –
con una espressione vitrea
Guardò verso Camelot.
E sul finir del giorno
Mollò gli ormeggi, e si distese:
l’ampio fiume la portò assai lontano,
la Signora di Shalott.
1888, J. W. Waterhouse
Quest’ultimo è il primo, in ordine di tempo, delle varianti dipinte da Waterhouse.
L’artista non ci sta solo raccontando il finale tragico a cui va incontro la splendida e sfortunata dama, ma ci fa vedere uno straordinario paesaggio, ricco di dettagli e simbolismi, carico di drammaticità quasi teatrale.
Sul lato sinistro della tela, due rondini, simbolo di rinascita, volano accanto all’imbarcazione. Elaine è seduta sulla tela da lei stessa tessuta con preziose decorazioni che contrastano con l’abito semplice che indossa. Davanti a lei delle candele si stanno spegnendo accanto a un crocifisso e ad un rosario, mentre una foglia secca le giace in grembo.
Il modo di dipingere si allontana rispetto a quello dei primi preraffaeliti e quasi ricorda l’impressionismo francese.
La Signora di Shalott ha ispirato numerosi artisti anche in epoche successive, e qui potrete vedere altri dipinti ed illustrazioni, oltre a quelli sopra citati.
Anche nel campo musicale, diversi i brani dedicati ad Elaine di Astalot, da una composizione per pianoforte alla progressive degli anni ’70, dal genere celtico al gothic metal.