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Il referendum di Pirro

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Il dato delle 12, quando aveva votato l’8,36% degli aventi diritto, lasciava qualche speranza ai promotori del referendum: alla chiusura dei seggi alle 23, tuttavia, il dato definitivo si è assestato al 31,19%, una percentuale molto distante dal 50%+1 necessario per raggiungere il quorum. I “Sì” sono stati 13.334.754, l’85,84% dei voti, ma il mancato raggiungimento del quorum ha invalidato la tornata referendaria.

Il fronte governativo ha iniziato a esultare fin dal pomeriggio, tra tweet di dubbia caratura istituzionale e trionfalismi sulla inevitabile sconfitta di chiunque provi ad opporsi al Governo, come ha chiosato il Ministro ai rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi:

Tweet Boschi

Lo stesso Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nella conferenza stampa dopo la chiusura delle urne, ha affermato che «non paga essere demagogici» e, riferendosi ai nemici interni del Partito Democratico, che «domani ci sarà la solita triste esibizione dei politici vecchio stile che dichiarano di aver vinto anche quando hanno perso». Il «risultato è netto e chiaro», conclude lapidario.

Al netto della propaganda e della facile retorica, si tratta davvero di una vittoria per Renzi ed il fronte governativo? Ci sono al contrario ragioni fondate per dire che si tratta di una vittoria di Pirro.

Un referendum “politicizzato” – inutile girarci intorno: nel corso delle settimane e con l’inasprirsi della campagna referendaria, il contenuto del quesito si è perso per strada ed il voto ha assunto sempre più un significato “pro Governo” o “contro il Governo”. Alla distorsione dell’appuntamento referendario hanno concorso non soltanto le forze politiche di opposizione, ma anche la stessa dirigenza del Partito Democratico, col risultato che i dati sull’affluenza sono stati un indice del consenso elettorale di Renzi ed una sorta di test sul referendum costituzionale del prossimo autunno.

Al riguardo, per il Governo i dati non sono affatto confortanti: oltre 13 milioni di persone, la stragrande maggioranza dell’elettorato che può essere considerato “attivo”, ha manifestato il suo dissenso nei confronti non solo della normativa che prolunga a tempo indeterminato le concessioni alle piattaforme che estraggono idrocarburi, ma anche del Presidente del Consiglio. Si tratta di numeri importanti, sicuramente lontani dal quorum ma anche dal 10-15% pronosticato dai fedelissimi di Renzi: una massa di cittadini attivi che avrà la sua incidenza nei mesi a venire, in occasione delle amministrative e del – ben più importante, per il futuro del Governo – referendum costituzionale.

Fonte: greenpeace.org
Fonte: greenpeace.org

La guerra intestina del PD – Questa campagna referendaria, e lo scambio di tweet che ha accompagnato il voto di ieri, ha acuito fortemente le fratture interne al Partito Democratico. È probabilmente questo il dato politico più rilevante delle ultime settimane: al conflitto tra Governo e Regioni – tra il Presidente del Consiglio Renzi ed i Presidenti delle Regioni che hanno presentato i quesiti referendari – si è infatti aggiunta una crescente insofferenza nella base del PD, che ha mal digerito (laddove non avversato esplicitamente) la scelta della Segreteria nazionale di promuovere l’astensione come posizione ufficiale del partito.

Una parte consistente dei militanti del PD si è recata alle urne, disattendendo le indicazioni di Renzi, e soprattutto ha fatto campagna e votato Sì: un voto consapevole contro la normativa in questione e contro l’operato del Governo. Ad aumentare le tensioni hanno contribuito le – davvero poco opportune – esternazioni dei vari Ernesto Carbone, Francesco Nicodemo & Co., che hanno apertamente sfottuto i votanti ed gli iscritti che hanno promosso attivamente il voto: ciò ha suscitato un’ondata di polemiche e di indignazione che appare difficilmente riassorbibile nei prossimi mesi, e che potrebbe al contrario portare a nuove spaccature in vista dei futuri passaggi parlamentari e, soprattutto, del referendum costituzionale di novembre. 

Una vittoria di Pirro – Invece di rafforzare la posizione del Governo e della maggioranza renziana nel Partito Democratico, il referendum di ieri (pur nel mancato raggiungimento del quorum) ha al contrario indebolito fortemente il fronte governativo e l’immagine pubblica di Renzi e dei suoi sostenitori. Nel prossimo autunno si terrà il referendum confermativo sulla riforma costituzionale Renzi – Boschi, l’appuntamento definito “la battaglia delle battaglie”: Renzi ed il suo giglio magico non possono affatto dormire sonni tranquilli.

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Niccolò Biondi

25 anni, laureato in Filosofia, attualmente studia Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Firenze, città in cui abita.

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