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Eroi immaginari e santi del futuro in due mostre a Trento

Le gallerie rappresentano forse l'ultimo baluardo di quel lato del mondo dell'arte che ancora è capace di stupirsi delle novità, della diversità, e investe su di esse. Come a Trento, con le esposizioni «La leggenda di Dolomiti» e «I santi dell'anno 2064».

6 minuti di lettura

Lo Studio d’Arte Raffaelli, fondato nel 1984 da Giordano Raffaelli, è la galleria più longeva di Trento e si trova quasi nascosta all’interno di un palazzo cinquecentesco di fronte al Castello del Buonconsiglio. Cellar Contemporary, invece, è una realtà giovane situata nel vivo quartiere di San Martino, nata nel 2016 dalla volontà di Davide Raffaelli, figlio di Giordano, e Camilla Nacci di creare uno spazio per promuovere i giovani artisti. Queste due gallerie di Trento così diverse sono profondamente legate tra loro e lo scorso 21 marzo hanno inaugurato in contemporanea due mostre, rispettivamente: La Leggenda di Dolomiti e I Santi dell’anno 2064.

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«La Leggenda di Dolomiti», Umar Rashid – Studio d’Arte Raffaelli

Giocando con il concetto di narrativa site specific, in occasione della mostra presso lo Studio Raffaelli, l’artista americano Umar Rashid dà vita a un eroe leggendario (e immaginario), omaggiando il territorio in cui questa prende forma. Visitabile fino al 3 giugno, La Leggenda di Dolomiti è un’esposizione formata da quadri e disegni di tutti i formati, dai colori accesi e vibranti, con personaggi e tematiche care all’artista che si intrecciano alla tradizione artistica trentina. “Dolomiti” è un luogo, ma anche il soprannome del protagonista della leggenda ideata e narrata da Rashid, il cui processo creativo verte intorno alla storia coloniale (reale o presunta) del luogo in cui espone e si modella su di essa.

La Leggenda di Dolomiti

Dolomiti è allora un eroe nero che fronteggia gli imperialisti dell’Inghilterra e della Francia settecentesche. I personaggi, chiaramente identificabili nel loro ruolo all’interno della narrazione immaginaria e dello svolgimento reale della storia, escono dalla mano dell’artista assumendo, in alcuni casi, forme piuttosto geometriche, come a omaggiare le famose marionette di Depero. Allo stesso modo, i colori accesi e a contrasto riprendono il maestro futurista roveretano, colpendo senza violenza ma con forza l’occhio dell’osservatore.

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«I Santi dell’anno 2064», Margherita Paoletti e Tommaso Buldini – Cellar Contemporary

La doppia personale che vede come protagonisti gli artisti Margherita Paoletti e Tommaso Buldini non si allontana poi molto da ciò che sta alla base del lavoro di Umar Rashid per lo Studio d’Arte Raffaelli. Se cambiano i protagonisti della narrativa, infatti, pur sempre di leggende si può parlare. Le figure dei santi si arricchiscono nel corso della storia di dettagli lontani dalla realtà, che raccontano di qualcosa e qualcuno oltre l’umano, eppure ancora profondamente legato a esso. Dalla domanda, dunque, su come continuerà l’evoluzione di queste figure prendono spunto i due artisti protagonisti de I Santi dell’anno 2064.

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Rimanendo fedeli allo stile e alle poetiche apparentemente lontane tra loro, le opere di Buldini e Paoletti presentano due immaginari profondamente personali e coerenti ma che non fanno fatica a intrecciarsi. Se per Tommaso Buldini, infatti, lo spunto da cui è nata l’esposizione si è tradotto nella presentazione in varie forme del suo immaginario paradisiaco-demoniaco, affollato di figure inquietanti anche se a tratti buffe, Margherita Paoletti ha adottato per l’occasione tinte dark tipicamente escluse dalla sua tavolozza. Forse involontariamente, i due artisti si spartiscono idealmente Antico e Nuovo Testamento, tra simbolismo, misticismo, mostri il primo, e spiritualismo, ma anche carnalità ed umanità, la seconda.

La Leggenda di Dolomiti

L’importanza delle gallerie

Entrare in una galleria privata può creare un po’ di timore in coloro che non sono abituati a farlo, ma regala nella maggior parte dei casi delle sorprese. In un panorama artistico ormai saturo di proposte da parte delle istituzioni museali (non di rado dal forte carattere commerciale e dallo scarso valore artistico effettivo), le gallerie rappresentano forse l’ultimo baluardo di quel lato del mondo dell’arte che ancora è capace di stupirsi delle novità, della diversità, e investe su di esse. Può sembrare quasi paradossale vedere questo rovesciamento, dato che le gallerie sono per eccellenza i luoghi dediti al commercio di opere, eppure se ci si affida ai nomi giusti si possono scovare delle vere perle che difficilmente si avrebbe modo di incontrare altrove. I pochi giorni di vacanza che stanno per arrivare potrebbero essere il momento giusto per superare remore di ogni tipo e buttarsi, suonare il campanello, attraversare la porta e lasciarsi stupire.

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Rebecca Sivieri

Classe 1999. Nata e cresciuta nella mia amata Cremona, partita poi alla volta di Venezia per la laurea triennale in Arti Visive e Multimediali. Dato che soffro il mal di mare, per la Magistrale in Arte ho optato per Trento. Scrivere non è forse il mio mestiere, ma mi piace parlare agli altri di ciò che amo.

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