Sin dall’antichità in Oriente, così come in Occidente, vi è sempre stata una connessione simbiotica tra il microcosmo umano e il macrocosmo naturale. Dall’equilibrio degli elementi naturali, infatti, dipendeva la vita della specie umana e la sopravvivenza del cosmo: l’universo che oggi vediamo ordinato, originariamente sorto dal caos, è stato sin dai tempi più remoti abitato da personificazioni divinizzate dei quattro elementi. L’acqua permea perciò le origini della mitologia e della letteratura in senso più stretto.
Nella tradizione ellenica gli elementi sono quattro: il fuoco, la terra, l’aria, e l’acqua. I più grandi filosofi hanno iniziato, nella scintilla primigenia di quella che oggi potremmo chiamare letteratura contemporanea, a parlarne. Viaggiamo perciò sino agli albori della filosofia, sulle coste dell’Asia Minore, nelle colonie della Ionia. Queste terre di confine, a contatto con tradizioni e credenze non solo autoctone, risentirono anche degli influssi dell’orientalismo.
Aristotele, nella sua Metafisica, ci presenta il presocratico Talete (che visse a Mileto a cavallo tra il 500 e il 600 a.C.) come il primo filosofo che la storia ricordi. Il suo metodo, caratterizzato da un’osservazione dei fenomeni e una dimostrazione puramente logica, inizia a indagare sul principio di ogni cosa (ἀρχή), che identifica subito con l’elemento liquido: l’acqua sarebbe dunque alla base di ogni realtà.