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I maestri: «Amleto» di Thomas Ostermeier

Un’icona del teatro contemporaneo, un Amleto disturbante e scorretto, una regia pop che trasforma il classico in un campo di battaglia tra verità e rappresentazione. Cosa ci dice oggi il Principe di Danimarca?
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Thomas Ostermeier firma un Amleto dalla regia pop, sopra le righe, che diventa quasi un manuale di regia contemporanea.

Un’idea

La scena si apre sul funerale di Amleto padre: Gertrude piange dietro gli occhiali scuri il defunto marito, mentre Polonio le regge l’ombrello. Sono presenti anche Claudio, cognato di Gertrude, Amleto e due becchini. Da subito si vede che la regia dà un taglio ben preciso alla rappresentazione dell’opera: una bocchetta dell’acqua tenuta in mano ribaltata da uno dei due becchini fa piovere in scena e poi il secondo di essi inuma la bara con una serie di difficoltà che sfiorano il ridicolo.

La scena prosegue e quando Claudio fa per andarsene cadrà sul terriccio più volte, cosa che spesso ritornerà lungo la tragedia. Finalmente Amleto padre viene sepolto e alle spalle inizia una festa; la tavola imbandita e Gertrude con abito e velo bianco rendono chiaro che si sta festeggiando il matrimonio di quest’ultima con Claudio. Amleto impugna una telecamera e inizia a riprendere i visi di questi convitati. «Entro un mese, prima che il sale/di falsissime lacrime avesse cessato/di bruciarle gli occhi, lei si sposò», dirà il ragazzo.

Per la regia di Ostermeier questa brevità di tempo è come l’imbandire una tavola a nozze esattamente sopra la lapide del defunto re.

Il trailer dello spettacolo andato in scena al Teatro Bellini di Napoli lo scorso Dicembre

Teenage dirtbag

Amleto sembra essere un vero e proprio adolescente ribelle. Lars Eidinger infatti lo incarna come un giovane giustamente turbato dalle vicende famigliari, ma non con i risultati che di solito vengono rappresentati in scena. L’Amleto di Eidinger è a tratti disturbante per il pubblico stesso. Il ragazzo è vendicativo, scorbutico, disturbato e tutto ciò è incarnato nell’attore non in modo romanticizzato, bensì veramente problematico, come forse sarebbe anche nella realtà.

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Il fastidio che Amleto vuole creare nei suoi cortigiani e famigliari è catalizzato anche dalla telecamera: strumento che impugna come mezzo d’accusa delle atrocità che si sono compiute e che vengono osservate da altri senza intervento. Inoltre il riferimento alla canzone di questo titolo non è casuale: le musiche scelte da Ostermeier potrebbero benissimo rimbombare nella stanza di un ragazzo in piena ribellione contro i propri genitori.

Sei attori per diciassette personaggi

Durante la visione bisogna prestare particolare attenzione per comprendere chi venga interpretato in quel momento dall’attore, ma ovviamente è facilmente comprensibile. Delle varie sovrapposizioni la più interessante è sicuramente quella Gertrude/Ofelia.

Le uniche due donne presenti nella tragedia vengono interpretate dalla stessa attrice e non solo, sono la madre e la promessa sposa di Amleto. Non vogliamo dare letture freudiane della scelta, ovviamente, ma è molto efficace vedere queste due figure così contrapposte incarnate in uno stesso corpo. Il gioco di doppi diventa ancora più perturbante nel momento in cui il mascheramento dell’attrice non è perfetto: Ofelia fa capolino in Gertrude e viceversa.

Anche in questo caso la singola idea registica crea un effetto valanga che si risolve con delle soluzioni incredibili: Amleto che seppellisce Ofelia, la nasconde sotto la terra, e lei stessa si annega con l’acqua di una bottiglia presa proprio da quella tavola imbandita dell’inizio.

Lo Schaubühne di cui Ostermeier è direttore

Una grande macchina con pochi simboli

Il palco presenta una base piena di terra, quella in cui viene inumato Amleto padre, e una pedana scorrevole su cui sta la tavola. Sulla struttura che permette lo scorrimento del palco e la presenza di americane è appeso un muro di catenelle. Altro elemento molto contemporaneo e di grande efficacia è la proiezione video in live.

I simboli significativi sono invece relativamente pochi. Non entrano mai nuovi elementi che non siano già in scena; questo fatto è il punto di forza della regia di Ostermeier. Utilizzando pochi elementi molto chiari e versatili lui può infatti creare immagini molto potenti con ampie possibilità di lettura.

Thomas Ostermeier crea dunque il perfetto connubio tra un lavoro digitale basato sulle proiezioni, suoni e riprese, e un approccio al teatro come materia tangibile e malleabile nelle mani degli interpreti.

Amleto e noi

Parlando di interpreti non si può non portare all’attenzione la quasi follia di Lars Eidinger nell’interpretare un Amleto scorretto, in lotta col mondo e con se stesso, ma senza l’aura da eroe con cui spesso è dipinto. Il suo Amleto pare spesso fregarsene di chi ha intorno, non si saprà mai se è tutta una grande messa in scena, o un sentimento vero.

Insomma questo Principe di Danimarca ci rende scomoda la visione, ci rende difficile il prendere le parti: quasi parteggeremmo per Ofelia, o Rosencratz e Guildenstern. Non potremmo mai stare dalla parte di Claudio. Durante questo conflitto interiore tra il desiderio di giustizia per Amleto e la difficoltà di affezione per un principe scorbutico e respingente, veniamo interrogati direttamente. Ostermeir infatti decide di rompere spesso la quarta parete sia illuminando la platea che facendo andare gli interpreti in mezzo agli spettatori. Quando Amleto parla della platea che osserverà la sua messa in scena del delitto del padre viene illuminata tutta la sala: siamo testimoni di questo delitto, sapremo riconoscerlo?

Quando si inizia a studiare teatro viene spesso raccomandata la visione dell’Amleto di Thomas Ostermeier e viene fatto giustamente. Lo spettacolo è infatti un perfetto manuale di teatro contemporaneo: la rilettura di un classico in chiave pop che porta alla luce nuove questioni interessanti per il mondo di oggi.

Questo spettacolo è la svolta per il testo che è stato la svolta nella storia della letteratura teatrale.

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Marialuce Giardini

Diplomata al liceo classico, decide che la sua strada sarà fare teatro, in qualsiasi forma e modo le sarà possibile.
Segue corsi di regia e laboratori di recitazione tra Milano e Monza.
Si è laureata in Scienze dei Beni Culturali nel 2021

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