Nella società capitalista, dove ognuno è portato a esporsi e apparire unico agli occhi degli altri, il triste destino sembra giocare un brutto scherzo e uniformare tutti nella propria, sostanziale, irrilevanza. A un secolo dalla sua scrittura, la lettura di Un uomo è un uomo conferma Bertolt Brecht come autore straordinariamente e tragicamente visionario, capace di interpretare e mettere in parole e in scena la propria realtà, così miseramente simile alla nostra.
La storia
India, 1925. L’esercito colonialista inglese raggiunge la città di Kilkoa, pronto a marciare verso nord e combattere contro il Tibet. Durante una serata di festeggiamenti, quattro soldati decidono di depredare una pagoda ma, al momento di andarsene, uno di loro, Jip, rimane bloccato all’interno dell’edificio e abbandonato. Gli altri tre, Jesse, Uria e Polly, consapevoli di aver commesso un atto grave e punibile con la fucilazione, decidono di rimpiazzare Jip con un portuale irlandese incontrato per caso, Galy Gay. Uomo semplice e incapace di dire di no, Galy diviene protagonista inconsapevole di una farsa grottesca, che lo porterà a rinnegare la propria identità e assumere quella di Jip. Galy diventa quindi un involucro vuoto e a disposizione, pronto per incarnare il perfetto soldato britannico e sostituire il camerata abbandonato.
Galy, uscito per comprare del pesce per cenare insieme alla moglie, si ritrova a perdere completamente coscienza di se stesso e della propria vita. La trasformazione ultima e completa avviene quando il vero Jeraiah Jip ricompare e, ignorato dai suoi commilitoni, viene ucciso da colui che ne aveva preso il posto e la vita, in un gioco tragicomico tipico della scrittura di Brecht.
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La protesta sociale nelle opere di Brecht
Bertolt Brecht si distingue nel teatro, nella sua epoca e nella storia come un intellettuale di rara finezza. Profondamente consapevole dei drammi del mondo, dell’ingiustizia della società e della disumanità del proprio tempo, ha rappresentato il dramma esistenziale attraverso parole e scene che abbracciano solo apparentemente la commedia. La sua poetica è un grido disilluso di denuncia, di protesta verso una società marcia e apparentemente irrecuperabile.
Voce ribelle, si avvicina – forse inevitabilmente – ad alcune delle avanguardie artistiche del suo tempo, come il Dadaismo e l’Espressionismo, che ben hanno saputo interpretare il disagio di una generazione che non si riconosceva più nei valori dei propri padri. La curiosità intellettuale e l’interesse per le tematiche sociali lo hanno spronato a scrivere degli ultimi e a mettere in ridicolo i potenti, posizionandosi da subito nell’Olimpo degli autori classici, che raccontano storie senza tempo, capaci di rivelarsi sempre e drammaticamente attuali.
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