fbpx

Roma: il mito di fondazione è il prodotto di un’industria

Dalla newsletter n. 25 - febbraio 2023 di Frammenti Rivista

15 minuti di lettura

Se nel cinema esiste qualcosa di ontologico, quel qualcosa è sicuramente l’attrazione, se non la necessità primigenia, di esplorare e raccontare le grandi storie.

Il respiro dell’epica e delle epopee dietro ai racconti maestosi è da sempre la linfa che fa vibrare le immagini e il modo in cui si mettono al servizio della narrazione. Le migliori menti dietro alla macchina da presa hanno saputo fare dell’opera d’arte – il film, la serie, il documentario – un prodotto, legando il resoconto, la trasposizione, il peplum, la rivisitazione storica a quelle esigenze produttive, industriali ed economiche che hanno fatto la fortuna del marketing e dello storytelling, intesi come ammalianti operazioni di pura seduzione.

Viene da chiedersi se nel secolo in cui viviamo, nel presente iper-immersivo e multi-universale della topografia filmica, possa ancora far storcere il naso l’associazione scomoda tra produzione creativa e mercato. Probabilmente no, perché se il cinema è un’industria, saper vendere le idee è una riflessione artistica.

In questo solco si è inserito Matteo Rovere, facendo scuola per la bontà di una grande storia, una grande idea e una grande ambizione. Nell’anno dei rumors su quanti e quali attori si sono battuti per una parte nel sequel de Il Gladiatore di Ridley Scott, c’è un elemento che spicca veemente: una Storia, la nostra.

Roma: il suo splendore, la sua ascesa, la sua potenza, il suo collasso. Non si contano i film che l’hanno raccontata, non si mappa la geografia delle produzioni che l’hanno scelta come soggetto e non ci si orienta nella transmedialità delle realizzazioni. Dalle origini del Cabiria di Pastrone, allo Spartacus di Kubrick, passando tra la parentesi dei peplum, i Ben Hur (Wyler), Quo vadis (LeRoy) e il già citato Gladiatore, ripercorrendone solo alcuni tra i più inflazionati e conosciuti.

Qualcosa però mancava all’appello e Matteo Rovere ha saputo identificarlo: il coraggio di fare della nascita di Roma un progetto produttivo, industriale e commerciale dalle sontuose aspirazioni drammaturgiche, tutte virate verso le logiche della contemporaneità. Partire dal mito, dalla leggenda e dal folclore sulla fondazione di Roma e fare del racconto il suo impero.

Il multiverso di Matteo Rovere: tra Il primo re e Romulus

Il primo re esce nelle sale cinematografiche sulla fine del 2019, è una scommessa rischiosa, a partire dalle sue premesse. Un film interamente recitato in protolatino, versione ricostruita di una lingua verosimilmente parlata nel VIII secolo che ospita il racconto.

Lo spunto è quello di stretchare e il più possibile le pieghe del mito, allargandone le maglie e inserendo all’interno una narrazione che sappia partire dal proprio passato per raccontare u…

Giulia Leo

Laureata in Cinema e Comunicazione. Perennemente sedotta dalla necessità di espressione, comprensione e divulgazione di ogni forma comunicativa. Della realtà mi piace conoscere la mente, il modo in cui osserva e racconta le sue relazioni umane. Del cinema mi piace l’ascolto della sua sincerità, riflesso enfatico di tutte le menti che lo creano. Di entrambi coltivo l’empatia, la lente con cui vivere e crescere nelle sensibilità ed esperienze degli altri

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ultimi articoli di Giulia Leo