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L’artista bambino: infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento

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Luce, bianco accecante, sospensione nel tempo. Brillano i chiostri del Complesso monumentale di San Micheletto a Lucca, che dal 1981 ospita la Fondazione Ragghianti. All’interno, l’odore pungente di carta. La Fondazione ospita infatti una delle biblioteche di storia dell’arte più ricche d’Italia, una fototeca con circa 65000 immagini (presto disponibili anche online) e un ricchissimo archivio in continuo aggiornamento: al fondo del fondatore Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca, 1910 – Firenze, 1987) – di cui fa parte una fitta corrispondenza con alcune delle personalità di spicco del Novecento, come Benedetto Croce e Renato Guttuso – , e a quelli di altre importanti personalità della critica d’arte italiana, si è aggiunto infatti di recente il fondo di Hugh Honour e John Fleming, storici dell’arte noti per l’imponente opera World History of Art del 1982.

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La Fondazione Ragghianti

L’esposizione curata da Nadia Marchioni, L’Artista Bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento, nasce proprio da una suggestione del fondatore. Fu infatti Carlo Ludovico Ragghianti, uno dei principali critici e storici dell’arte del Novecento, a segnalare già nella sua produzione di inizio Novecento la necessità di indagare il tema del primitivo, l’«immediatezza infantilista» e gli «spunti populisti» presenti nell’arte italiana, ma anche internazionale – basti pensare a Pablo Picasso, Paul Klee, Vasilij Kandinskij – dei primi decenni del Novecento. Fino al 2 giugno la mostra punta a rispondere a questa domanda esplorando il tema dell’infantile e dell’«anti-grazioso» in Italia, e, in un viaggio che dalla fine dell’Ottocento giunge fino alla «temperie culturale» del secondo e terzo decennio del Novecento, propone in sei sezioni le opere di artisti che trovarono nelle «forme pure» e nella «saldezza formale» dell’arte infantile la risposta all’artificiosità e alla complessità dell’arte futurista.

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Gli archivi della Fondazione

La prima sezione della mostra è dedicata a Adriano Cecioni, artista toscano che già nella seconda metà dell’Ottocento inizia ad esplorare con realismo la dimensione dell’infanzia, l’energia gioiosa e istintiva del bambino. Il contrasto tra il presente magico e dinamico del bambino e la staticità quasi grottesca degli adulti è evidente nell’opera Ragazzi mascherati da grandi, un vero e proprio cortocircuito in cui i due mondi si trovano a contatto.

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Adriano Cecioni – Ragazzi mascherati da grandi

Il percorso continua nella seconda sezione con il dipinto di Vittorio Corcos Ritratto di Yorick, dove – a riprova del preciso studio dell’arte infantile di quegli anni – sono riprese le stilizzazioni bambinesche studiate dallo storico dell’arte Corrado Ricci nel saggio pionieristico dal punto di vista artistico e pedagogico L’arte dei bambini pubblicato nel 1885.

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Vittorio Corcos – Ritratto di Yorick
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Dettaglio delle stilizzazioni bambinesche

Il tratto infantile come mezzo per un mondo libero, semplice, genuino è valorizzato al massimo nei polittici della Vita nei campi di Alberto Magri (Fauglia, 1880 – Siena, 1939), presenti nella terza sezione della mostra. Magri passa la maggior parte della sua vita a Barga, cittadina scelta da Giovanni Pascoli per trascorrere gli anni più tranquilli della sua esistenza. E non è certo casuale la vicinanza tra il poeta autore del Fanciullino e Magri, che, attingendo dalle opere di Giotto, Paolo Uccello, Duccio, saprà restituire la sospensione quasi magica della valle del Serchio, definita da Pascoli «la valle del Bello e del Buono», un’Arcadia in cui cullarsi nel «ritmo primitivo» delle stagioni, a contatto con le proprie radici, per vivere una vita genuina lontana dall’ipocrisia della società.

Tu sei antichissimo, o fanciullo! E vecchissimo è il mondo che tu vedi nuovamente! E primitivo il ritmo (non questo o quello, ma il ritmo in generale) col quale tu, in un certo modo lo culli o lo danzi Giovanni Pascoli – Il fanciullino (1887)

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Alberto Magri – La vendemmia
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Dettaglio di Alberto Magri – La vendemmia

Anche la quarta sezione della mostra vede protagonista un’atmosfera sospesa, qui più vicina all’estetica Metafisica: infatti Carlo Carrà e Ardengo Soffici si fanno interpreti di una pittura quasi da parete di taverna, ingenua, candida, pura, dallo stesso Soffici definita «la pittura degli uomini semplici, dei poveri di spirito, di coloro che non hanno mai visto i baffi di un professore».

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Ardengo Soffici – Cacio e pere

L’immagine del bambino entrerà poi nel linguaggio della propaganda durante la Prima Guerra Mondiale, evocando sia il riso nelle vignette di Giorgio De Chirico, Mario Sironi e Ardengo Soffici per il Corriere dei Piccoli, La Ghirba e il Montello, sia un tono drammatico e nostalgico nelle opere di Duilio Cambellotti, Carlo Erba e Adolfo Balduini.

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Adolfo Balduini – Le vedove della guerra

Nell’ultima sezione dell’esposizione l’immagine del bambino è ormai del tutto filtrata dallo sguardo metafisico, che lascia nell’opera un’atmosfera irreale, anche questa volta sospesa, ma con una «ascendenza infantile e caricaturale» inquietante e misteriosa al contempo.

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Riccardo Francalancia – Ritratto di Gustavo

La mostra L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento, visitabile fino al 2 giugno alla Fondazione Ragghianti, è una testimonianza della vicinanza tra due dimensioni: artista e bambino, entrambi liberi di esprimersi al di là delle convenzioni sociali, entrambi stupiti dalla realtà o dalla loro interpretazione di quest’ultima, osservano il mondo con lo stesso sguardo personale e puro, incantato e sospeso, libero da vincoli e dogmi.

Laura Graziani

 

Redazione

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