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“Brooklyn” di John Crowley:
storia di Eilis Lacey,
divisa tra Irlanda e America

13 minuti di lettura

È passato più di mezzo secolo da quando Shannon Christie e Joseph Donelly (interpretati da Nicole Kidman e Tom Cruise), nella scena finale di Cuori Ribelli, correvano a perdifiato per la conquista della terra in Oklahoma; ma gli irlandesi continuano anche per tutto il corso del Novecento ad abbandonare la loro terra vessata da carestie e crisi economica. Anche la giovane Eilis Lacey (Saoirse Ronan), la protagonista di Brooklyn (2015, regia di John Crowley), grazie alla sorella che si è messa in contatto con padre Flynn (Jim Broadbent) di Brooklyn, che le ha trovato un lavoro nel negozio Bartocci e un alloggio, ha l’opportunità di lasciare il suo paese dove per ora non c’è nulla che la trattenga, né un lavoro né l’amore, per costruirsi una nuova vita in America e aiutare da lì la propria famiglia. Il parroco riesce anche a farle frequentare dei corsi serali al college, dove può studiare per diventare contabile come sua sorella.

Questo viaggio rappresenta uno spartiacque nella sua vita, tra la giovinezza trascorsa in Irlanda e la vita adulta a New York: Eilis a Brooklyn lavora con diligenza, ma durante i primi mesi si sente sperduta in una terra che non è la sua, la sua mente e il suo cuore sono ancora nella verde Irlanda, insieme a sua madre e alla sua amata sorella. L’unico momento di felicità è costituito dalla lettura nervosa delle lettere che la sorella Rose le invia dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, che sanno di prati e di ricordi di un’infanzia e spensieratezza ormai perdute.

Come ogni individuo costretto a lasciare la propria terra per necessità di sopravvivenza, Eilis sente che il legame con la terra d’origine si sta lentamente sciogliendo e ancora fatica a riconoscere quella che la ospita come la sua nuova casa. Ma sarà grazie all’amore che Eilis ritornerà a vivere veramente: ella, infatti, a un ballo irlandese organizzato dalla parrocchia conosce Tony Fiorello (Emory Cohen), giovane ragazzo italo-americano, emigrato come lei con la sua famiglia, gentile e con la simpatia e sfacciataggine tipica del Bel Paese.

brooklyn di John Crowley
immagine tratta da: www.discorsivo.it

Egli le fa scoprire la bellezza di Brooklyn, un vero e proprio luogo di incontro per migliaia di persone provenienti da molti stati europei, diversi per religione e terra di origine ma accomunati dalla medesima forza di volontà e speranza in un futuro migliore. L’iniziale apatia della protagonista scompare lentamente grazie all’affetto, ai baci e alle carezze del giovane Tony e Eilis pensa di poter cominciare una nuova vita da vera e propria americana in quella terra, ponendo così una maggiore distanza dall’Irlanda.

Una disgrazia, però, richiama Eilis a tornare a casa, per stare vicino alla famiglia: lascia così il suo amato Tony con la promessa di ritornare per la fine dell’estate, anche se entrambi temono che il loro sia un addio e che Eilis in verità non avrà la forza necessaria per abbandonare il suo paese una seconda volta e non lo raggiungerà mai più a New York.

Eilis: «Tu come ti sentiresti se io volessi partire?»
Tony: «Morirei di paura»
Eilis: «Paura che io rimanga là?»
Tony: «Sì. Casa tua è casa tua»

Brooklyn film
Immagine tratta da: http://ell.h-cdn.co

Fatto ritorno in Irlanda, Eilis dà una mano in casa a sua madre – che spera vivamente che possa rimanere più a lungo di due mesi – lavora in ufficio e inizia a frequentare il suo coetaneo Jim Farrell (Domhnall Gleeson), dolce ed educato, che ora vede sotto una luce diversa e non considera più un provinciale ragazzo irlandese, che come tutti i suoi amici frequenta il rugby club, indossa lo stesso blazer e mette la stessa brillantina. Eilis sente le sue radici che si inabissano una seconda volta nella sua amata terra, che però ora si presenta più come una limitazione rispetto alla vasta gamma di possibilità che avrebbe in America, che la soffoca e la trattiene con la forza.

Ella però è diversa ora, sembra una vera americana e, soprattutto, moderna: veste alla moda come una vera newyorchese, i suoi abiti hanno colori più vivaci e un taglio più moderno, si trucca e gli accessori e gli occhiali che indossa esprimono quasi frivolezza; il suo cambiamento esteriore esprime quello interiore e l’adesione alla nuova vita nella promised land. Emblematica è, però, la scena in cui con Jim, Nancy e il suo ragazzo George, Eilis va in spiaggia e, osservando la sabbia sconfinata e l’oceano, riscopre il fascino della sua terra incontaminata e pura. Non importa, infatti, quanti luoghi si possano visitare nell’arco della propria vita, nessun altro luogo sarà in grado di far emozionare al pari di casa propria. Eilis sembra dunque tentennare all’idea di lasciare ancora, e questa volta definitivamente, l’Irlanda:

Eilis: «Avevo dimenticato…»
Nancy: «Che cosa?»
Eilis: «Questo…»
Jim: «Avete spiagge anche a Brooklyn»
Eilis: «Sì, ma sono molto affollate. Non è la stessa cosa però»
Jim: «Sono sicuro di no. Qui non sappiamo mai niente del resto del mondo, dobbiamo sembrarti molto arretrati ora.
Eilis: «Non è vero! Tu sembri calmo, gentile ed affascinante!»

Brooklyn film 2015
immagine tratta da: https://static-secure.guim.co.uk

Purtroppo l’Irlanda si presenta ancora come quella terra arretrata e bigotta che si era lasciata alle spalle tempo addietro: anche se Eilis ha sentito molto la mancanza del suo mare e delle infinite distese verdi che hanno dominato la sua infanzia edenica e la tentazione di restare è molto forte (ma lo si deve soprattutto alla paura dell’ignoto che l’aspetta in America), con la sua nuova identità e il suo modo più sicuro di presentarsi agli altri si sente un’estranea nel suo vecchio mondo. Eppure quella è la stessa Irlanda che poco tempo prima aveva lasciato: c’è la sua migliore amica Nancy, Jim potrebbe diventare suo marito e Eilis potrebbe lavorare nello studio cittadino come contabile e non lasciare mai questo porto sicuro.

Eilis: «Avevo immaginato una vita diversa per me»
Jim: «Ma qui potrebbe essere altrettanto bella, magari migliore»

Brooklyn, di John Crowley
immagine tratta da: www.weekendnotes.com

Ma ora si ritrova a un bivio: restare nella sua terra confortante, dove ora per lei ci sono una buona offerta di lavoro e la possibilità di un buon matrimonio e una vita sicura e prevedibile – rimanendo così intrappolata in un passato dominato dalla nostalgia e dalla dolcezza di giorni perduti per sempre, oppure tornare in America dove l’aspettano Tony e un futuro nella variegata patria delle possibilità sempre in fermento e caratterizzata dalle speranze e dall’ottimismo di tanti piccoli eroi, che sono partiti da zero e grazie al sacrificio e a un lavoro duro hanno ottenuto risultati che in altri paesi di sicuro non avrebbero raggiunto. Niente però riesce ad impedire ad Eilis di affrontare ogni situazione con coraggio e determinazione, superando così tutto con la voglia di stravolgere la propria esistenza e aprendosi ad ogni possibilità che il futuro ha da offrirle.

Il regista trasferisce sulla pellicola la vicenda narrata nell’omonimo e commovente romanzo dell’irlandese Colm Toibin e si avvale della professionalità di Nick Hornby, che si è occupato della sceneggiatura: la sua presenza si percepisce nei momenti leggeri e comici del film, che si prestano a prendere in giro i luoghi comuni del cinema d’emigrazione più consueto. Lo sceneggiatore coglie perfettamente la dicotomia del personaggio di Eilis e la sua difficoltà nel trovare un equilibrio tra passato e presente: confermano ciò i primi piani sul suo sguardo dimesso, scostante, malinconico e solitario e gli occhi costantemente gonfi di lacrime. Il risultato di questa collaborazione vincente è stata la candidatura  della pellicola al premio Oscar nelle categorie di miglior film, miglior attrice protagonista e miglior sceneggiatura non originale.

Una storia di coraggio, dunque, e di paura che dominano Eilis come qualsiasi individuo che in passato o ora si trova a dover lasciare la propria terra: la storia di Eilis non è tanto diversa da quella di un italiano del secolo scorso, o di un siriano dei tempi moderni. Una parabola esistenziale in grado di incarnare i sentimenti, le speranze e la dicotomia che lacera dall’interno ogni migrante. Chiunque lasci la propria terra, sia che stia fuggendo da una guerra civile o che semplicemente insegua un futuro più prospero, vive questo distacco come un lacerante e doloroso sradicamento e allontanamento dalla propria identità e tradizioni: una volta ambientatosi nel nuovo paese e assimilati i nuovi usi e costumi, si sente in colpa nei confronti della terra materna, quasi la si stesse tradendo e recidendo il cordone ombelicale.

Ma il segreto di una migrazione riuscita, e questo Eilis lo scoprirà con l’avanzare del film, è proprio l’incontro tra due culture apparentemente estranee, come quella irlandese e americana, che non implica per forza l’abbandono di una in favore dell’altra, bensì la possibilità di custodire la cultura della terra nativa e di arricchirla con quella della nazione ospitante: solo così non si sentirà la lontananza dal paese natìo, che vivrà sempre custodito nel cuore dei migranti e che potrà essere riscoperto in ogni altro posto del mondo.

Nicole Erbetti

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Redazione

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