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Innamorarsi del cinema cinese tra storia, colori e arti marziali

dalla newsletter n. 38 - aprile 2024

12 minuti di lettura

La cultura cinese è di quelle misteriose, affascinanti, ammalianti nelle loro molteplici declinazioni e si riflette appieno (come spesso accade) nella sua filmografia, tanto veritiera o camuffata a seconda del contesto socioculturale in cui è collocata e del suo potere d’impatto sulle forme d’arte. Tra queste, a prescindere da lingue e continenti, il cinema ha sempre saputo elevarsi per la sua efficacia nell’istruire, informare, influenzare, pur non essendo sempre guidato da nobili intenzioni; e ancora oggi, con la stessa efficacia, facilita la comprensione di quanto i libri spesso non riescono a veicolare, o che comunicano non senza una certa fatica. Ancora oggi, dopo più di cento anni, ci affidiamo ai film per conoscere, capire, ed entusiasmarci; e se non fosse per l’oggettiva difficoltà dovuta alla lingua (per alcuni un tocco di brio, per altri ostacolo insormontabile) la realtà vivace e coloratissima della Cina sarebbe alla mercè di un qualunque cliente di Netflix, e quindi oggetto di apprezzamenti e speculazioni del grande pubblico alla pari di qualunque altra forma d’arte orientale.

Proprio come la cultura di cui si fa specchio possiede mille sfaccettature, quella cinese è una cinematografia talmente varia che basta poco al pubblico per sentirsi spaesato; arricchita da prodotti differenti in qualità e tipo, è adatta infatti ad accontentare gli spettatori più pretenziosi così come quelli a cui è cara l’essenzialità, a livello espressivo. Detto ciò, sembrerebbe essere piuttosto semplice avvicinarvisi e mostrare evidente apprezzamento per ciò che ha da dare: se disposti a superare la barriera dei sottotitoli, quantomeno a provare, non si tratta in effetti di una fatica erculea. Basta affidarsi a dei titoli portatori di un certo appeal capaci di fare leva sulle più disparate personalità, solleticando i giusti più variegati e la curiosità più genuina. E infine, che aiutino lo spettatore a capire a cosa realmente si stia approcciando.

Meglio cominciare dal secondo dopoguerra, dal punto di vista storico anni un po’ burrascosi: la massiccia opera di propaganda ad opera del Partito Comunista Cinese si accoppia anche dal punto di vista artistico all’azione della censura, finalizzata ad enfatizzare pellicole sostenitrici del regime maoista e stroncare qualunque tendenza dissidente. E a film esaltazione della classe operaia e sua rettitudine si accompagnano in questo periodo anche pellicole appartenenti al cosiddetto Gongfupian: un genere di film costruito attorno al combattimento, rigorosamente svolto a mani nude e secondo regole ben precise e fondato su rigidi principi di moralità. Un genere cinematografico non nuovo in patria, ispirazione per molti lungometraggi contemporanei, e che proprio in questi anni tocca l’apice della fama grazie a Lu Wei.

Verdiana Bottino

Classe 1996, dottoranda in Ingegneria Industriale all’Università di Napoli Federico II, il cinema è la mia grande passione da quando ho memoria. Nerd dichiarata, accanita lettrice di classici, sogno di mettere anche la mia formazione scientifica al servizio della Settima Arte. Film preferito? Il Signore degli Anelli.

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