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Decameron novelle erotiche

Nel Decameron le novelle erotiche non risparmiano nemmeno la Chiesa

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24 minuti di lettura

Grazie a timide ma costanti opere divulgative ogni aspetto della vita medievale sta iniziando a ripulirsi dalla patina ormai vecchia che lo ricopre, quell’idea di epoca oscurantista in cui chiunque, dai pontefici all’ultimo dei mendicanti trascorreva un’esistenza ossessivamente ligia ai dettami di un rigido buoncostume morale, concezione naturalmente alterata e incapace di cogliere le sfumature che in realtà esistevano. È importante che anche la letteratura del tempo diventi una parte fondamentale di questo processo di lucidatura, perché ciò che le persone alfabetizzate leggono in un determinato momento della storia dice molto di loro. Grazie alle sue numerose novelle erotiche, anche il Decameron di Giovanni Boccaccio – scritto tra il 1349 e il 1353 – inizia finalmente a godere dell’attenzione che merita da parte degli storici che cercano di ricostruire la mentalità di chi visse in quel secolo straordinario e complesso che fu il Trecento. Vita sessuale compresa.

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L’aggettivo “boccaccesco” che indica proprio le atmosfere licenziose di certe novelle erotiche del Decameron, sembra essere stato dimenticato dai contemporanei. Eppure l’immediato successo dell’opera ci dimostra che il target dell’autore – che era la borghesia mercantile di recente ascesa, dinamica e consapevole di muoversi in un ambiente variegato e in parte slegato dalle logiche tradizionali – si riconosceva nello stesso spirito ironico dell’autore. I protagonisti (e questo è molto importante) delle novelle più spinte sono individui di tutti i tipi: frati, monache, mercanti, persone del volgo e dell’alta nobiltà: tutti i ceti nel Decameron fanno sesso, esattamente come nella realtà, passata, presente e futura. Su internet non mancano pudichi elenchi di novelle erotiche del Decameron, e nemmeno focus particolari su alcune di queste, per un loro particolare valore narrativo. Ognuno può fare il suo conteggio personale, ma a nostro parere le novelle in cui il sesso ricopre un ruolo centrale sono trentuno su cento (elencate in fondo all’articolo), quasi un terzo del totale – e non sono le uniche in cui l’argomento è sfiorato.

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Qui ci concentreremo su un aspetto molto trascurato dagli studi, cioè la sessualità di uomini e donne di Chiesa all’interno del Decameron. Proveremo a riflettere su come uomini e donne di metà XIV secolo raccontassero e concepissero la lussuria dei religiosi, e soprattutto il ruolo di essa nell’umorismo: non dobbiamo mai dimenticare che lo scopo di Boccaccio era proprio divertire i lettori, ancora scossi dalla «dolorosa ricordazione della pestifera mortalità trapassata» (giornata I), cioè la prima ricomparsa della Peste nera in Europa, in quel momento appena superata a fronte di enormi traumi e sofferenze.

Cogliamo in fallo due religiosi già nella quarta novella della prima giornata. Il Boccaccio ci presenta un monaco benedettino, virtuoso, giovane e in forze, che passeggia tutto solo nei dintorni del suo monastero. A un certo punto vede nei campi una giovinetta assai bella che raccoglie delle erbe nei campi, ed è subito preso da concupiscenza carnale; dopo qualche chiacchiera i due si accorgono di avere le stesse intenzioni e filano nella cella del monaco. Evidentemente le cose funzionano parecchio bene, dato che lo schiamazzio che costoro insieme faceano attira l’abate del monastero, che si mette a origliare fuori dalla cella prima di allontanarsi pensando a una punizione adatta. Il monaco, che si è accorto di essere spiato, lascia la ragazza al sicuro nella stanza e si allontana a sua volta, pensando al modo di tirarsi fuori dal problema.

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L’abate vorrebbe svergognare il subordinato davanti a agli altri monaci mostrando la ragazza a tutti, ma prima decide di scoprire in solitaria di chi si tratti, per evitare scandali in caso fosse la figlia di qualche personaggio di rilievo. Si reca così nella cella del monaco, ma è a sua volta preso dalla passione appena vede la ragazza, e lei si concede con altrettanto trasporto. Ora, dovete immaginare il religioso molto corpulento, poiché non volendo schiacciare la fanciulla con il suo peso la fa stare sopra di sé durante l’amplesso, ma in tutto ciò non si accorge di essere osservato dal monaco che è già tornato dalla sua passeggiata riflessiva, il quale si allontana poco dopo. Terminato il suo dovere spirituale, l’abate esce dalla cella e manda a chiamare il monaco, pronto a punirlo; lui, umile e beffardo, gli dice che ha ancora molto da imparare nell’ordine benedettino: non sapeva che i monaci, oltre che da digiuni e veglie, dovessero farsi priemere [opprimere, è una figurata allusione] anche dalle donne. Il monaco e l’abate si intendono, e il Boccaccio ci assicura che dopo quell’episodio i due fecero tornare spesso la fanciulla al monastero.

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Ancora, nella quarta novella della terza giornata conosciamo Puccio, uomo idiota e di grossa pasta, profondamente dedito alla vita spirituale, che per la sua religiosità costringe la moglie Isabetta a lunghe astinenze, rispondendo alle carezze notturne di lei con racconti dei Vangeli, prediche e simili. Quando Puccio fa amicizia con un monaco di nome Felice, quest’ultimo inizia a frequentare casa sua e ben presto nasce una reciproca attrazione con monna Isabetta. Un giorno Felice trova lo stratagemma per allontanare Puccio dalla moglie: confida all’uomo di conoscere il modo di fargli raggiungere il Paradiso! Gli basterà distendersi al tramonto nella posa di un crocifisso su una tavola di legno da cui si possa vedere il cielo e recitare preghiere per tutta la notte. E così Puccio, entusiasta, comincia a sdraiarsi ogni sera su un tavolaccio fino all’alba, mentre Isabetta e Felice si divertono nella stanza accanto: colui che si credette mettere in paradiso con la sua penitenza, vi mise il monaco!

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Continuando con le novelle erotiche del Decameron, anche le monache non sono da meno, come ci dimostra la vicenda di Masetto da Lamporecchio (terza giornata, novella prima). Il bel giovane Masetto scopre che l’anziano giardiniere tuttofare di un monastero femminile sta cercando qualcuno che lo sostituisca, e si presenta al suo posto, fingendosi in cerca di lavoro e soprattutto muto per impietosire l’amministratore del monastero, impaziente di darsi da fare nell’orto che mai non vi fu così lavorato, come lui stesso pensa mentre viene presentato dall’amministratore alla badessa dopo essere stato accolto.

E così il finto muto Masetto comincia il lavoro nel giardino, finché un giorno sente una monaca confidare ad un’altra la sua curiosità per il piacere carnale, di cui ha sentito dire che a confronto tutte l’altre dolcezze del mondo sono una beffa. Il nuovo giardiniere la attrae molto, e non c’è pericolo che vada a raccontarlo in giro se dovesse succedere qualcosa. La ragazza desiste nemmeno dopo il richiamo della compagna, che le ricorda il voto di castità fatta all’Onnipotente e a cui lei risponde «Oh, quante cose gli si promettono tutto ‘l dì, che non se ne gli attiene [mantiene] nessuna», invitando poi Nostro Signore a trovare qualcun’altra che mantenga la sua promessa per lei.

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Le due si accordano quindi perché la prima accompagni il giardiniere dentro a un capanno del giardino, mentre l’altra farà la guardia. Il metodo funziona, e a breve anche la compagna comincia ad intrattenersi con Masetto – le due monache col mutolo s’andavano a trastullare in ogni momento libero – e lui sta bene attento a non far saltare la sua copertura. Come in ogni novella che si rispetti, gli eventi precipitano: una alla volta in qualche modo tutte le altre sei monache scoprono il talento del giardiniere. Per ultima la badessa, che appena si infatua di Masetto lo porta di nascosto direttamente nella sua cella e ve lo trattiene per giorni, finché lui, stremato, si smaschera iniziando a parlare, e la supplica di trovare un rimedio perché lui non regge più quei ritmi: dopotutto, deve servir nove donne da solo. La soluzione è presto concordata: viene diffusa nella regione la voce che il giardiniere del monastero ha ritrovato miracolosamente la voce, così Masetto è nominato amministratore e finalmente ogni monaca potrà intrattenersi con lui rispettando il suo turno; il mutolo vivrà fino alla vecchiaia nel monastero, prima di tornare ricco nel suo villaggio.

Anche in un altro monastero, nella seconda novella della nona giornata, le religiose sanno come trascorrere le fredde notti medievali. Boccaccio, in quella che è una delle novelle erotiche del Decameron più divertenti, ci racconta della giovane monaca Isabetta, che si intrattiene spesso con un bel giovane fatto entrare di nascosto nella sua cella. Le compagne la scoprono, e la prima notte in cui si accorgono che Isabetta non è sola corrono a chiamare la badessa, madonna Usimbalda per farle sorprendere la peccatrice nell’atto. Ma quella notte nemmeno Usimbalda è sola – c’è un prete con lei, anch’egli frequentatore abituale –, e appena sente bussare si veste al buio e corre fuori. Nella fretta non si accorge di aver indossato le brache del prete al posto del velo, e nessuna se ne accorge finché non si trovano tutte nella solenne sala capitolare, pronte ad interrogare la monaca lussuriosa. Potete già immaginare il finale: la badessa dichiara l’impossibilità di difendersi dagli stimoli della carne e da quella notte in avanti gli amanti delle monache entrano ed escono liberamente dal monastero, e quelle che non ne hanno ancora uno si affrettano a procacciarsene.

E se per monaci e monache qualche limite esiste, a causa della natura dei monasteri che limita gli allontanamenti, per i frati è tutto l’opposto: i francescani erano nati nel Duecento proprio per la nuova necessità spirituale di trovarsi in mezzo alla gente, di mantenere un contatto continuo con i fedeli. E a leggere il Boccaccio, soprattutto con le loro mogli.

Gli esempi nelle novelle erotiche del Decameron non sono difficili da trovare: c’è frate Alberto, che convince la credula Lisetta di aver incontrato l’arcangelo Gabriele in sogno, il quale gli ha confidato di volerla incontrare per qualche notte; inutile dire che al posto dell’arcangelo si presenterà il frate travestito, che la farà volare molte volte senz’ali prima di essere scoperto (IV, 2). O frate Rinaldo, che rassicura madonna Agnesa prima di unirsi a lei dicendole che sotto la tonaca è un uomo fatto come gli altri (VII, 3).

Boccaccio usa insomma i suoi personaggi per ridere insieme ai suoi lettori, membri di quella borghesia urbana che conosce bene le realtà descritte, compresa la condotta di molti religiosi. D’altronde, come afferma una delle protagoniste, quanto i preti e’ frati e ogni chierico sieno sollecitatori delle menti nostre, in più novelle dette mi ricorda essere mostrato. Nella novella introdotta da questa locuzione (VIII, 4) vediamo che nemmeno i preti delle piccole parrocchie si salvavano dal tagliente umorismo bassomedievale: ci troviamo a Fiesole, e in questo caso la bella e ricca vedova Piccarda è costretta a respingere in continuazione le avances del preposto locale, finché, stufa, decide di liberarsi del seccatore una volta per tutte. Invita quindi il prete nella sua casa per quella notte, a patto che tutto si svolga al buio e in silenzio per non allertare i fratelli di lei. Poi convoca Ciutazza, una sua brutta domestica, offrendole una bella camiscia nuova se in cambio giacerà al suo posto con il prete (e la Ciutazza si dice disposta a dormire con sei, non che con uno, se bisognerà, in cambio della camicia nuova). E così quella notte il prete ignaro si infila nella camera di Piccarda e comincia ad intrattenersi con la domestica, mentre i fratelli della vedova corrono a cercare il vescovo – in visita a Fiesole proprio in quei giorni –, fanno amicizia con lui tra un bicchiere di vino e l’altro, e lo invitano a casa per continuare la serata. Qui spalancano la porta della camera, sorprendendo la Ciutazza e il prete: la prima si guadagna la sua camicia nuova, il secondo una lunga penitenza e lo scherno di tutto il paese. E Piccarda si libera una volta per tutte dello scocciatore.

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Terminiamo questa carrellata con una figura che si defila un po’ dagli affollati contesti che abbiamo avuto in mente finora: la decima novella della terza giornata si svolge nel deserto egiziano. La giovane Alibech, figlia di un uomo ricchissimo ma miscredente, si decide a diventare cristiana, e viene a sapere che i fedeli più virtuosi vivono da eremiti nel deserto, tra mille privazioni; si decide perciò a seguire il loro esempio. Dopo un breve peregrinare Alibech rintraccia l’eremita Rustico, noto proprio per la sua forte resistenza alle tentazioni, il quale però vedendola abbandona all’istante tutta la sua virtù al punto che gli è impossibile nascondere la resurrezion della carne. La ragazza nota la differenza tra sé e Rustico («quella che cosa è che io ti veggio che così si pigne [sporge] in fuori, e non l’ho io?»), e lui ne approfitta per dirle che mentre lui ha il diavolo, lei ha la grotta dell’inferno: quale sia il modo per rimettere il diavolo in inferno a questo punto non ha bisogno di essere spiegato, e da quel momento i due gastigano il diavolo più e più volte, per la gioia di entrambi (in particolare per Alibech, certa di star facendo un gran servigio a Dio), fino a quando Rustico non è totalmente sfiancato.

E così è Alibech a richiedere i servigi del diavolo («farai bene che tu col tuo diavolo aiuti attutare [ad attutire] la rabbia al mio ninferno, com’io col mio ninferno ho aiutato a trarre la superbia al tuo diavolo»), per la disperazione di Rustico, incapace di soddisfarla. Finché, un giorno, un giovane ritrova Alibech, ormai erede delle fortune paterne, e la riporta nel paese natio, dove dopo i suoi racconti le donne le garantiscono che quell’attività si fa bene anche qua. Perché, come garantisce il narratore, dal rimettere il diavolo in inferno è cosa grata a Dio, e molto bene ne può nascere e seguire, con gran piacer delle parti.

Uomini e donne di chiesa

Lo spirito di moltissime novelle ormai dovrebbe essere chiaro. La familiarità che emerge da queste narrazioni ci mostra quanto abituati fossero i medievali a situazioni del genere, quantomeno a immaginarle quando non ad assistervi in prima persona.

Nel Basso Medioevo la gente amava ridere di monaci e monache, frati e suore, abati e badesse, dipingendoli in situazioni totalmente contrastanti con la loro missione spirituale, in un umorismo basato sulle contraddizioni e su tutto ciò che andava contro la logica abituale, spesso a cavallo tra oscenità e senso del grottesco, senza paura di metafore o allusioni. Lo stesso periodo della stesura del Decameron era impregnato della necessità di far convivere elementi dalla natura apparentemente inconciliabile, come la vecchia nobiltà feudale e i ricchi mercanti che ormai la facevano da padrone in quasi tutte le città italiane.

È evidente che nelle novelle erotiche del Decameron appaiano spesso situazioni e personaggi caricaturali, ma le tentazioni a cui cedono i religiosi sono estremamente verosimili: non ci risulta molto difficile immaginare un giovane monaco e una ragazza che anche nella vita reale si incontravano nei dintorni del monastero e per poi intrattenersi nella cella di lui, o delle monache che riempivano i momenti vuoti in compagnia di persone che lavoravano per loro. Quelle che il Boccaccio e i suoi lettori hanno bene in mente sono realtà profondamente inserite nel denso tessuto urbano o rurale, in cui i contatti tra religiosi e laici erano costanti: per le vie della città o del villaggio, soprattutto a quell’altezza storica, era più che normale incontrare uomini e donne di Chiesa, non sempre entrati nei monasteri o nei conventi guidati da una vera vocazione e quindi più proni a cedere ai piaceri carnali. Non solo l’autore, ma gli stessi personaggi del Decameron si fanno beffe della morale, proprio perché consapevoli che quell’autorità rigida e severa che veniva predicata era spesso trasgredita.

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Servirebbe molto più spazio per focalizzarsi sulle sfaccettature diverse con cui uomini e donne si approcciano alla sfera sessuale all’interno dell’opera. Già da queste poche novelle erotiche possiamo comunque notare che entrambi i sessi nel Decameron cedono con facilità alle tentazioni. La morale cattolica, caricata in una direzione umoristica, emerge in controluce quando la donna diventa la tentatrice insaziabile che sfianca gli uomini. Ma per il resto c’è spazio per intraprendenza, astuzia, indipendenza, consenso, anche in seno alle istituzioni religiose.

Per saperne di più

Elenco delle novelle erotiche del Decameron che non si leggono a scuola (come nel testo, in numeri romani è indicata la giornata, in numeri arabi la novella):
I 4
II 6, 10
III 1, 3, 4, 6, 8, 10
IV 2, 6
V 10
VI 7
VII 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10
VIII 1, 2, 4, 8
IX 1, 5, 6, 10
X 5

M. Pelaja, L. Scaraffia, Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia, Laterza, 2014.
M. Santagata, Boccaccio. Fragilità di un genio, Mondadori, 2019.

 


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Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole, montagne e un po' di pace. Specializzato in storia economica e sociale del Medioevo, ho fatto un po' di lavori diversi ma la mia vita è l'insegnamento. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

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