difficilissima storia vita ciccio speranza teatro

Affetto: «La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza»

Raccontata con delicatezza e maestria, una difficilissima storia di tre uomini, che porteremo sempre con noi così com'è.

4 minuti di lettura

La semplicità di uno spettacolo tenero, che racconta una vita piccola, in una provincia che parla una lingua inventata; questo è La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza della compagnia Les Moustaches.

La campagna e la città

Sebastiano (Alberto Gandolfo), Dennis (Federico Bizzarri) e Ciccio (Damiano Spitaleri) sono la famiglia Speranza. Ciccio vive con loro in campagna, ma sogna la città.

Ciccio Speranza è un ragazzo molto grasso. Ma leggero, con un’anima delicata. Ciccio Speranza vive in una catapecchia di provincia. Da cui sogna di evadere. Ciccio Speranza sogna moltissimo. E ha un sogno troppo grande perché possa rimanere chiuso in un cassetto. Ciccio Speranza sogna di danzare.

lesmoustaches.net

La città rappresenta tutto ciò che il ragazzo vuole e non ha: la gente, la frenesia, la possibilità di vivere al di fuori dei ritmi naturali e l’opportunità di vivere al ritmo di una musica che lui sceglie. La forte distinzione tra i due ambienti è sottolineata dai loro suoni: semplici e naturali contro musica elettronica ricca di bassi.

Uno spettacolo sonoro

Il suono non è il primo linguaggio caratteristico che incontriamo, ma è quello che ha il compito di veicolare il sottotesto a cui ci riferiamo nel paragrafo precedente: la distanza tra campagna e città. Vediamo infatti come tutti i ritmi e i suoni inerenti alla vita attuale di Ciccio siano prodotti in scena. A partire dalla pioggia fatta con i semi su una scatola e i ritmi battuti sul tavolo fino alle canzoni da contadini, tutto è prodotto dagli attori in scena. Le uniche musiche extradiegetiche sono quelle che Ciccio sogna di ballare.

Questo sfruttamento del linguaggio scenico esalta una regia semplice ma perfettamente curata e intelligente, evidentemente cresciuta con la drammaturgia.

Immagini

La grande conoscenza del mezzo teatrale di Alberto Fumagalli e Ludovica D’Auria si mostra anche nelle immagini che si creano sulla scena. Lo scorrere delle stagioni non è mai automatico o rappresentato all’esterno con un cambio luci, bensì è vissuto dai personaggi che lo rendono palese con un gesto e un commento vocale. Ogni azione dello spettacolo dunque non è puramente casuale, ma è una scelta ponderata e finalizzata a raccontare qualcosa di questi personaggi: non si lascia spazio al superfluo.

La frugalità della campagna diventa la chiave di sol per tutta la costruzione scenica, restituendo allo spettatore il sentore di un ambiente anche attraverso la tecnica scenica. Tutto diventa dunque mezzo narrativo.

Foto di Serena Pea

I personaggi della storia

In questa narrazione – vera e propria favola di tempi e luoghi diversi dai nostri – ovviamente ci sono dei protagonisti. Se però l’ambiente in cui vivono è molto semplice, le loro anime sono tutt’altro che questo. Infatti la cosa che più colpisce di questo testo è la profondità e la quantità di sfaccettature che questi personaggi presentano. Per uno strano paradosso, quello di Ciccio potrebbe essere il personaggio meno articolato.

Sono abbastanza riconoscibili i possibili percorsi che Ciccio potrà compiere attraverso lo spettacolo; lui è il protagonista sognatore che ha davanti molti ostacoli tra cui la sua fisicità e la sua stessa famiglia. Il ragazzo è caparbio e sogna di poter realizzare il suo desiderio, anche con l’aiuto di suo fratello Dennis. Quest’ultimo è un ragazzo che sembrerebbe più semplice a una prima occhiata, ma nasconde la complessità dell’affezione.

Dennis è l’unico che parla della madre assente, è colui che fa da tramite tra il padre e il fratello, è insomma quell’elemento che sembra fare da tirante per due pesi che inesorabilmente si allontanano. Il ragazzo è trattato come lo «scemo di guerra», ma questa sua apparente sciocchezza nasconde un profondo legame sia con il padre che col fratello, cosa che lo mette in diverse posizioni scomode. Tutti e tre si vogliono davvero molto bene, ma Dennis è colui che cerca di accontentare tutti, anche trascurando la sua stessa indole e il suo amor proprio.

Speranza

Sebastiano è un padre, dunque è complesso. Non parliamo qui di stereotipo, ma di figura sociale: lui deve prendersi cura dei figli e quindi portare avanti il suo lavoro di contadino, ma ora che la moglie non è più con loro si deve occupare di loro anche in aspetti meno pragmatici quale il mangiare e il dormire. Il signor Speranza a questo punto è in difficoltà.

All’interno dello spettacolo vi sono diversi momenti in cui ognuno dei personaggi parla direttamente con la madre e Sebastiano ha un momento in cui esprime ciò che pensa veramente. Il monologo è toccante e lavora su quella verità della vita fatta di contrasti e necessarie rinunce. Sebastiano Speranza ce la mette tutta per essere un buon padre, anche a costo di risultare troppo austero.

Un anno

Quello che vediamo in scena alla fine è un anno nella casa Speranza, tutto qui. Lungo queste quattro stagioni i tre protagonisti attraversano uno spettro emotivo che lo spettatore riconosce facilmente: sia dal punto di vista dei figli che da quello del genitore.

La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza non ha la pretesa di spiegare i massimi sistemi, oppure di consegnare un insegnamento al pubblico che ha di fronte, bensì racconta una semplice storia. D’altro canto come accade spesso, la narrazione del privato risuona nella sensibilità degli spettatori. La tenerezza che si vede sul palcoscenico muove necessariamente le corde del vissuto di ognuno di noi.

Vite colpite al centro

Prendiamo in prestito i versi di Una storia sbagliata di De André per restituire la sensazione che questo spettacolo lascia negli spettatori:

Storia diversa per gente normale,
Storia come per gente speciale.
Cos'altro vi serve da queste vite
Ora che il cielo al centro le ha colpite,
Ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

Una storia sbagliata, Fabrizio De André

Non ci serve altro dalle vite di questi tre uomini: la loro difficilissima storia la porteremo sempre con noi così com’è, con le loro vittorie e i fallimenti.

La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza rimarrà con noi grazie a uno spettacolo che sa raccontarla con quella semplicità che ci costringe a rimuovere le sovrastrutture della comprensione intellettuale per accettare la vita per quello che è: una storia.

La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza al Teatro Elfo Puccini
della compagnia Les Moustaches
regia di Alberto Fumagalli e Ludovica D’Auria
con Damiano Spitaleri, Alberto Gandolfo, Federico Bizzarri

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!

Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!

Marialuce Giardini

Diplomata al liceo classico, decide che la sua strada sarà fare teatro, in qualsiasi forma e modo le sarà possibile.
Segue corsi di regia e laboratori di recitazione tra Milano e Monza.
Si è laureata in Scienze dei Beni Culturali nel 2021

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.