Nell’epoca dei social, dell’iperconnessione e degli algoritmi, anche il desiderio ha subito una trasformazione profonda. L’eros non è più soltanto un impulso istintivo o una faccenda privata: è diventato un linguaggio pubblico, un codice condiviso che riflette le tensioni della società contemporanea. Se un tempo l’amore era materia poetica, oggi si manifesta attraverso swipe, emoji e notifiche. Ma cosa ci sta dicendo, davvero, il corpo in questo nuovo contesto?
L’eros come costruzione culturale
Da sempre l’eros accompagna la storia umana. In Grecia era forza cosmica, in Platone via alla conoscenza, nell’amor cortese una tensione spirituale irraggiungibile. Con la modernità, il desiderio si è progressivamente spostato dal sacro al consumo, dalla tensione alla gratificazione. Oggi, più che mai, l’eros si rivela come prodotto culturale, influenzato dai media, dalla tecnologia, dal mercato e dai rapporti di potere. Come sosteneva Michel Foucault, non esiste sessualità fuori dal discorso: ogni forma di desiderio è sempre anche un’espressione politica e sociale.
Amare a colpi di swipe
Le app di dating hanno trasformato l’incontro in una dinamica algoritmica. Tinder, Bumble, Grindr: piattaforme che promettono connessioni rapide, ma che spesso traducono il desiderio in un gioco di immagini e schede tecniche. Il corpo diventa profilo, e il desiderio una decisione binaria: like o skip. Da una parte, queste tecnologie aprono possibilità inedite, liberando molti dagli stereotipi di genere o dall’isolamento. Dall’altra, rischiano di appiattire l’eros in una logica di consumo, dove l’altro diventa oggetto da valutare, scartare, collezionare.
Il corpo trasparente e la pressione della performance
In un contesto dominato dalla visibilità, anche il corpo desiderante è sottoposto a una pressione costante. Byung-Chul Han, ne La società della trasparenza, ci avverte: viviamo in un’epoca in cui tutto deve essere mostrato, comunicato, condiviso. Il corpo non è più un luogo di mistero, ma una superficie da ottimizzare e rendere leggibile. Il desiderio diventa prestazione, branding, controllo. Il rischio è perdere quella zona d’ombra, di ambiguità, che rende l’eros un’esperienza unica, irriducibile e spesso irrappresentabile.
Leggi anche:
Byung-Chul Han: non è questa la Bellezza che salverà il mondo
Pornografia: specchio o gabbia del desiderio?
Non si può parlare di eros contemporaneo senza affrontare il nodo della pornografia. L’accesso immediato e illimitato a contenuti pornografici ha rivoluzionato la percezione del corpo e del piacere. La pornografia mainstream propone spesso modelli stereotipati e ipersemplificati, dove il corpo è ridotto a strumento, e il piacere a coreografia. Se da un lato essa può avere una funzione esplorativa, dall’altro rischia di diventare una grammatica univoca del desiderio, che educa – spesso inconsciamente – a un immaginario erotico violento, performativo, centrato sul dominio e sulla standardizzazione.
Leggi anche:
Quanto è cambiata (e quanto ci cambia) la pornografia
Alcune correnti, come il “post-porn” o la pornografia etica (es. Erika Lust), cercano di rimettere al centro la complessità del piacere, la soggettività, il consenso. Tuttavia, restano nicchie. Per molti giovani, la pornografia rappresenta la prima e principale forma di educazione sessuale – un dato che solleva interrogativi urgenti sul modo in cui si forma la nostra idea di intimità.
Leggi anche:
Da Stoya a Erika Lust: la nuova avanzata del porno intellettuale
Oltre la pornografia: educazione affettiva e alfabetizzazione erotica
In un mondo sovraesposto, l’eros ha bisogno di una nuova pedagogia. Serve un’educazione affettiva che insegni a distinguere tra rappresentazione e realtà, tra finzione e relazione. Serve un’alfabetizzazione erotica che restituisca complessità al desiderio, che lo liberi dalla logica binaria dell’“o tutto o niente”, che ridia spazio alla lentezza, all’ambiguità, all’imprevedibilità dell’incontro.
Recuperare il valore simbolico del corpo, del contatto, dello sguardo, significa restituire all’eros il suo potere rivoluzionario: quello di farci uscire da noi stessi, di metterci in gioco, di disinnescare le logiche del controllo e dell’efficienza.
L’eros come resistenza
In un’epoca in cui tutto è sorvegliato, misurato, ottimizzato, forse l’eros può ancora essere un atto di resistenza. Resistenza all’omologazione, alla standardizzazione, alla mercificazione delle relazioni. Desiderare — davvero — significa riconoscere l’alterità dell’altro, accettarne l’inaccessibilità, onorarne il mistero.
Il corpo, in fondo, non è solo ciò che si vede, ma ciò che significa. E desiderare non è solo voler possedere, ma essere disposti a lasciarsi toccare – anche dove non sappiamo dire.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!