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«Funny little fears»: la fragilità del “vero” Damiano David

Oltre all'etichetta di cantante dei Måneskin c'è dell'altro: il primo album da solista di Damiano David è sì pop, ma autentico. Dove lo porterà questo nuovo viaggio personale e musicale?

4 minuti di lettura

Il 16 maggio 2025 Damiano David ha debuttato come solista con l’album Funny Little Fears, segnando una svolta in chiave pop dopo il successo con i Måneskin che dalla vittoria di Sanremo fino a quella all’Eurovision avevano travolto il mondo della musica con ben altro genere. Questo progetto rappresenta un viaggio personale e musicale, ma anche una rottura con le sonorità precedenti.

La “non” svolta pop

Funny Little Fears significa “Piccole divertenti paure” e già da questo titolo si può comprendere il mood che abbraccia l’album: il tema centrale è infatti la vulnerabilità, la fragilità, per questo le paure sono “piccole” non nel senso di insignificanti o poco intense, bensì semplici, umane. L’album si compone di 14 tracce che spaziano tra pop melodico, ballate teatrali con qualche influenza soul. Il sound è molto attuale, fin dai produttori: produttori come Jason Evigan, Mark Schick, ma anche Noah Cyrus, che è la sorella di Miley Cyrus, per la quale Damiano David nutre una profonda ammirazione, già manifestata con la cover di Nothing Breaks Like A Heart. Tutti i produttori sono professionisti del pop che hanno prodotto artisti come Dua Lipa e Harry Styles. Quest’ultimo immediatamente è stato il termine di paragone quando Damiano David è uscito con Born with a broken heart, singolo tratto dall’album.

Quello che salta all’occhio subito è il “cambiamento” del cantante, quindi, con una “svolta” pop. Usare questo termine è tuttavia un po’ improprio. Non è sfuggito ai critici musicali più attenti e fiocca nelle recensioni la seguente considerazione: è vero che Damiano ha urlato che il rock non muore mai, è vero che si è cucito quest’immagine di frontman rock con tutte le varie polemiche del mondo su quanto fossero effettivamente rock i Måneskin, ma il cantante in realtà è sempre stato volto anche e soprattutto al mondo pop. Stiamo parlando di un cantante ancora giovane a cui è piombato tutto addosso in un secondo, ancora alla ricerca della sua dimensione e ora, probabilmente, l’ha trovata.

Piccole divertenti paure

La paura poco divertente in questo senso è quella di costruire davvero un album originale, che non sia una “furbata alla Harry Styles” per accaparrarsi consensi. All’inizio forse tutti lo abbiamo pensato: si sta dando al pop così vende. Eppure, alla luce di quanto abbiamo visto prima, sembra che Damiano David abbia proprio un’anima pop. Funny little fears è sorprendentemente autentico, infatti. Bisogna chiedersi se possa diventare se non memorabile, quantomeno non del tutto insignificante. Un pregio che hanno alcune canzoni, anche se non tutte. Se un prodotto è autentico, comunque, già ha fatto metà del lavoro. La fragilità manifestata soprattutto nelle ballad funziona, è assolutamente “pop” nel senso di alla moda e anche piuttosto mainstream, non c’è un’originalità prepotente, ma neppure un plagio di altri stili come molti hanno pensato.

L’identità di Damiano David sta soprattutto nella voce. In un’epoca in cui fioccano autotune ed effetti, bisogna ribadire una cosa per nulla scontata: Damiano sa cantare, e anche molto bene. La sua voce è versatile e si muove con disinvoltura verso diversi generi di canzoni. Dagli acuti più in falsetto fino al vocal fry, mutando attraverso la voce anche le intenzioni, dalla dolcezza alla rabbia, dalla tristezza alla resilienza. Trasmettere emozioni attraverso la tecnica vocale è forse il compito più complesso di un artista. Sick of Myself è l’esempio più emblematico di ballad ben riuscita nell’album: è struggente, romantica, ma mai stucchevole. Il brano sembra ispirato a Stop crying your heart out degli Oasis soprattutto per l’intro e la chitarra e mostra una sorta di “stile inglese”, non fosse per la pronuncia che comunque, pur essendo ottima, conferisce originalità all’esecuzione. La ballad è una dichiarazione di bisogno e fragilità nei confronti della persona amata, quando si è stanchi di sé serve una medicina, rappresentata da chi si ama.

La figura della persona che necessita di un’altra per colmare le proprie idiosincrasie è tipica delle ballad pop, già Damiano ne aveva cantato in The Loneliest e sono diversi gli esempi di canzoni pop che negli ultimi decenni hanno raccontato un amore del genere, ma Sick of Myself stupisce in quanto mostra una voce inedita del cantante, più delicata e toccante. Nell’album la persona amata è descritta come angelo (Angel), come “zombie” in Zombie Lady, che sembra quasi un brano tratto da un musical in stile Killers o Keane.

Dalle “voci” alla sperimentazione

La prima canzone, dal titolo Voices, apre l’album Funny little fears in maniera nostalgica, trattando il tema di una persona amata da lasciare andare. Molti ci hanno visto una sorta di richiamo all’addio alla band, tuttavia non sembra pertinente come collegamento in quanto la fragilità della persona che si espone in quest’album è data proprio da aspetti più astratti. Nel primo singolo rilasciato, Silverlines, invece avviene un climax costante che forse rappresenta il brano più personale dell’album: contiene tutto ciò che Damiano David sa fare bene, è una ballad ma ha anche aspetti più energici, il vocal fry. La voce è un elemento costitutivo di questo lavoro discografico, ma non l’unica. Sul piano dei contenuti, infatti, i temi sono esplorati in maniera come detto spesso emotiva e intensa, ma anche se il tono è molto spesso malinconico, ci sono tracce che esplorano con leggerezza, ironia e sperimentazione le paure. In questo senso l’ossimoro fra “Fears” e “Funny” del titolo dell’album è ancora più chiaro.

Il caso emblematico è Born with a broken heart, già citata per la somiglianza con lo stile di Harry Styles anche nel vestiario. Al netto dai gusti personali, Damiano David non è Harry Styles per tantissime ragioni, prime fra tutte il maggior controllo che ha della voce, la capacità di controllo che lo caratterizza, la pronuncia particolare dell’inglese. Forse specie nel video ufficiale è molto meno naturale, un italiano vestito da inglese, ma dal punto di vista musicale funziona parecchio, essendo anche un oomaggio al cinema classico di Hollywood, con riferimenti a film come La La Land e Singin’ in the Rain già nel video. La spensieratezza apparente di questo brano è agrodolce per la presenza della vulnerabilità come leitmotiv di tutto il disco.

Anche Tango ha un sound ricco e simile, che richiama i già citati Killers ma anche Elton John e Billy Joel, come altre canzoni dell’album è un crescendo in un viaggio emotivo fino a un ritornello potente e struggente. Sono tanti altri i brani da citare, ma il punto è sempre questo: Damiano David ha dato prova di grande versatilità offrendo una veste diversa, Funny little fears è prodotto e curato nei minimi dettagli, risulta autentico per certi aspetti e più commerciale per altri. Bisogna in qualche modo “perdonare” questo artista per non voler effettivamente più essere solo “Damiano dei Måneskin” e capire a lungo termine dove andrà a parare.

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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. È docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale e critica musicale. È autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti "Dipinti, brevi storie di fragilità"

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