fbpx
maneskin the loneliest

«The Loneliest» dei Måneskin è un testamento fatto di solitudine

«Sarai la parte di me che non sarà mai mia». Il nuovo singolo dei Måneskin racconta la solitudine di un testamento introspettivo. Simile alle classiche ballad pop

8 minuti di lettura

È uscito da pochi giorni il nuovo singolo dei Måneskin dal titolo The Loneliest. Come altri singoli scritti in inglese dalla band romana, presenta un testo estremamente semplice, dal lessico scarno, eppure queste caratteristiche all’apparenza negative si prestano bene alla tematica affrontata.

Abbiamo davanti l’ennesima ballad smielata? Forse, ma in questo caso The Loneliest sa toccare radici che dalla semplicità traggono il loro nutrimento. La rivista Louder Sound a proposito ha scritto che il singolo è «la realtà rock più in voga del mondo in questo momento, e il loro nuovo singolo, The Loneliest, una svolta più seria e molto più emozionante per la band».

Il testamento di «The Loneliest»

Oramai siamo allergici ai superlativi. “Il più solo” è un eccesso, un cedimento alla drammaticità, ma è un dramma necessario se parliamo della morte. Damiano David ha spiegato che il testo vuole essere un testamento, un dialogo con qualcuno in punto di morte, dove si è voluto mettere a nudo con tutte le sue fragilità. Se non vogliamo concepirla come una vera svolta più seria, potremmo in realtà dire che segue le orme della già drammatica ballad Coraline.

Lontano, sicuramente, dall’idea di testamento propriamente detta, che in musica ritrova grandi precedenti in altri generi – pensiamo a Leave out all the rest dei Linkin Park («quando sarà giunta la mia ora, dimentica le cose sbagliate che ho fatto, aiutami a lasciare indietro alcune ragioni per essere mancato») o a À tout le monde dei Megadeth («Mi piacerebbe stare con tutti voi, per favore sorridete quando pensate a me»).

Leggi anche:
Le allusioni erotiche nelle canzoni degli Oasis

La strofa di The Loneliest ha invece delle rime semplici e una struttura minimal, questo tipo di testamento è di gran lunga meno improntato al dialogo con gli altri, a lasciare davvero qualcosa all’esterno e riflettere filosoficamente su cosa comporti andar via. Non è un difetto, è un obiettivo diverso: la canzone è come un momento di sfogo, una pagina di diario, che volutamente si mantiene sullo stucchevole come sempre sono i nostri pensieri più intimi.

There's a few lines that I have wrote
In case of death, that's what I want, that's what I want
So don't be sad when I'll be gone
There's just one thing I hope you know, I loved you so. 

«The Loneliest» si inserisce nel terreno scivoloso delle ballad

Il brano fin dall’incipit fa entrare immediatamente dentro uno stile che ricorda le classiche ballad britanniche appartenenti più alla sfera pop che rock e popolari nell’ultimo periodo. Come, per esempio, Another love di Tom Odell, che racconta la storia di un ragazzo che è rimasto scottato e “infragilito” da una storia d’amore precedente.

Leggi anche:
«The lunatic is in my head»: talento musicale e caos

È in tal senso l’immagine della “fralezza” e sensibilità di un ragazzo che, contrariamente a quanto gli stereotipi di mascolinità tossica spesso mostrano, presenta delle difficoltà emotive. Il quadro umano di Odell è diventato popolare proprio per la sua naturalezza e verità. Allo stesso modo, qui sono le più profonde idiosincrasie dell’animo il tema fondante. Anche la struttura della canzone è simile: un climax che parte da una strofa quasi sussurrata fino a rivelare quasi gridando i demoni interiori di un io quasi lirico:

I wanna take you somewhere so you know I care
But it's so cold and I don't know where
I brought you daffodils on a pretty string
But they won't flower like they did last spring.

Amare una parte di sé che non appartiene

Il testo di The Loneliest è, tuttavia, molto confuso e probabilmente la cosa è voluta. È un dialogo con una persona che ricambia l’amore di chi parla? Sembrerebbe di no se si guarda l’inizio e il ritornello della canzone.

You'll be the saddest part of me
A part of me that will never be mine
It's obvious
Tonight is gonna be the loneliest
You're still the oxygen I breathe
I see your face when I close my eyes
It's torturous
Tonight is gonna be the loneliest.

Cosa significa «Sarai una parte di me che non sarà mai mia»? È a causa del fatto che il protagonista sta morendo, oppure rappresenta l’enorme distanza che comunque esiste tra noi e gli altri? Perché, anche se amiamo, sappiamo che è impossibile che qualcuno ci appartenga davvero. Oppure si tratta di una storia oramai terminata, in quanto a un certo punto nel brano si parla di ricordi, di cose pazze fatte insieme. Potremmo essere di fronte all’ennesima canzone post rottura?

And I just keep on thinking how you made me feel better
And all the crazy little things that we did together
In the end, in the end, it doesn't matter
If tonight is gonna be the loneliest.

L’amore che lascia libero

La risposta più emotivamente pregnante, che sembra coerente con quanto The Loneliest vuole esprimere, non appartiene a nessuna di queste opzioni. In realtà, probabilmente affermare che qualcuno sia una parte di noi che, paradossalmente, non ci appartiene, non è altro che la dimostrazione di amore meno egoista e più positivo possibile.

Leggi anche:
Malinconia: cosa dicono i cantautori?

Diceva Vivian Lamarque: «Con un filo d’oro, la vorrei a me legare, poi, come prova d’amore, la vorrei per sempre liberare». Allora la profondità del sentimento d’amore, che arriva in punto di morte al culmine della consapevolezza, è tale da accettare la solitudine nella tristezza e nella tortura (come si dice nel ritornello), portando con sé quella parte impossibile da cancellare.

Nel complesso, The Loneliest è una ballad normalissima, come ne esistono mille altre, con un assolo di chitarra che non toglie nulla ma aggiunge un piccolo sound che per qualcuno basterebbe – non a ragione però – a non parlare di pop. Tuttavia, il suo lavoro The Loneliest lo fa bene. Racconta una storia di sensibilità e crea la classica canzone che ascolteremmo nel momento di solitudine e malinconia, lontano da chi lasceremmo perfino andare per renderlo felice, colmi però della sua assenza sempre presente.

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!

Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!

Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. È docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale e critica musicale. Ha pubblicato un saggio su Oscar Wilde e la raccolta di racconti «Dipinti, brevi storie di fragilità».

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.