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Giornata Mondiale della Poesia 2019: le nostre scelte

6 minuti di lettura

Ogni anno, il 21 marzo l’Unesco celebra la Giornata Mondiale della Poesia: un’occasione per ricordare come la Poesia – e in generale l’Arte – svolga un ruolo-chiave nella costruzione del dialogo interculturale, della comunicazione e della Pace.

Posto che non sono possibili “classifiche” per giudicare la Bellezza che ogni Poesia racchiude, proponiamo le poesie che – secondo noi – non possono non essere ricordate in questa giornata e sempre.

Infinito, Giacomo Leopardi

Esattamente 200 anni fa, Giacomo Leopardi scriveva una delle poesie più conosciute della letteratura italiana: l’Infinito. Manifesto poetico e filosofico, vi proponiamo questo capolavoro nella toccante interpretazione di Elio Germano nel film Il giovane favoloso.

https://www.youtube.com/watch?v=jIvzQvi75rQ

O thou whose face hath felt the winter’s wind, John Keats

John Keats è considerato uno dei maggiori esponenti della poesia romantica inglese. Questa poesia, scritta il 19 febbraio 1818, è introdotta da una lettera all’amico Reynolds che dice:

«Non ho letto alcun libro – La Mattina dice che avevo ragione – Non avevo nessuna idea se non della Mattina, e il Torto dice che avevo ragione – e pareva dire ….

Oh tu, il cui volto ha patito il freddo invernale,
i cui occhi han visto nuvole di neve sospese nella nebbia
e le nere vette degli olmi tra le stelle di ghiaccio:
per te soltanto la primavera sarà tempo di raccolto.
Oh tu, il cui unico libro la luce è stata
dell’oscurità totale, di cui ti nutristi
notte dopo notte, quando Febo era lontano:
per te soltanto la primavera sarà tra volte mattino.
Oh, non tormentarti per sapere – non so nulla io,
pure nasce il mio canto spontaneo di calore;
oh, non tormentarti per sapere – non so nulla io,
pure la sera m’ascolta. Chi pensieroso
per il suo ozio s’attrista, non è ozioso,
e ben sveglio è chi pensa di dormire.»

Il Corvo, Edgar Allan Poe

Immergetevi nell’atmosfera gotica e spettrale che il maestro del giallo e del terrore Edgar Allan Poe ha preparato per noi, nel lontano 1845. Una poesia, quella de Il Corvo, che ancora oggi sa regalare un brivido a tutti gli amanti del genere.

In una notte di tempesta, un uomo è solo in una stanza, tormentato dal pensiero della sua amata, Lenora, morta prematuramente. Ad aumentare la sua angoscia, l’arrivo di un corvo che, entrato dalla finestra, gracchia un continuo «Mai più!». L’uomo, allora, già in preda ad uno stato di depressione, sprofonda ancor più nei più neri pensieri: potrà mai dimenticare Lenora? «Mai più». Potrà ricongiungersi a lei? «Mai più».

Un amore perduto per sempre, la solitudine, il dolore, l’incertezza. Tutto questo è destinato a non finire. Mai più.  

Il Corvo è entrato nell’immaginario collettivo e ha influenzato tutti i settori dell’arte, in modo particolare il cinema. Personaggio molto legato a Poe fu l’icona del cinema del brivido, Vincent Price che recitò questa poesia. Nessuno avrebbe potuto interpretarla meglio.

La mia Bohème (Ma Bohème), Arthur Rimbaud

La poesia è tra le più celebri del poeta-ragazzino Arthur Rimbaud (1854-1891). Si tratta di un inno alla libertà di carattere autobiografico, in cui Rimbaud rappresenta sé stesso come un «Pollicino sognante» che, immerso nella natura e senza obblighi di alcun tipo, sogna e «sgrana rime». La lirica riprende il tema tutto romantico del rapporto tra il poeta e la natura, ma contiene nello stesso tempo un elemento piuttosto innovativo: Rimbaud, infatti, sceglie di non rispettare la struttura rigida del sonetto francese (tradizionalmente formato da versi alessandrini, ovvero di dodici sillabe). La mia Bohème è dunque un inno alla libertà non solo sul piano dei contenuti, ma anche su quello della forma.

Riportiamo una traduzione italiana della poesia e un video in cui viene recitata in lingua originale: in fondo, quando si parla di poesie, qualunque traduzione, anche se ottima, sarà sempre un tradimento.

Me ne andavo, i pugni nelle tasche sfondate;
E anche il mio cappotto diventava ideale;
Andavo sotto il cielo, Musa! ed ero il tuo fedele;
Oh! quanti amori splendidi ho sognato!

I miei unici pantaloni avevano un largo squarcio.
Pollicino sognante, nella mia corsa sgranavo
Rime. La mia locanda era sull’Orsa Maggiore.
– Nel cielo le mie stelle facevano un dolce fru-fru

Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade
In quelle belle sere di settembre in cui sentivo gocce
Di rugiada sulla fronte, come un vino di vigore;

Oppure, rimando in mezzo a fantastiche ombre,
Come lire tiravo gli elastici
Delle mie scarpe ferite, un piede vicino al cuore!

Hanno contribuito: Azzurra Bergamo (The Raven, E.A. Poe), Francesca Cerutti (Ma Bohème, A. Rimbaud) e Sofia Fabrizi (O thou whose face hath felt the winter’s wind, J. Keats).

Redazione

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