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I vaccini tra paura e speranza | Il fatto della settimana

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1 minuto di lettura

Il vaccino è visto come una speranza, come l’unica via per uscire dalla più grande crisi economico-sanitaria degli ultimi decenni. Gli ultimi mesi sono stati una vera e propria corsa contro il tempo per lo studio e per portare avanti il più velocemente possibile le varie fasi di test ed elaborazione dei piani di vaccinazione nazionale. 

Dopo aver proceduto con la vaccinazione del personale sanitario e (solo parzialmente) degli over 80 con i vaccini Pfizer e Moderna, la fine della fase di sperimentazione e la diffusione del vaccino AstraZeneca ha allargato la platea della popolazione vaccinabile. Sono state privilegiate le categorie del personale scolastico, del personale militare e delle forze dell’ordine. Nei primi giorni di diffusione del vaccino nei paesi europei, però, si sono verificati diversi casi di trombosi e alcuni decessi nei giorni successivi alla somministrazione. Il verificarsi di tali casi e il conseguente riverbero mediatico ha aperto una vera e propria crisi politico-scientifica. 

Il crescente allarmismo ha portato a uno stop delle somministrazione del preparato di Oxford con un coinvolgimento delle autorità competenti per un’ulteriore verifica della validità e del nesso di causalità tra la somministrazione dei vaccini e i casi verificatisi. Lo scetticismo della comunità scientifica è stato confermato dall’EMA che, lo scorso 18 marzo ha comunicato l’assenza di causalità tra il vaccino e i casi di trombosi o le morti verificatesi. Riparte quindi la vaccinazione anche con AstraZeneca. Le incognite sul piano vaccini però restano e non sono poche: la comunità scientifica si chiede – ad esempio – se il ritardo dovuto al recente stop e la diffidenza della popolazione sulla vaccinazione ritarderanno (e di quanto) il piano pensato con un solo obiettivo: la salute globale.

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Redazione

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