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Italian Thought: la filosofia dell’intreccio tra vita e politica

10 minuti di lettura

Sul finire degli anni Sessanta si ufficializza in Italia l’esistenza di un nuovo vettore di pensiero che sposta l’attenzione dalla “decostruzione” della French Theory verso l’interesse per l’intreccio tra la dimensione della vita e quella della politica. Dalle dinamiche politiche dei primi anni Sessanta – in modo particolare quelle del movimento operaista – si inizia a manifestare una maggiore attenzione alle strutture “post-statali”, inducendo alla nascita dell’Italian Thought. Il “pensiero italiano” esplora il dialogo vita-politica, propulsore delle intuizioni biopolitiche di Michel Foucault. Comun denominatore dei pensatori dell’Italian Theory è la volontà di ri-pensare la politica a partire dalle influenze degli studi foucaultiani. 

Nella filosofia italiana Remo Bodei ha rilevato una sorta di “impurità”, poiché essa «non ha accettato la trasposizione meccanica dei modelli scelti dai vincitori» [1]. Ciò che è maggiormente importante, però, è che la filosofia italiana non separa la teoria dalla praxis, in quanto fa riferimento alle forze vive all’interno della realtà storica. A questo aspetto se ne lega un altro messo in luce da Roberto Esposito che evince come la tradizione italiana si sia da sempre focalizzata sulla storicizzazione del non storico, tentando di governare la vita.

Italian Thought: Roberto Esposito "padre fondatore" dell'Italian Theory
Roberto Esposito foto di Riccardo Siano. Fonte: la Repubblica

Teologia-politica e teologia-economica nell’Italian Thought

L’Italian Thought presenta diversi paradigmi che si oppongono a quello sovrano, decostruendolo; da un lato si serve del paradigma biopolitico, dall’altro della critica alla teologia-politica. Quest’ultima dimostra come l’ordine politico, costruendosi “a-teologicamente” attraverso le forme arcaiche disciplinate dalle funzioni, abbia bisogno della teologia. Anche in Foucault è l’economia del governo a produrre un ordine di tipo teologico, legittimandone le funzioni. Ne risulta che l’apparato teologico rispecchia le esigenze disciplinari della società [2] ma, nell’attuale crisi del potere di negoziazione, pare esser forte la tentazione di riallacciare il paradigma teologico-politico con la teologia-economica segnata dal debito che origina la colpa.

Questo processo che è biopolitico-bioeconomico, in quanto investe la forma di vita, non può essere pensato che in vista di spezzare il legame che unisce vita e debito, la “malattia radicale dell’umano”. […] Il nesso della teologia con la sfera economica svela, in ogni caso, le pratiche di controllo capitalista dentro quelle ascetiche di prestazione e dentro quelle di consumo-godimento [3].

Nel paradigma della teologia-economica, l’economia emerge come funzione organizzativa che si estende alla vita. La riflessione sulla teologia-politica è, nel pensiero italiano, una significativa chiave per leggere il presente: «rappresenta il tentativo di controbilanciare un potere che inizia a essere insostenibile, di rispondere politicamente allo strapotere dell’economia, ma finisce per essere funzionale alla governamentalità neoliberale» [4]. 

Giorgio Agamben sostiene che dalla teologia cristiana sono emersi due paradigmi che, confluendo, hanno prodotto il governo delle nostre società: la teologia-politica genera il potere sovrano, mentre la teologia-economica il governo amministrativo. Il potere sovrano, però, come messo in luce da Roberto Esposito, non segna la fine della teologia-politica, ma il suo culmine attraverso il rapporto inclusione/esclusione [5]. Il tentativo del pensiero italiano, pertanto, è proprio quello di una fuoriuscita dalla teologia-politica.

Il paradigma della secolarizzazione in Giorgio Agamben

In molti dei suoi testi, Agamben si riferisce al pensiero teologico cristiano rinvenendo elementi secolarizzati che riemergono nella modernità. Con il termine “secolarizzazione” si intende il tentativo di istituire una sorta di legame tra passato e presente che è reso possibile dalla svolta moderna. Già Carl Schmitt aveva affermato che «tutti concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati» [6].

Dalla teologia cristiana derivano due paradigmi: la teologia politica, che fonda nell’unico Dio la trascendenza del potere sovrano, e la teologia economica, che sostituisce a quest’idea di un’oikonomia, concepita come un ordine immanente – domestico e non politico in senso stretto – tanto della vita divina che di quella umana. Dal primo, derivano la filosofia politica e la teoria moderna della sovranità; dal secondo, la biopolitica moderna fino all’attuale trionfo dell’economia e del governo su ogni aspetto della vita sociale [7].

Tale teologia economica, per Agamben, permette di interpretare il potere esercitato dalle attuali democrazie attraverso il dispositivo teologico della Gloria. La dimensione religiosa e politica del potere comunicano attraverso la Gloria, soglia mediante la quale il religioso trapassa in politico e viceversa. La teologia-politica e la teologia-economia, allora, agiscono a partire da un meccanismo di glorificazione che occupa il vuoto. Come nota Agamben, è proprio questo vuoto a costituire il nucleo originario e arcaico del potere, permettendo che il religioso, il politico e l’economico si trasformino silenziosamente l’uno nell’altro sino a risultare indistinguibili.ù

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L’oikonomia ricopre qui un ruolo fondamentale, in quanto rappresenta quella prassi slegata dall’essere che permette la conciliazione fra l’operoso e l’inoperoso; la teologia cristiana, pertanto, secondo Agamben, pone le basi per «conciliare la trascendenza di Dio con la creazione del mondo» [8]. In questo modo, il paradigma gestionale-amministrativo e quello teologico-escatologico confluiscono nel concetto del termine oikonomia, intesa come tecnica di gestione del consenso da parte del potere.

Gloria e biopolitica

La teologia-politica continua ad animare il dibattito filosofico ed è l’Italian Thought a denunciare le modalità attraverso le quali lo Stato disciplina l’utilizzo dei corpi umani per dar forma a modelli atti alla comprensione delle istituzioni sia politiche che giuridiche del nostro presente.

La sfera della gloria non scompare nelle democrazie moderne, ma si sposta semplicemente in un altro ambito, quello dell’opinione pubblica. […] Ciò che restava un tempo confinato nelle sfere della liturgia e dei cerimoniali si concentra nei media e, insieme, attraverso di essi, si diffonde e penetra in ogni istante e in ogni ambito, tanto pubblico che privato, della società. La democrazia contemporanea è una democrazia integralmente fondata sulla gloria, cioè sull’efficacia dell’acclamazione, moltiplicata e disseminata dai media al di là di ogni immaginazione [9].

La teologia-politica guarda alla trascendenza divina e ai modi con cui questa si manifesta sul mondo, dando a quest’ultimo un ordine; la teologia-economica, invece, si estende sul piano immanente del governo delle realtà mondane da gestire e da amministrare. Di fatto, la sfera economica nasce in relazione alla concezione che hanno gli esseri umani del mondo, inteso come spazio da governare, poiché la realtà immanente si compone di beni – delegati da un “padrone” –  che devono essere gestiti.

È nel dispositivo della Gloria che si articolano bìos e zoé, fino ad assoggettarsi al dispositivo del potere che ha necessità di altri dispositivi che amministrino la gloria, i linguaggi: la democrazia stessa è ingabbiata all’interno di meccanismi che ne rivelano la spettacolarità. 

Paola Puggioni      

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Bibliografia

[1] R. Bodei, Una filosofia della ragione impura: il pensiero italiano, in Effetto Italian Thought, a cura di E. Lisciani-Petrini e G. Strummiello, Quodlibet, Macerata, 2017, cit., p. 59.
[2] G. Marramao, Che cos’è l’Italian Theory?, in «Lo Sguardo», n. 15, 2014, p. 18
[3] L. Bazzicalupo, Credito e teologia economica, 2017, cit., p. 133.
[4] D. Gentili, Che cos’è l’Italian Theory?, 2014, cit., p. 18.
[5] R. Esposito, intervento presentato al convegno internazionale: L’Italian Theory existe-t- elle?/Does Italian Theory exist?, Université Paris Ouest Nanterre La Défense/Université Paris-Sorbonne, 24-25 gennaio 2014.
[6] C. Schmitt, Le categorie del «politico», a cura di G. Miglio e P. Schiera, Il Mulino, Bologna 1972, cit., p. 61.
[7] G. Agamben, Il Regno e la Gloria, Bollati-Boringhieri, Torino, 2009, cit., p. 13.
[8] Ivi, cit., p. 57.
[9] Ivi, cit., pp. 279-280.

Redazione

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