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La Terra – tra guerra e armonia

Lo scontro che nasce dall'incontro, la guerra che nasce dalla terra: il frutto del «polemos» è un'armonia tra le parti.

7 minuti di lettura

Il mondo è mosso da opposti. Gli opposti non sono però qualcosa di impenetrabile e assolutamente contrastante, infatti se noi riflettiamo sulle possibilità che questa parola apre, ci troviamo di fronte alla duplicità in lotta – una danza tellurica tra ciò che è superficie e ciò che è profondità. La parola opposto ci delinea quindi non solo l’agone generativo dell’identità delle cose, ma ci pone d’innanzi agli occhi una triplice realtà in grado di riposizionare e rivalutare i fatti, gli eventi, le cose che compongono il mondo. Questa terza realtà è ciò che noi possiamo definire come sezione armonica. È prodotto, sintesi, del processo di incontro di due realtà diverse e differenti. Se riflettiamo semanticamente su questi due termini, diverso e differente, ci rendiamo conto che indicano uno la non uguaglianza di direzione, l’altro la non uguaglianza di disposizione delle caratteristiche che rendono una cosa ciò che è.

L’incontro genera quindi un polemos, usando un termine tanto caro alla filosofia eraclitea,  e solamente da questo può nascere la terza dimensione, quella dell’armonia.

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Un esempio calzante e pragmatico di questa problematica ce lo porta il confine.

Se noi riflettiamo sul significato della parola confine questo ci suggerisce subito la sua essenza primaria e cioè essere quel punto di contatto dove due realtà hanno fine comune, con-fine. È il punto dove si in-contrano, si fanno una contro l’altra.

Le realtà hanno dunque dei perimetri, fisici o meta-fisici, che le pongono in frontiera, una di fronte all’altra in aperto con-fronto.

Le guerre di trincea ci dimostrano questa cosa facendo risultare lo scontro tra due forze come un qualcosa di polemico che tende alla sintesi. A secondo della quantità e della qualità di forza impiegata da uno dei due schieramenti allora noi ci troveremo ad osservare un potenza dominatrice sull’altra. Ma il dominio non è mai totale, come ci insegnano le filosofie orientali, è sempre la capacità di una parte di sopraffare l’altra al fine di conseguire una possibilità di manifestazione continuata della propria potenza.

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Queste potenze hanno un’origine tellurica, sono la continu-azione di queste forze originarie che si dispiegano e manifestano in ambiti differenti e diversi.

Lo s-contro nasce quindi dall’in-contro tra realtà potenziali non identiche che sviluppano la loro tensione armonica in maniera continuativa fino al punto che una di queste non superi la linea, il confine. Da questo punto in avanti ognuna delle due forze in campo ha un compito  – dinamico – e cioè quello di cercare di rendere le proprie caratteristiche superiori a quelle dell’altra. La forza motrice di tutto questo ha quindi un carattere non solo quantitativo, ma anche pro positivamente qualitativo. Infatti anche la forza più cieca ha qualità che possono far rompere gli equilibri o ribaltare le sorti di uno scontro che alle volte sembrano già decise, ma le qualità di una forza – le sue caratteristiche – sono ciò che fanno permanere qualcosa di essa dopo la trasformazione.

L’agone ha come verità propria quindi la tensione alla continua armonia, perché come abbiamo capito il frutto del polemos è un’armonia – non per forza bilanciata – tra le parti.

Ogni parte in gioco in uno scontro cerca di estrinsecare quella forza di verità che è la libertà, cioè la possibilità di esercitare e far crescere le proprie qualità.

Su ogni linea di confine noi vediamo quindi in campo la bandiera per la libertà, in ogni passaggio che noi attraversiamo incontriamo delle forze che danzano tra di loro, dalle quali siamo toccati tanto da partecipare anche noi, volenti o nolenti a questa battaglia.

Dalla terra – Gea – nasce quindi la guerra – Ares – e dalla guerra la libertà – Armonia – che è il frutto poetico della de-cisione tra le cose e le realtà. Nella lotta e nella violenza c’è sempre armonia che questa risulti evidente o meno, sono gli occhi a fare di noi degli osservatori più acuti o meno. Nel nostro desiderio di osservare a fondo o meno le parti danzanti, noi troviamo la verità e solo indagando le profondità della terra e della sua armonia libertaria possiamo riconoscere la bellezza delle forze in campo. È necessaria quindi un’indagine geo-filosofica, in quanto è solo tramite questa che possiamo individuare, attraverso il linguaggio simbolico, i filoni d’oro della verità del mondo seguendo di volta in volta la stratificazione della verità. Lo sguardo geo-filosofico indaga le profondità e le origini simboliche di ogni pensiero sviluppatosi nella storia e incarnatosi, nella cultura e nelle modificazioni che questa ha portato nel mondo.

Un pensiero della terra è fondamentale in un’epoca in cui le classiche basi del pensiero, riassunte nello spazio e nel tempo, vengono meno e sia il logos che il nomos entrano in crisi. Compito quindi di ogni pensiero radicato è quello di preparare, attraverso una riflessione storico-culturale, il futuro gioco tra parti armoniche che andranno a scontrarsi. La filosofia futura deve prepararsi attraverso le idee e la storia per poter pronunciare la propria verità nell’ordine cosmico che si sta costituendo nel continuo divenire.

 

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Redazione

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