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“Laboratorio della vagina”:
quando l’arte riesce a dialogare
con l’anatomia femminile

8 minuti di lettura

Il confine tra liceità o meno di un’immagine è stato uno dei grandi argomenti dell’800 e del ‘900: questo confine si fa sempre più sottile se mettiamo a nudo – nel vero senso della parola – l’anatomia femminile.

Forse è la società stessa in cui viviamo, nel corso della sua storia, ad aver reso la nudità femminile un’immagine ardua, incerta e rischiosa da rappresentare. Forse cinquant’anni di femminismo non sono bastati, c’è ancora parecchia strada da fare e molti pregiudizi da sdoganare: forse la via contro questi preconcetti è proprio il campo artistico, quel luogo in cui la grande varietà della corporalità e dell’anatomia femminile, trova il giusto spazio per trasparire.

Si crea così un filo conduttore che richiama l’attenzione di un grande numero e di una grande varietà di artisti e scrittori: dai pittori dell’Ottocento, fino ai poeti, fotografi e installation artists odierni.

Nell’Ottocento le ragazze che imparavano a raggiungere l’orgasmo con la masturbazione erano considerate casi clinici curabili solo con la clitoridectomia, la cui ultima testimonianza risale al 1948. Qualche anno più tardi, intorno al 1995, L’Enciclopedia dei miti e dei segreti delle donne, scritto da Barbara G. Walken, porta con sé storie diverse: la scrittrice, riscrivendo i grandi miti della storia, mostra la femminilità e il suo uso quanto siano cambiate, fino a impostare una visione della donna universale e atemporale, collocata al di fuori dalla storia.

Che oggi si possa liberamente parlare di vagina è un’affermazione alquanto azzardata. Non possiamo fare paragoni con la visione ottocentesca, ma è anche vero che la contemporanea società delle immagini cerca di vietare, o quanto meno velare, tutto ciò che riguarda la fisicità: dal rapporto che si ha con la masturbazione, ai rapporti di coppia e alla cosiddetta libertà sessuale, anche quando si tratta di una resa puramente artistica. Oggi sono moltissime le donne a sentirsi in stato di ansia verso il proprio aspetto genitale: pregiudizi e ipocrisie che, grazie all’arte, riescono a diventare punti forti.

«La mia vagina è una conchiglia, una tenera conchiglia rotonda, che si apre e si chiude. La mia vagina è un fiore, un tulipano eccentrico, dal centro acuto e profondo, il profumo tenue, i petali delicati ma robusti». 
Eve Ensler,Dialoghi della Vagina

Proprio in questo punto possiamo collocare il tributo alla scrittrice Eve Ensler e ai suoi Dialoghi della Vagina, interpretati liberamente del fotografo australiano Philip Werner con il suo 101 Women and 101 Stories. Nella prefazione del libro si legge che «questo è coraggio puro, non adatto per i deboli di cuori» dalla penna di Toni Child, cantautrice, narratrice e artista americana.

101 Women and 101 Stories © Philip Werner project
101 Women and 101 Stories © Philip Werner project

Audace, provocatorio e controverso, esso viene descritto letteralmente come il libro della nostra prima casa («the book about our first home»). 101 fotografie in bianco e nero, corredate da altrettante storie e commenti di donne che vanno dai 18 ai 78 anni. Vulve nude, crude su corpi giovani e vecchi, un lavoro che diventa una miscela di emozioni, trepidazione e fascino, di cui la società moderna fa ancora fatica a guardare in modo sobrio, senza sobbalzare dalla sedia. Vagine viste come enti perfettamente individuali, distinte e schiette, in una sorta di genuina autenticità.

Anche di fronte al lavoro contemporaneo dell’artista inglese Jamie McCartney, The Great Wall of Vagina, c’è un’idea di corpo femminile che può – e deve, secondo l’autore – essere modificata attraverso l’arte. McCartney omaggia L’origine del mondo di Gustave Courbet in tutto e per tutto: la sua fisicità, l’uso sapiente delle tonalità e la realizzazione di un disegno che tende alla perfezione.

courbet origine del mondo
Clicca sull’immagine per vedere la versione senza censura

Nell’opera di Courbet, datata 1866, i genitali femminili appaiono carichi di una forza espressiva mai vista prima: un realismo dettagliato che diventa schiettezza dipinta su tela, il lavoro finale appare quasi come un’immagine fotografica. La sua modella Jo Hifferman, viene volutamente privata dell’espressività del volto per mettere in gioco, in modo brusco, l’idea della duplicità del nudo nella cultura europea. Se Courbet è il primo a farlo, McCartney riesce a mostrare, con rara ed elegante perizia, che “non tutte le vagine sono uguali”.

«Vulve e labbra sono così diverse, come i volti e le impronte digitali, e molte persone, in particolare le donne, non sembrano saperlo». 
Jamie McCartney

The Great Wall Of Vagina © Jamie McCartney
The Great Wall Of Vagina © Jamie McCartney

Il suo progetto non è solo un modo per attirare l’attenzione: è arte che diventa coscienza sociale, con l’uso dell’umorismo e dello spettacolo; nasce per  educare le persone a ciò che significa realmente essere donna, senza l’uso della chirurgia estetica in grado di rendere ogni corpo una brutta copia di un altro. Vulve e labbra diventano 400 calchi di gesso proprio per combattere l’aumento esponenziale di interventi chirurgici labiali.

«Questa nuova moda: la creazione di vagine ‘perfette’ imposta una tendenza preoccupante per le generazioni future di donne, sempre più disposte a rassomigliarsi anche nell’intimità. Nel mio lavoro c’è spettacolo ed educazione, perché la conoscenza sia la libertà verso l’ansia verso i propri apparati genitali. Un urlo libero».
Jamie McCartney

Le “rappresentazioni vaginali” in chiave artistica, controverse e dibattute in ogni epoca, sembrano dare un nuovo senso alla libertà, mentre i falsi pudori vengono indeboliti: la vagina, proprio come simbolo di liberazione, viene ritratta o scolpita, fotografata e dipinta, scostandosi dal timore della scoperta, o riscoperta, della naturale differenza e unicità che distingue ogni corpo. 

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Fausta Riva

Fausta Riva nasce in Brianza nel 1990.
Geografa di formazione(Geography L-6) poi specializzata in fotografia al cfp Bauer.
Oggi collabora con agenzie fotografiche e lavora come freelance nel mondo della comunicazione visiva.
Fausta Riva nasce sognatrice, esploratrice dell’ordinario. Ama le poesie, ama perdersi e lasciarsi ispirare.

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