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Sei libri (belli) di filosofia da leggere durante le vacanze

La filosofia vive nell'indecisione, naviga nel mare del possibile, vede le sponde della terraferma solo da lontano, come in sogno. Ecco sei libri da leggere, da regalare o per rimanere un po' nel sogno durante queste vacanze

11 minuti di lettura

Alle pur necessarie «liste dei migliori», che forniscono una guida al gusto e danno il via al lungo lavorio del canone, si accompagnano a fine anno le selezioni di chi, per vizio o per virtù, non è capace di decidersi. Ma, è cosa nota: la filosofia vive nell’indecisione, naviga nel mare del possibile, vede le sponde della terraferma solo da lontano, come in sogno. E forse questi libri sono un modo per restarci nel sogno, consci, come Borges, che, al contrario della realtà, la metafisica non annoia, mai. Ecco sei libri di filosofia da leggere, da regalare o per rimanere un po’ nel sogno durante queste vacanze.

Byung-Chul Han, «La salvezza del bello» (Einaudi)

Il filosofo coreano Byung-Chul Han è conosciuto come uno dei più aspri critici del neoliberismo e delle sue conseguenze sociali, politiche, tecnologiche. La salvezza del bello è un testo che scegliamo di consigliarvi per due ragioni. Innanzitutto perché, benché le posizioni espresse siano figlie di una radicalità di pensiero spesso tratteggiata come pessimista – catastrofica? -, queste vengono sagacemente caldeggiate da una penna sempre limpida e scorrevole, che senza manierismi o esercizi di salto in alto sviscera in modo semplice e conciso nodi concettuali parecchio controversi e dalle criticità non trascurabili. In secondo luogo perché ripercorrendo criticamente le tappe fondamentali della riflessione estetica europea sul bello dagli albori ad oggi, Han ci invita a ripensare il nostro modo contemporaneo di guardare, fare e creare bellezza, tratteggiando un interrogativo filosofico di carattere universale, pertanto sondabile anche dai non addetti ai lavori: è davvero questa la Bellezza che salverà il mondo? O è forse necessario dapprima trarla in salvo dalle logiche utilitaristiche e consumistiche dell’età capitalistica per abbracciare, in tutta la loro autenticità e profondità, il messaggio e la redenzione offertici dalla sua grazia?

Libro scelto da Sara Campisi

Stendhal, «Dell’amore» (Garzanti)

Un saggio interamente sull’amore è cosa rara in cui imbattersi, soprattutto se di stampo filosofico. Il testo di Henri Beyle, in arte Stendhal, è uno di questi. Egli stesso lo definisce un libro di «ideologia», con l’intenzione di presentare tale opera non come un romanzo, ma piuttosto con le sembianze di un vero e proprio trattato di filosofia. La parola «ideologia» non deve però trarre in inganno. Qui è impiegata solamente come mezzo per presentare il fine a cui mira il libro: una descrizione particolareggiata di tutti i sentimenti che costituiscono la passione chiamata «amore». Si potrebbe parlare, con le dovute riserve, di una genealogia riguardante la passione amorosa, di cui la mutevolezza e l’instabilità si rispecchiano nella struttura compositiva del libro, senza però, mostrare confusione o disordine espositivo. Allo stesso tempo non si può non essere travolti dall’attualità dei pensieri presentati. Ogni pagina è ricca di immagini e osservazioni, che, anche se macchiate di un velato soggettivismo, regalano molto su cui riflettere ad ogni innamorato dei nostri giorni e di qualsiasi epoca. Infine, sembra doveroso chiarire il motivo per cui leggere questo coraggioso trattato: «[…] l’amore è la più forte delle passioni. Nelle altre i desideri devono adattarsi alle fredde realtà; qui, le realtà stesse s’affrettano a modellarsi sui desideri.»

Libro scelto da Raffaele Vallorani

Herbert Marcuse, «L’uomo a una dimensione» (Einaudi)

In uno dei manifesti ideologici del ’68, il professor Marcuse tenta di mostrare l’irrazionalità che si nasconde dietro la presunta logicità della società capitalistica. Con la maschera dell’innegabile benessere economico la società industriale cela il suo volto più perverso, espresso come limitazione delle facoltà umane e conquista di una libertà fittizia. Ma la sua azione repressiva non si ripercuote solo sulle prospettive concrete e già attualizzate: è nella capacità di contenimento tanto dell’immaginazione quanto della realizzazione di possibili alternative storiche che la società capitalistica si autoproclama solo ed unico orizzonte possibile di senso. È in quest’accezione che Marcuse, seppur con un ottimismo in parte affievolito, torna a denunciare con grande energia la totale assenza di pensiero dialettico cui la società ci abitua. L’orizzonte che ci si apre davanti appare fisso e immutabile pur nel suo repentino dinamismo e le possibilità di una rivoluzione autentica nel mondo della vita sembrano quanto mai occluse. In questa ristrettezza si precisa il senso ultimo dell’unidimensionalità cui sono dedicate le riflessioni di Marcuse.

Libro scelto da Lorenzo de Benedictis

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Georges Didi-Huberman, «Ex voto» (Raffaello Cortina)

C’è un artefatto che nella sua «insensibilità formale a ogni affermazione di stile», incorpora una matassa di storie segrete; un filo antropologico si annoda a un filo religioso, e questo al filo dell’arte, il quale s’avvita alla temporalità popolare. Nonostante alcune sue caratteristiche risalgano già al paleolitico superiore, quando accumulavamo le impronte delle mani su pareti cultuali, quest’artefatto ha resistito al tempo, è trapassato nelle religioni antiche, trasferendosi poi nel Cristianesimo, giungendo infine fino a noi, trovando dimora nella religiosità popolare. È la storia degli ex voto, ovvero degli oggetti votivi, manufatti in cera, legno, metallo o pietra rassomiglianti a un arto, a un polmone, a un seno, a una bocca, in breve a qualsiasi organo malato che si vorrebbe curare, e donati a una divinità per ringraziarla dell’intercessione oppure per ingraziarsela e favorire un suo intervento medico-salvifico. Georges Didi-Huberman presenta in Ex voto, un agile libello, corredato di un ampio apparato iconografico, la struttura antropologica di questa millenaria pratica e ne percorre la storia trascurata, interrogandosi sul luogo che l’oggetto votivo può occupare nella linea selettiva della storia dell’arte.

Libro scelto da Mattia Brambilla

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bell hooks, «Il femminismo è per tutti. Una politica appassionata» (Tamu)

bell hooks ci offre un piccolo manuale da poter porgere nelle mani di tutti coloro che ci dicono che femminismo significa «odiare gli uomini» o «smettere di depilarsi». Un volume tascabile che parla del pensiero, della pratica e della politica femminista, chiarendo una volta per tutte che femminismo significa lotta contro il sistema patriarcale e sessista. Tutt* possiamo essere femministi e tutt* possiamo essere sessisti. Il testo non è solo un elogio al femminismo ma anche un reminder di tutte le volte che il movimento ha tradito i suoi stessi principi. Si parla di white feminism, di femminismo mainstream, dell’interiorizzazione del patriarcato, una critica interna oltre che esterna, volta a ripercorrere la storia e i risvolti ideologici del femminismo. Un’introduzione al femminismo intersezionale e all’idea che diversi sistemi di potere rafforzino l’oppressione tramite l’idealizzazione di valori e caratteristiche culturali. hooks ci invita a sviluppare un pensiero critico sulla nostra società, a partecipare alla lotta dei margini, a credere in un movimento che ha come scopo la vera liberazione.

Libro scelto da Rachele Scardamaglia

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Christopher Bollas, «Tre caratteri: narcisista, borderline, maniaco-depressivo» (Raffaello Cortina)

Piccolo e denso capolavoro contemporaneo, Tre caratteri: narcisista, borderline, maniaco-depressivo di Christopher Bollas (2022) racchiude le trascrizioni di conferenze tenute presso il Chicago Workshop (1991-2007) e alla Arild Conference (1983-2010), rivolte a clinici. Con lo stile chiaro e avvincente che ha contribuito alla fortuna di uno dei più famosi psicoanalisti viventi, l’autore tratteggia i profili di tre caratteri che bordano o sfondano il confine della follia, forme di vita allo stesso tempo affascinanti e controverse, tentativi estremi di affrontare, attraverso una ripetizione disfunzionale, il macigno del dolore mentale. Alla fine degli interventi, veri condensati delle maggiori teorie psicoanalitiche post-freudiane e di immagini e metafore suggestive, l’autore propone addirittura un’assiomatica di questi caratteri, a mostrare, per sottrazione, la loro struttura essenziale. Un viaggio semplice e complesso allo stesso tempo, al termine di tre specifiche notti della mente. 

Libro scelto da Mattia Giordano

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Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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