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L’Occidente ha fallito?

7 minuti di lettura
Non abbiamo paura - © Stephen Lam - Le Temps
Non abbiamo paura – © Stephen Lam – Le Temps

Riceviamo e pubblichiamo con piacere la riflessione di un nostro lettore in merito ai drammatici fatti di Parigi degli scorsi giorni:

Ciò che colpisce davvero nel profondo la coscienza di ciascuno, degli attentati di Parigi, non è solo la crudeltà insensata, feroce, abietta perché rivolta contro innocenti inermi, di questa violenza a sfondo “ridicolmente ” religioso, ma la sensazione di completo spaesamento che si prova quando, all’improvviso, la violenza irrompe, inaspettata e, forse, per la maggior parte di noi, del tutto inconcepibile, nella routine delle nostre giornate.

Abituati come siamo a vivere in società laiche, profondamente secolarizzate, in cui la “civiltà” del diritto ha creato un sistema politico, istituzionale, ispirati al riconoscimento di fondamentali ed irrinunciabili diritti di libertà, di pensiero, di parola, di manifestazione, di credo religioso, di orientamento sessuale, al compiersi di atti così brutali e così gratuiti, oltre che inefficaci, ci ritroviamo sopraffatti da un doppio trauma.

Il trauma emotivo di chi assiste, senza alcuna possibilità di sottrarvisi, all’uccisione di persone innocenti che hanno avuto solo la sfortuna di trovarsi in un determinato luogo, un certo giorno, senza che sia possibile rintracciare nel percorso delle loro vite, alcun elemento che possa rendere plausibile la tragedia del loro destino.

Persone che per età, formazione culturale, percorso esistenziale, non avrebbero potuto essere più distanti dalle ragioni di chi ha tolto loro la vita.

Ma c’è di più.

Almeno tre dei terroristi che hanno scatenato il panico a Parigi lo scorso venerdì erano cittadini francese, di età inferiore a trent’anni.

Ossia era cittadino, magari di “serie b”, di un Paese di grande cultura, tanto da avere dato i natali all’illuminismo, su cui tutto l’occidente fonda la propria esistenza, cittadino, dicevo, di una nazione ricca, moderna,profondamente laica, dotata di un sistema scolastico, sanitario, di assistenza sociale e pensionistico decenti.

È fuori dubbio che anche la Francia abbia la sua dose di problemi sociali, anche rilevanti: il fenomeno delle banlieu è sotto gli occhi di tutti da molti anni.

Ma la tentazione di pensare che, se un Paese con queste caratteristiche, ad un certo punto si ritrova con alcuni dei propri cittadini che imbracciano le armi o si imbottiscono di esplosivo per uccidere indiscriminatamente, quante più persone possibile, ci sia qualche cosa che ha fallito, nella formazione dei propri cittadini e nella crescita di una coscienza civile ispirata a valori di uguaglianza e soprattutto di libertà nei quali tutti dovrebbero riconoscersi, è forte.

Le cosiddette società occidentali, sono ancora capaci di guardarsi allo specchio per interrogarsi sul proprio stato di salute?

Sono davvero capaci di fare scelte radicali per correggere le diseguaglianze?

Sono cioè capaci, semmai lo siano davvero state, di chiedersi se la direzione che hanno preso nel proprio sviluppo sia quella giusta per rendere il benessere diffuso, la cultura accessibile a tutti come precondizione per una esistenza minimamente consapevole e dignitosa ?

Oppure, queste, ormai, sono solo questioni per le quali escogitare argomentazioni retoriche efficacemente persuasive in vista di campagne elettorali da vincere, senza che sotto ci sia una reale volontà di compiere scelte che portino a scardinare logiche di creazione della ricchezza alle quali di solito non seguono mai logiche finalizzate alla sua intelligente distribuzione ?

E ancora, questo davvero potrebbe bastare ?

E qui, forse, sta il punto.

A mio modesto avviso, noi tutti che assistiamo, giustamente scioccati, al dispiegarsi di questa violenza omicida, abbiamo dimenticato che in ognuno di noi alberga la follia, intesa come il recesso più profondo, oscuro, imprevedibile e in grado di sfuggire alla razionalità, per come la conosciamo e ce ne serviamo nella vita di ogni giorno.

Ci piace pensare di essere padroni delle nostre vite, di poterle organizzare secondo schemi logici in base ai quali ordinare le nostre scelte, dalle più banali a quelle più impegnative secondo criteri di convenienza, utilità, facilità o semplicità.

Ma questa è solo l’illusione a cui amiamo abbandonarci.

Al di sotto di questa illusione riposa, in apparente quiete, un oceano abitato da autentici abissi di follia, di irrazionalità, come quella che porta un giovane di 25 anni ad abbracciare un ideale di autodistruzione della propria vita e di morte per tanti suoi coetanei, che lo porta ad abbandonarsi all’abbraccio di chi intende servirsi di lui con assoluto cinismo e assoluto disprezzo del valore della sua vita e di quella di chi, come lui, non ha alcuna colpa diretta verso nulla.

Questa condizione accomuna ognuno di noi a ciascuno dei ragazzi che si sono immolati per uccidere “nemici” che a loro non avevano fatto nulla.

Ognuno di noi può diventare una vittima della deriva della propria vita e poi di coloro che se ne vogliono servire, sia che si tratti di assumere droga e diventare degli emarginai persino per chi ci ama di più o di immolarsi sull’altare di una “guerra santa” semplicemente ridicola e futile.

Adesso che hanno compiuto questa strage l’unica cosa certa che resta è che le vite che hanno spezzato, le proprie e quelle altrui, semplicemente non esistono più.

Non hanno più un futuro, non hanno più scelte da fare, dubbi da dissipare, errori da rimpiangere, amori da ricordare, risate da condividere.

E tutto per un Califfo.

Una soluzione non c’è. Non ci può essere.

Esiste il mondo, esistono gli altri, andare incontro al mondo e agli altri con umiltà, rispetto, intelligenza, un po’ di sano umorismo non risolve, ma aiuta.

Paolo Ranica

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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