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Nick Drake

Nick Drake: il folk magico e malinconico che viene dalla luna

Genio e sgretolatezza che ha fatto vibrare folk e poesia fra le corde della sua chitarra: questo è Nick Drake.

6 minuti di lettura

Anno dopo anno, sono stati più d’uno i cantanti morti in giovane età a cavallo degli anni Sessanta e Settanta: Jim Morrison, Brian Jones, Jimi Hendrix e Janis Joplin, questi i noti (e abusati) volti rock. «Genio e sregolatezza» è la banale formula che congeda qualsiasi meditato discorso musicale. Ma pochi si ricordano di Nick Drake (1948-1974), colui che ha fatto vibrare folk e poesia fra le corde della sua chitarra cristallina. Il 25 Novembre 1974 muore all’età di 26 anni in camera da letto, sul comodino appoggiati Il mito di Sisifo di Albert Camus e i Concerti Brandeburghesi di Johann S. Bach.

Nick Drake

Nasce il 19 Giugno 1948 a Yangon in Birmania, suo padre è infatti un ingegnere, che all’inizio della sua carriera è chiamato a spostarsi in alcune città orientali. La sorella maggiore sarà attrice in UFO, serie televisiva cult negli anni 1969 e 1970. I genitori, poi, supportano il suo percorso sospinto dall’amore per i libri e per la musica. Nick Drake ha alle spalle, insomma, una famiglia unita e serena, di agiata classe borghese, e il piccolo non soffre di alcun trauma – ecco sfatato il mito della fantomatica infanzia difficile. Sin da bambino dimostra un carattere sereno e sensibile, acume nelle lezioni scolastiche, un fisico sportivo, ma soprattutto la passione per la musica e la natura: nel villaggio collinare di Tanworth-in-Arden, paese nella stessa regione centrale dove nacque William Shakespeare, Nick stringe il suo intimo legame con il paesaggio godendo del vento, delle verdi praterie, di albe e tramonti.

Durante gli anni del college, iscritto al corso di letteratura inglese a Cambridge, approfondisce lo studio della chitarra e lo attira sempre di più la fioritura folk-rock di fine anni Settanta: non solo Bob Dylan, ma anche i britannici Donovan, Spencer Davis Group, Cat Stevens e i Fairport Convention. Il bassista di quest’ultimi, Ashley Hutchings, mette in contatto Nick Drake con il produttore Joe Boyd nel 1968; e l’anno dopo è pronto l’esordio del cantante di Tanworth. Nel 1969 esce Five Leaves Left ed inizia la carriera di un debolissimo angelo innamorato della poesia romantica inglese, il percorso artistico di un misterioso ragazzo ventenne che stride vistosamente con l’aria libertina della Swinging London. Com’era prevedibile la critica inglese accoglie tiepidamente le soluzioni stilistiche dell’album.

Eppure, dal primo disco svetta la brillante tecnica di Nick Drake che, con i vertici toccati da Three Hours e Fruit tree, evidenzia il perfezionismo del musicista: il finger picking e gli accordi originali tessono un tappeto armonico pregiato, elegante, che non si trova in altri autori dell’epoca. Sono le premesse poi portate avanti con Bryter Layter (1970) e compiute alla perfezione dall’ultimo lavoro Pink Moon (1972).

Nick Drake

Com’è risaputo, poi, l’insuccesso dei live e l’aggravarsi dei suoi esaurimenti nervosi – in aggiunta all’assuefazione da farmaci antidepressivi – lo hanno lentamente portato alla rovina. Dopo Bryter Layter, arricchito dalle sonorità classiche di un’orchestra a riprova dell’amore di Nick Drake per la classica, segue una serie di esibizioni fallimentari, in cui il timido cantautore non riesce ad intrattenere il pubblico. E infatti, a metà del tour disdice il resto delle date, rinchiudendosi nella casa dei genitori, lontano da una Londra che l’ha deluso e abbandonato. Si sembra avverata nella sua stessa vita una frase cantata in Hazey Jane II, di Five leaves left:

La fama non è che un albero da frutto molto malato/ non potrà mai fiorire finché il fusto rimarrà sottoterra/ E così gli uomini famosi/ non troveranno mai una strada/ finché il tempo non volerà lontano dal giorno della loro morte.

Meditando sulle colline, come John Keats ad Hampstead Heath, nasce l’ultimo grande album in due soli notti di registrazione: Pink Moon, un disco tanto scarno da denudare completamente la figura del cantante folk, e quello che rimane nelle orecchie dell’ascoltatore è il cuore pieno di ricordi felici, il canto antico rivolto a chissà quale tempo. La luna rosa è definitivamente tramontata e il ragazzo mite e colto si è oramai separato da tutto e da tutti. Rimane solo la sua musica, riscoperta col passare dagli anni.

Andrea Piasentini

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