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Niki De Saint Phalle, l’artista che sparò ai suoi quadri

Tra traumi e genialità, Niki de Saint Phalle sfidò le convenzioni sociali e artistiche, creando una femminilità emancipata e gioiosa.

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Ironica, irriverente ed eclettica Niki De Saint Phalle è stata una scultrice, pittrice, performer e regista di film sperimentali, la cui arte risulta difficilmente ascrivibile ad un’unica corrente o movimento artistico. Famosa in tutto il mondo per le sue variopinte sculture chiamate Nanas e per il capolavoro architettonico ed esoterico del Giardino dei Tarocchi a Capalbio, a dispetto della giocosità della sua arte l’artista ha vissuto un’infanzia e una prima giovinezza segnata da traumi.

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La giovinezza e la scoperta dell’arte

L’infanzia di Niki de Saint Phalle, nata a New York nel 1930, è segnata da un prima e un dopo, un abuso vissuto all’età di dodici anni e perpetrato da chi avrebbe dovuto proteggerla, suo padre, un apparentemente rispettabile e facoltoso banchiere francese di Wall Street. Niki de Saint Phalle non parla a nessuno dell’abuso finché non deciderà di rivelarlo al mondo intero cinquant’anni dopo nel libro di memorie Mon secret. Crescendo, diventa un’adolescente inquieta e traumatizzata, dorme con i coltelli nascosti sotto il materasso e a scuola scandalizza le suore distribuendo poemi erotici ai compagni.  Ad appena diciassette anni si innamora di un aspirante poeta di un anno più grande di lei, Harry Mathews, e immediatamente decidono di sposarsi mettendo al mondo due figli, Laura e Philip. Nel frattempo la salute mentale di Niki comincia a incrinarsi a causa degli abusi subiti e mai elaborati, finché il marito non la convince a farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico dove verrà sottoposta anche a una serie di elettroshock. Sono gli anni più bui della sua vita ma anche decisivi per la sua carriera. La giovane donna infatti, per distrarsi durante i quasi due anni di ricovero, inizia a dedicarsi all’arte e, una volta guarita, sceglie la sua strada: sarà un’artista.

Pur non avendo ricevuto nessuna formazione accademica, è dotata di un grande talento naturale, ama girare per Parigi, la città in cui ha sempre desiderato vivere, lasciandosi ispirare dalla bellezza delle cattedrali e dei musei. Realizza quadri collage, ma ciò che la renderà immortale sono le rivoluzionarie e coloratissime Nanas, sculture di donne dai corpi enormi e dalle teste minuscole, ingombranti e nello stesso tempo leggerissime, come ballerine pronte a spiccare un salto. Le Nanas aprono gli anni Sessanta e costituiscono un inno a una nuova femminilità emancipata e gioiosa che mette il corpo al centro del dibattito artistico.

Niki de Saint Phalle, Blue nana, 2000, © hh oldman, CC BY 3.0. Fonte: Wikimedia.org

In quegli stessi anni incontra e si innamora perdutamente dello scultore svizzero Jean Tinguely, noto per le sue opere cinetiche, e per lui divorzia dal primo marito. Tinguely e Niki si stimano a vicenda e supportano il reciproco operato artistico, lei lo definisce «amore, compagno e rivale», lui parla di lei come di «un mostro sacro e di una calamità naturale».

Nel 1961 compie uno dei gesti più iconoclasti della storia dell’arte, che la renderà famosa in tutto il mondo. Realizza delle installazioni a metà strada tra pittura e scultura e vi appende dei sacchi pieni di colore e sostanze alimentari, come uova e succo di pomodoro, che poi fa esplodere a fucilate. Lo sparo non è solo gesto artistico e politico ma anche terapeutico, come dirà lei stessa anni dopo:

Nel 1961 ho sparato su mio papà, su tutti gli uomini, sui piccoli, sui grandi, sui più importanti, sui grossi, su mio fratello, la società, la chiesa, il convento, la scuola, la mia famiglia, tutti gli uomini, ancora su mio papà e infine su me stessa.

Intanto è esplosa la Nanas-mania in Europa e Niki realizza sculture in diverse città, come la Nana- fontana di Ginevra che spruzza acqua dai seni, e la scandalosa Nana di Stoccolma, una scultura di ventisei tonnellate, distesa a gambe aperte in modo da consentire il passaggio al suo interno, dove sono collocati un cinema e un planetario. Niki e Jean sono inseparabili, viaggiano in tutta Europa e lavorano fianco a fianco e, nonostante la loro sia una relazione non monogama, scelgono comunque di sposarsi per avere cura delle rispettive eredità artistiche in caso di morte dell’uno o dell’altra. La salute della scultrice, infatti, è cagionevole a causa di problemi respiratori dovuti agli effluvi del poliestere con il quale realizza le sue sculture.

Niki de Saint Phalle, sculture Nanas, parte della Passeggiata delle sculture di Hannover, Leibnizufer, Hannover, Germania. © ChristianSchd, CC BY-SA 4.0. Fonte: Wikipedia.org

Il Giardino dei Tarocchi a Capalbio

L’ultimo tassello del coloratissimo mosaico che fu la vita di Niki de Saint Phalle si svolge In Italia, in Toscana, dove i coniugi Tinguely, finanziati da Marella Agnelli, lavorano all’ambizioso progetto di un giardino ispirato all’intrigante Park Guell realizzato a Barcellona dall’architetto spagnolo Antoni Gaudì. I lavori iniziano nel 1978 e proseguono per diversi anni. Il Giardino dei Tarocchi di Capalbio, inaugurato nel 1998, oggi accoglie i visitatori nei mesi primaverili ed estivi.

Niki de Saint Phalle, sculture del Giardino dei Tarocchi, Garavicchio Pescia fiorentina, Capalbio (Grosseto), © DustyLosAngeles, CC BY-SA 4.0. Fonte: wikimedia.org

Si presenta come un percorso iniziatico di sapore esoterico segnato da ventidue sculture in acciaio e cemento ricoperte di mosaici, ceramica e specchi, riproducenti i simboli dei tarocchi, retaggio culturale della prima infanzia di Niki, trascorsa nella casa dei nonni paterni tra vecchi cimeli di famiglia e zii eccentrici che facevano il bagno nudi e leggevano i tarocchi nel tempo libero. Un luogo speciale dove si respira amore e magia ad ogni passo e che continua a raccontare ai suoi visitatori la storia di un grande amore e di una vita di donna salvata dall’arte. Niki de Saint Phalle, infatti, di sé stessa era solita ripetere: «Ho avuto fortuna a incontrare l’arte, avevo le carte in regola per diventare una terrorista».

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Arianna Trombaccia

Romana, classe 1996, ha conseguito la laurea magistrale con lode in Storia dell'arte presso l’Università La Sapienza. Appassionata di scrittura creativa, è stata tre volte finalista al Premio letterario Chiara Giovani. Lettrice onnivora e viaggiatrice irrequieta, la sua esistenza è scandita dai film di Woody Allen, dalle canzoni di Francesco Guccini e dalla ricerca di atmosfere gotiche.

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