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Parco Nazionale dello Stelvio, la chiusura: da incubo a realtà

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La notizia fresca, visto il clima di questi giorni e l’area geografica interessata, porta con se un vento pesante e preoccupante. Certe volte le raffiche ventose, quando le temperature non sono troppo basse, tendono a trasportare e trasmettere germi. Fuori di metafora, ciò di cui si vuole informare è la probabile e sintomatica chiusura del Parco Nazionale dello Stelvio a favore di uno smembramento politico e “provinciale” che ne parcellizzi e snaturi – è proprio il caso di dirlo – le caratteristiche, trasformando un ente di ampia influenza, diretto da una politica ben evidente focalizzata sulla salvaguardia dell’armonia ecologica, in micro aree indipendenti. L’indipendenza non è sempre un fatto positivo, infatti, ragionando in termini olistici, lo smembramento di un corpo porta ad una più veloce analisi e un più attento controllo delle parti, ma certamente ne recide l’essenza vitale.

Il Parco Nazionale dello Stelvio, fondato nel 1935 con legge n. 740, recante «Costituzione del Parco Nazionale dello Stelvio», pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia» del 3 giugno 1935, è un ente-parco di dimensioni notevoli – il più grande ente-parco nell’arco alpino -, se non vogliamo considerarlo solamente per la sua portata quantitativa, perlomeno ragioniamo in merito alla sua ampiezza di influenza geografica: il suo territorio tocca alcune province italiane – Bolzano, Trento, Sondrio e Brescia – e 24 comuni con enti locali preposti all’azione e salvaguardia delle economie ed ecologie presenti. Il parco, di gestione quindi condivisa, con a capo, però, una Sovrintendenza che ne regola le funzioni e le politiche attraverso la guida di esperti dei vari settori, un consiglio scientifico di rappresentanze scientifiche e ambientaliste, ha come compito la gestione e la salvaguardia delle particolarità ambientali e la promozione del turismo sostenibile nei territori presidiati.

Tutto questo potrebbe scomparire a breve in favore di un grande collage di enti provinciali autonomi nelle politiche di gestione. Autonomia però non è sempre sinonimo di miglioria: il rischio è, infatti, quello di un addolcimento delle regole di tutela con conseguente rischio per gli equilibri che il Parco ha strenuamente difeso. Il Parco nel suo scomparire, porterebbe un record negativo e significativo: il primo Parco a venire declassato come commenta Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente: “Sarebbe il primo caso in Europa di declassamento, ci auguriamo quindi che il Presidente Renzi e il ministro dell’Ambiente Galletti vogliano evitare in extremis di danneggiare anche a livello internazionale tutto il nostro sistema di aree protette”. Visti i precedenti non ci sono speranze di buona riuscita del nuovo patto: il rischio è un depauperamento significativo del territorio e delle sue particolarità e caratteristiche.
L’estrema burocratizzazione politica ed economica si rende ancora protagonista in negativo, perché, invece che semplificare la vita e il lavoro a chi gestisce uno degli enti più importanti a livello nazione, ne rallenta il procedere generando conflitti e nuovi problemi, anche di natura economica e finanziaria, tanto da portare allo smantellamento, in favore di una gestione più locale, che in questo caso ha il sapore della beffa.
Quindi, anziché risolvere tutti i problemi creati, il testo dell’intesa – o della resa – scioglie, con un vero colpo di mano e di spugna, uno dei valori più importanti del parco: l’unitarietà e la condivisione reale tra territorio, politica e cultura delle vette e versanti del massiccio montuoso Ortles-Cevedale.
Alla geografia sarà quindi imposto il ruolo di garante, di creatore, ancora una volta, di barriere e non di con-fini. Con la fine di un parco, termina anche un’epoca.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Cento anni e più anni di pensiero ecologico, attraverso cui si è tentato di mostrare le necessità recate dai territori e gli ambienti, premendo fortemente sulla gestione condivisa e scientifica trovano qui la conclusione meno auspicabile: la creazione di sezioni indipendenti, non per volere e necessità scientifiche, ma per mere problematiche capitali. La geografia, come ormai è chiaro nel nostro tempo, cede il passo all’economia capitalistica e aerea che recide i bulbi delle piante a primavera per venderli come oggetti di corredo. Buon compleanno Parco Nazionale dello Stelvio – si siamo a ridosso del suo compleanno -, non ci si poteva aspettare un regalo più bello e sentito.
Andrea Marini

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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