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Perché contano solo i martiri, Italietta?

1 minuto di lettura

Se Greta e Vanessa fossero rimaste lì a morire, ora non avreste tempo di leggere questo pezzo; troppi sarebbero gli articoli encomiastici sulle due povere ragazze dimenticate dallo Stato. Perché una persona per essere ricordata deve morire?

Se domani un bruto-e-cativo islamista mi sparasse per strada, su queste mie righe nascerebbe un dibattito fra i giornali più in vista circa “la struttura circolare veicolata da una sintassi armoniosa che nasce in nuce della raffinata architettura periodale stessa”, e poi (dopo una decina di articoli di lode alla mia precoce bravura giornalistica) basta. Cimelio storico. Un semplice «e come la mettiamo col nostro giovane italiano ucciso per strada da musulmani, eh?», scritto sul proprio profilo Facebook dopo aver portato a passeggio il cagnolino. Perché le sofferenze per essere ascoltate devono appartenere solo a dei martiri?

Sono amareggiato e profondamente deluso dalle innumerevoli critiche alla recente liberazione delle due giovani, indubbiamente incoscienti. Ci sarebbe tornato comodo, a noi cittadini mediocri e pigri, che Greta e Vanessa fossero state giustiziate dai terroristi. Via le giovani volontarie, via il dolore. Via il dolore di essere consapevoli della nostra impotenza dinnanzi alle stragi fra uomini, via il dolore di accogliere con benevolenza due nostre  conterranee, via il dolore di ragionare lucidamente al loro ritorno.

Non mi piace essere così cinico, credetemi, ma è la cosa più sincera che riesco a scrivere: mi disgusta la nostra natura mitomane, che in simili casi di cronaca ci conduce all’infame desiderio dell’orrore; e questo solo per raccattare qua e là sostegno alla nostra  tesi affrettata. Amiamo più di ogni altra cosa la lacrima, le grida, la strage, il disastro in primo piano venduto come oggetto mediatico.

In questo momento storico di onnipresenza delle notizie è caduto nel nostro cervello (quasi) ogni filtro culturale e sociale per stabilire cosa sia servizio pubblico, e cosa spazzatura populista. Polli che vanno da un recinto all’altro seguendo i versi dell’ultimo leader politico presentatosi come rivelatore della verità e liberatore degli italiani.

Sia chiaro, per favore: nessun partito (o movimento) politico è essenziale per la salvezza dell’umanità. Se reinventassimo una morale laica sana, dove il mio personale concetto di “sano” è “non rigido”, allora diminuirebbero queste offese vigliacche alle due volontarie. Ma ci si rende conto che solleviamo polveroni inutili mentre il paese vive come “sabbie mobili tirate giù”?

Pudore, sensibilità, passione e impegno. Queste quattro delle tante cose di cui avverto un vuoto, e sono triste. Torno ad ascoltare Battiato, e se volete fatelo anche voi, per cercare un po’ di pace.

Andrea Piasentini

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Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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