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Finalmente a Roma sono tornati gli Snarky Puppy

Cuccioli irriverenti, jazz e funk, soul, rock. Ossimorico il loro nome, la loro musica. Lo scorso 28 giugno gli Snarky Puppy sono tornati a Roma. Com'è andato il concerto?

7 minuti di lettura

Il 2022 è un anno particolare per i concerti. È l’anno che si è preso a carico tutte le responsabilità e i compiti che un precario 2020 non è riuscito a portare a termine. Dà sia quella sensazione straniante di un qualcosa che appartiene al passato e che si è presentato soltanto adesso, sia quella rassicurante di chi ti porge una seconda chance.

Così è stata la storia travagliata di tutti quei concerti programmati nel disastroso anno del Covid e che, tra una data rimandata e l’altra, sono riusciti ad approdare finalmente nel 2022. C’è chi, fedelissimo, è rimasto, attendendo con autentica devozione un “periodo migliore”, e chi si è aggiunto con qualche anno di ritardo, in un miscuglio che al meglio rappresenta il periodo da noi vissuto.

Michael League, bassista e frontman degli Snarky Puppy, nella sera di martedì 28 giugno, ha tenuto a ringraziare il suo pubblico romano per questa prova straniante, ma degna di vera fedeltà. Il complesso con base a Brooklyn, ma di origini texane, è parte infatti di tutti quegli artisti che sono rimasti a bocca asciutta per ben due anni dopo aver programmato una data nel 2020. Questo, però, senza darsi minimamente per vinti.

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Impossibile catalogare gli Snarky Puppy

Cuccioli irriverenti, jazz e funk, soul, rock. Ossimorico il loro nome, la loro musica. Raggirano astutamente quella continua tentazione del mercato e dell’essere umano ad iscrivere un gruppo ad un preciso genere musicale. Prendono in giro il nostro bisogno di certezze definite e ci compongono sopra. Non sappiamo neanche dire con precisione quanti siano i loro componenti. Quaranta? Trenta? Venticinque? A Roma erano in nove. Gli Snarky Puppy sono un grande “marameo” ad un mondo che vuole una realtà unica e sola. Possiamo dare una concretezza a questa poetica con il loro album Immigrance, uscito nel 2019. A riguardo, League ha affermato che tutti ci muoviamo in continuazione in una realtà fluida, senza confini, in un «costante stato di immigrazione». Lo stesso fanno gli elementi che compongono la band americana. Come una grande famiglia, ogni tanto si ritrovano, ma non necessariamente tutti insieme. Per ogni strumento vi sono almeno tre musicisti e nuovi ne subentrano a seconda di nuove esigenze creative.

Una base viene mantenuta: storici il bassista, il trombettista, il violinista e tanti altri. Eppure, non sai mai come potrà evolvere un loro album, un loro singolo brano. Arriva un momento in cui sembra che ognuno vada per la sua strada, in cui qualcuno realizza un assolo, qualcun altro ancora intona un motivo di accompagnamento, fino a quando, potente, arriva un sussulto e riattaccano insieme con il tema principale del componimento. Direttori di orchestra di loro stessi, mantengono una linea e una professionalità oltremodo rara. Il live non può che essere un portento.

Dall’università ai Grammy Awards

Snarky Puppy
Gli Snarky Puppy

Quando si parla di famiglia, rivolgendosi agli Snarky Puppy, effettivamente non si è poi così lontani. La maggior parte dei membri attuali della band si conosce infatti da diversi anni, tutti studenti della University of North Texas, dove si sono incontrati e dove, nel 2004, hanno dato vita al loro longevo progetto musicale. Hanno studiato musica nella cittadina di Denton e qui hanno cominciato a portare i loro esperimenti musicali ai primi spettatori. Il sogno non rimane solo un passatempo tra una lezione ed un esame universitario. Decidono di continuare: non abbandonano la musica e non si abbandonano. I ragazzi sanno suonare e sanno farlo insieme, e questo lo nota anche una delle più prestigiose etichette discografiche nella storia del jazz: Impulse!, con la quale pubblicano l’album di successo Sylva.

Nonostante questo, si mantengono un gruppo indipendente, dando una forte dignità al lato più underground della musica contemporanea. Grazie a Sylva vincono nel 2016 un Grammy Award, un altro poi nel 2017 con Culcha Vulcha, entrambi come Best Contemporary Album, oltre ad un Grammy già guadagnato nel 2014 per la Best R&B Performance (provate ancora a definirli “jazz”). Un quadro del genere non può che essere di grande ispirazione per tutti quei giovani talenti che iniziano a comporre i primi successi tra i banchi di scuola

Bentornati a Roma

Così, accolti a braccia aperte, il 28 giugno Micheal League e i suoi compagni di avventura sono tornati finalmente a Roma, da cui mancavano dal lontano 2018. Scaldano il pubblico già dai primi brani, esaltato dalle loro performance funamboliche e cangianti. È questione di attimi: un momento osservi il tastierista dimenarsi impetuoso tra i tasti, ed un momento dopo lo ritrovi con una tromba appoggiata alla bocca. Suonano per lo più un repertorio di brani nuovi, come a dire: “sì, il concerto era programmato due anni fa, ma nel frattempo noi siamo andati avanti”. L’entusiasmo del pubblico è autentico, affettuoso. Arriva Shofukan – grande successo della band – e gli spettatori sono trascinati in questo mondo mistico e disorientante.

Gli Snarky Puppy finiscono ed escono di scena. Sugli spalti li richiamano canticchiando l’”oh oh oh oh oohooh” del brano. Emozionati anche loro, rientrano e terminano il concerto. Mai scambio fu così bello.

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Margherita Coletta

Classe 1998. Laureata in Letteratura Musica e Spettacolo, con una tesi in critica letteraria. Attualmente studia Editoria e Giornalismo a Roma. Le piace girovagare e fare incontri lungo la via. Appassionata cacciatrice di storie, raccontagliene una e sarà felice.

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