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Slow: un modo sostenibile di gustarsi la vita

5 minuti di lettura

Slow è una parola che da un po’ di tempo va di moda. Slow food contrapposto a fast food. Gustarsi lentamente ogni giorno il cibo che mangiamo e il vino che beviamo, masticarlo piano piano, sentirne i sapori: ricerche di esperti rivelano che del bicchiere di vino, magari di qualità e costoso, come è costume e possibilità dei nostri tempi, sentiamo il sapore del primo cucchiaino, per il resto potrebbe essere coca cola che sarebbe lo stesso. Chissà come fanno i fumatori a gustarsi tutte le sfumature e i profumi del vino, con la bocca perennemente impastata di tabacco. Ad essere assaporato però non è solo ciò che passa tramite i sensi. Il concetto di slow food è molto più pregno, e connotato a livello valoriale.

Dietro e dentro il cibo che mangiamo: Slow food, un movimento internazionale

Slow food è un movimento culturale internazionale nato a Bra nel 1986, la cui mission è ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce in armonia con ambiente ed ecosistemi. Secondo la loro visione, il cibo deve tornare a non essere solo merce e profitto, ma prodotto anche di economie di piccola scala. Occorre volgere lo sguardo anche agli insetti impollinatori, ai migliori olii, alla carne prodotta da chi bene alleva i propri animali, promuovere un’agricoltura libera dal gli OGM, salvare il paesaggio dal cemento selvaggio, tutelare gli ecosistemi acquatici, oltre che fare rete e collaborare con le istituzioni anche a livello europeo e mondiale.

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Slow running: esplorazione di mente e corpo?

Ma tornando ai movimenti lenti, paradossalmente spiccano anche quelli dei corridori. Per le città si vedono gli slow runner, quelli che corrono ma piano, quelli che fanno la maratona in 5 o 6 ore, non ha importanza. Quelli cha quando corrono non arrivano ai 150 battiti al minuto, contrapposti ma con patto di non belligeranza a quanti invece spendono ogni energia per raggiungere obiettivi al limite. Che significato ha la lentezza in un movimento che di per sé è accelerazione della normale andatura? Forse ancora di un modo più sano e rispettoso di rapportarsi con l’ambiente e con il proprio corpo, una forma di esplorazione di entrambi che si muove con delicatezza.

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È l’eterna lotta tra la ginnastica fatta per la cura del corpo e l’agonismo. Sin dal secondo secolo dopo Cristo quando il medico Galeno promuoveva una ginnastica per il corpo e per la mente. E ancora ritorna, quell’esercizio dei sensi che si nutre anche di contenuti buoni per la mente. E come sancisce il detto «Mens sana in corpore sano», da tempo immemore si sa che solo se nutre entrambi con la dovuta cura un prodotto è realmente degno. Così il cibo “buono”, così la corsa “buona”.

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È bella la fatica della vita

Cosa è giusto fare? Un sano agonismo o semplicemente della ginnastica per star meglio? È giusto eliminare lo sport dalla società come se fosse il demonio che si è impossessato della nostra gioventù più talentuosa? Esiste un agonismo che possa dirsi sano, una competizione che mette il singolo di fronte a sé stesso oltre che in gara? Che lo incentiva a migliorare le proprie prestazioni contro il tempo che vince sempre? Ma anche se vince sempre il tempo non deve contare: è l’impegno quello che va messo in risalto e il fatto che anche non migliorando il proprio personale è possibile comunque migliorarsi, a qualunque età.

Come si migliora se stessi praticando lo slow running? Correre lentamente comunque dà la possibilità di pensare, le sinapsi si attivano, nascono delle idee, magari ascoltando della buona musica, si scatenano le endorfine. Se poi alla fine della fatica le idee non vengono rilassiamoci, respiriamo profondamente e affrontiamo una nuova giornata. A volte si sente: «che fatica vivere». Ma in fondo la vita oltre che bella come diceva Benigni, è breve e varia. Gustiamocela.

Vito Leali

 


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