Era il 1996 quando Trainspotting, il film tratto dall’omonimo romanzo del 1993 dello scrittore irlandese Irvine Welsh, giunse nelle sale cinematografiche di tutto il mondo sconvolgendo pubblico e critica, diventando presto un vero e proprio cult.
A 21 anni di distanza il regista Danny Boyle realizza T2 Trainspotting, adattamento cinematografico del capitolo conclusivo della storia di Welsh, Porno.
Presentandosi come sequel, T2 ha reso spontaneo il confronto tra le due pellicole, interpretate dagli stessi protagonisti, che abitano però anni e situazioni molto diversi.
Il protagonista per eccezione, Mark Renton (Ewan McGregor) fa ritorno all’unico posto che sente di poter chiamare “casa”, Edimburgo. Ad aspettarlo ci sono Spud (Ewen Bremner), Sick Boy (Jonny Lee Miller), Begbie (Robert Carlyle) e insieme a loro, sofferenza, gioia, desiderio di vendetta e pericolo.
Nel corso della narrazione, Renton prende coscienza del fatto di non riuscire pienamente a tornare a casa, non tanto perché essa o egli stesso siano radicalmente cambiati, ma perché si accorge di non essere mai andato via davvero. La crescita del personaggio principale avviene quindi indipendentemente dai suoi quarant’anni, che lo rendono consapevole delle cause del senso di delusione ed inquietudine che pervade la sua vita ad Edimburgo: la familiarità di tutto ciò che lo circonda e l’impossibilità di andarsene veramente per ripartire da zero, con una nuova vita dissociata dal passato.
L’intero film è ricco di citazioni alle scene memorabili del primo lavoro di Danny Boyle attraverso la colonna sonora, come il celebre brano “Lust for life” di Iggy Pop presentato nella versione dei The Prodigy, e frequenti flashback, che rimangono sempre alla base del codice narrativo. Ne risulta così una proiezione intenzionata a mostrare il valore della gioia di essere giovani, dei ricordi e dello spirito di squadra passati, che vent’anni dopo non possono che suscitare un’enorme delusione di fronte alla crescita, alla maturità e alle limitazioni che essa comporta.
Il film si nutre di quel rimpianto che prova ognuno dei protagonisti, del loro bisogno di riconnessione con un passato condiviso che è ormai sfuggito, ma che è inestricabilmente intrecciato con il loro presente.
Il cast è identico a quello di Trainspotting, i personaggi sono eccezionalmente ancora cuciti ai panni dei rispettivi attori e questo contribuisce ad alimentare quel vagheggiamento di un ritorno alle origini. La psicologia dei protagonisti cambia solo apparentemente, l’unica vera trasformazione a livello dei personaggi riguarda quelli femminili, la cui presenza non è particolarmente reclamata dalla trama, che passano infatti in secondo piano e godono di molto meno spazio rispetto al primo film. Non si rinnovano dunque i soggetti, ma le circostanze.
Così come il suo predecessore ritrae la realtà squallida e di disperazione della dipendenza da eroina, T2 punta ad un’altra realtà altrettanto scomoda e desolante; le vite dei protagonisti sembrano essersi consumate prima del tempo, esplose vent’anni prima per poi apparire già finite a poco più di quarant’anni.
Proprio per questo motivo, le loro azioni nascondono un desiderio di vita profondamente diverso, nonostante l’abbandono alla gioventù dei protagonisti ventenni sia lo stesso atteggiamento che assumono nei confronti della maturità, in cui si nasconde la forza del film. La disillusione e la paura sono la rappresentazione della triste conclusione a cui giunge T2 Trainspotting, ovvero che la persona che capisci di essere a vent’anni corrisponde molto probabilmente alla persona che sarai a quaranta, soltanto privata di molte possibilità, tanto che il dubbio riguarderà addirittura l’esistenza di tutte quelle occasioni.
Non può non essere menzionato il celebre monologo di Renton sulla scelta della droga come valida alternativa per esprimere il rifiuto di un mondo di conformismo. Il monologo viene riproposto in T2 vestito di attualità e forse gonfiato di riferimenti scontati, passando per i social media e la solitudine online, il revenge porn, i contratti lavorativi di oggi, i reality show, fino ad arrivare al complottismo e alle droghe chimiche. Si conclude con l’invito a «scegliere il futuro» e a «scegliere la vita», anche se questa volta non suona come un canto liberatorio, ma piuttosto come l’espressione della delusione nei confronti di quel futuro, ormai divenuto presente, che non è stato all’altezza delle aspettative.
Renton non sta più elencando le alternative alla droga che sembrano peggiori della droga stessa, ma una serie di dettagli del vivere contemporaneo che riguardano la sua vita, non quel che egli rifiuta di scegliere o le “occasioni di vita” che il mondo vuole proporgli.
Se in Trainspotting l’occasione era originata dal tradimento, con T2 la situazione si capovolge: “prima c’è un’occasione, poi il tradimento”, frase che viene ripetuta numerose volte da Spud nel corso del film. La prospettiva di T2 è quindi quasi opposta a quella del suo predecessore e le personalità dei protagonisti rimangono l’unica costante; se prima dominava il desiderio di sentire la vita, di viverla premendo sempre l’acceleratore, senza paure, ora regnano disillusione, rabbia e nostalgia, che raramente vengono interrotte da momenti di eccitazione e follia dipinti negli occhi degli straordinari attori.
Per questo motivo è improprio parlare di banale rivisitazione o “ricalcolo”, T2 Trainspotting può essere considerato molto più di un semplice sequel.
Arianna Locatello
fonte foto: diregiovani.it