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Tarragona

A Tarragona c’eravamo tutti

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All’alba di domenica 20 marzo un pullman si è schiantato a Tarragona (Catalogna, in Spagna), spezzando le vite di 13 persone. Nostri connazionali si trovavano sul pullman, di cui sei feriti – ora ricoverati negli ospedali di Tortosa, Reus, Tarragona e Barcellona –  e sette morti. Sette ragazze che non avevano più di venticinque anni. Si può incolpare qualcuno? Secondo il quotidiano spagnolo La Vanguardia (notizia riportata da La Repubblica), l’autista che ha perso il controllo del pullman è al momento indagato per «imprudenza» e per omicidio colposo plurimo. Si pensa possa avere avuto un colpo di sonno, dal momento che è risultato negativo ai controlli su tasso alcolemico e droga. Un uomo di sessantatré anni che non è riuscito ieri sera a rispondere all’interrogatorio di fronte alla polizia: cattive condizioni di salute, riporta La Repubblica. Ci immaginiamo infatti come ci si possa sentire di fronte a questa contraddizione.

La contraddizione di un pullman riempito da giovani che tornano dalla notte dei fuochi per la Fiesta de Las Fallas a Valencia per andare incontro alla morte. Giovani che volevano scoprire la Spagna con l’entusiasmo di chi vuole esplorare un pezzo di mondo, e a cui il mondo intero viene sottratto. Ragazzi coraggiosi, armati di quella curiosità di chi sceglie un’esperienza lontana da casa, dalla famiglia e dagli amici, per vedere qualcosa di più. Ecco la contraddizione. La vita spezzata a chi ha voglia di vivere.

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C’erano ancora tanti posti nel mondo da vedere, tante cose da fare. C’erano altre lingue da imparare e altre persone da amare. Quelle sette ragazze avevano deciso di dire arrivederci alle loro città e al loro paese natale, come tanti di noi. Oggi partiamo in tanti, verso tanti posti, con tanti sogni e progetti, e diciamo «ci vediamo presto» a chi resta. Anche quelle sette ragazze avevano probabilmente detto «ci vediamo presto» ai loro genitori, ai loro amici, ai loro fidanzati. Avevano forse detto «vieni a trovarmi», «qui è tutto bellissimo», «è un’esperienza meravigliosa», «non vedo l’ora di raccontarti tutto». Magari volevano continuare a viaggiare o magari volevano tornare a casa presto. Ma di sicuro i loro sogni volavano ben oltre il paradosso di lasciare il loro corpo e la loro vita a Tarragona per sempre.

Alcuni di noi, oggi, hanno forse provato la scossa di pensare di perdere la propria vita così lontano da casa. Alcuni genitori hanno forse pensato all’eventualità che i propri figli fossero al posto delle vittime. E la contraddizione è che contro la sorte non si può fare nulla. Non si può prevedere e non si può contrastare. E allora la morale è questa: che non dobbiamo perdere il coraggio di vivere, di fronte alla tragedia. Che invece che tirarci indietro, di fronte al tragico, dobbiamo vivere anche per chi lo ha subìto. E allora sostituiamo il minuto di silenzio con un’iniziativa diversa. Oggi o domani, sforziamoci di fare tutti una cosa nuova. Un’esperienza nuova e diversa. Una nuova canzone, una nuova poesia. Un nuovo angolo della nostra città. Una nuova persona da salutare per strada. E pensiamo a loro mentre facciamo questa esperienza.

Dedichiamola a Elisa, Elisa, Elena, Francesca, Lucrezia, Serena, Valentina.
A cui la cattiva sorte ha sottratto la vita, a un solo giorno dalla primavera.

Silvia Lazzaris

Foto: La Repubblica

Redazione

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