«2016 – Sulla Nuova Fotografia Italiana non riconosce e promuove una specifica linea di ricerca. Nessuna scuola. Nessun tema ricorrente. Nessuno stile condiviso. Al contrario, identifica nella mancanza di un macroscopico principio comune – in una positiva frammentazione – la caratteristica distintiva e la ricchezza di uno scenario unico e dinamico».
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Sulla Nuova Fotografia Italiana è un volo d’aquila sul panorama della fotografia italiana sviluppatasi nell’ultimissimo periodo. È un voleggiare di ricognizione, un veleggiare poi alla scoperta dei dettagli, di ciò che sta sotto le singole pieghe. Sono 13 artisti classe post 1980 a essere in mostra, quelli che in generale nella vita sociale e artistica e lavorativa italiana non esistono. In Viasaterna Arte Contemporanea invece ci sono realmente, e si impongono magistralmente. La galleria si trova a Milano, vicino alla Triennale, in via Leopardi 32, e anche il suo nome sembra non promettere nulla di reale. Via Saterna è una strada immaginaria descritta da Dino Buzzati tra le tavole di Poema a fumetti. Il mondo qui rappresentato annoda i lembi di realtà e immaginazione, un groviglio fantastico ma vero che il nome richiama anche negli spazi della galleria milanese.
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La mostra è ispirata e curata da Fantom, un collettivo nato tra Milano e New York, che si districa tra usi e abusi della nuova fotografia. E che si occupa generalmente di talenti non ancora germogliati.
Il filo rosso che annoda i diversi artisti in mostra è spezzato. Non ci sono linee direttive, né indicazioni stradali sulla retta via da seguire nel percorso di esplorazione. L’invito è a vagare, e a ricostruire da sé e personalmente la trama del paesaggio fotografico attuale. I tredici giovani fotografi sono stati scelti per non aver niente di esplicitamente in comune. «Sulla base dell’originalità e dell’eterogeneità delle rispettive ricerche, individuata come elemento chiave di un’intera produzione nazionale».
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Alessandro Calabrese, classe 1984, è di Trento ma vive e lavora a Milano. È di tipo formale la riflessione che fa da impalcatura ai suoi scatti, centrata sul linguaggio della fotografia. I suoi tagli denunciano la sovraesposizione soffocante di immagini cui siamo sotto-posti attualmente. Una valanga di milioni di prospettive al secondo, che non si fanno apprezzare, come fotogrammi di un film che scorrono troppo veloci. E il risultato finale, quello che si imprime all’occhio quando frastornato, quasi pazzo, si ferma a respirare, è un buco nero. Un buco nell’acqua di senso e di bellezza. Che fagocita tutto il bello che sta dentro, e che sta attorno. Si fa nero e pieno di una macchia scura il centro geometrico dell’immagine. E sembra ancorare una forza centrifuga, che cerca di risucchiare i frammenti di luce e colore tutto intorno ai lembi della voragine. Il lavoro è enumerazione di scatti estratti dal web. Sono immagini che raccontano e negano la possibilità di raccontare, e si grida alla crisi della fotografia, alla crisi della società.
« Nella quantità, la qualità viene meno, deflagra nell’ignoto spazio profondo della rete».
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Teresa Giannico la casualità non l’ha abbinata con Calabrese, nelle stanze bianche della galleria. Espone al piano di sotto, in una stanzetta piccola interrata, che ci dà senso e misura della soffocante realtà in cui si vive oggi. Teresa, classe 1985, è nata a Bari, ma vive e lavora a Milano. Come quasi tutti gli altri artisti, nasce in acque amniotiche diverse, immissarie della sua ricerca artistica ora. Si forma come pittrice, e della pittura mantiene sempre la visione prospettica.
«La fotografia interviene nelle mie immagini come elemento necessario per creare quel filtro tra il vero e l’immaginato».
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La sua lettura della realtà avanza per diorami. Sono riproduzioni in scala ridotta di tasselli di realtà. E, ancora, è uno sguardo critico sulla società. Sono «texture catturate dal vero». Grandi stampe di squarci di realtà sovraesposta. Bianchissime e ruvide, sgranate nel tentativo di avvicinarcisi il più possibile, di raccoglierne i dettagli granello per granello. Sono stanze spoglie, di soli letti e comodini e cestini di cartacce. A volte si aggiungono tocchi di colore sempre ritoccato: copriletti, penne, matite, fogli disegnati, giacche e camicie a un attaccapanni. Ogni taglio ha comunque dello straniante. La sua manipolazione rivela l’irrealtà della realtà rappresentata. Una realtà modificata. L’osservatore non si immedesima ma si estranea, e da un punto di vista privilegiato, alto, da volo di ricognizione, può liberamente e tranquillamente riflettere sui significati dell’immagine. Quelli di Teresa sono paesaggi di mondo, umano. Interni di case e di stanze, piccoli luoghi soffocanti di vita metropolitana. È negata la fedeltà dello strumento fotografico nel riprodurre la realtà. La manipolazione degli scatti lega lo spettatore in una surrealtà distopica. Ancora, è un impasto di vero e falso quello che risulta. Una compresenza di verità e menzogna.
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Gli altri autori in mostra, legati e slegati per contenuto e forma a quelli descritti, sono: Federico Clavarino, Martina Corà, Bea De Giacom, Delfino Legnani, Allegra Martin, Vittoria Mentasti, Domingo Milella, Francesco Nazardo, Alessandro Sambini, Lele Saveri, The Cool Couple.
La mostra collettiva rimarrà allestita dal 7 giugno 2016 al 16 settembre 2016.
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![Pubblicazioni di editori di recente fondazione e perlopiù indipendenti, italiani e stranieri, in Viasaterna. Foto di Francesca © il fascino degli intellettuali](https://www.frammentirivista.it/wp-content/uploads/2016/07/13607760_1457289244284969_765801197_n1.jpg)
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