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Maurizio Galimberti

Galimberti e «L’illusione di una storia senza futuro»

Nel nuovo volume edito da Skira, il fotografo Maurizio Galimberti prosegue il suo racconto di alcuni dei momenti cruciali dell’ultimo secolo. Una selezione di immagini drammatiche e dimenticate, che riemergono dal «labirinto della storia».

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5 minuti di lettura

Maurizio Galimberti, fotografo di fama internazionale, ha pubblicato un nuovo volume, edito da Skira, dal titolo L’illusione di una storia senza futuro. Frutto della collaborazione con Paolo Ludovici, il testo prosegue la riflessione sul senso della storia e del tempo cominciata nel 2020 con Uno sguardo nel labirinto della storia.

Attivo sulla scena artistica da più di trent’anni, Maurizio Galimberti è conosciuto in tutto il mondo non solo per la peculiare poetica dei suoi progetti, ma anche per i ritratti di volti noti della cultura, della musica e del cinema, quali Umberto Eco, Lady Gaga, Robert De Niro e Johnny Depp. Oltre alle numerose pubblicazioni, ha tenuto mostre personali a New York, Parigi, Milano, Roma e Venezia. È stato testimonial mondiale di Polaroid International e oggi è considerato dalla critica uno dei più importanti instant artist.

Seguendo le tracce del precedente testo del 2020, continua il racconto di alcuni momenti cruciali dell’ultimo secolo di storia, prendendo le mosse dalle immagini che si sono impresse nella memoria di chi, quei momenti, li ha vissuti direttamente e di chi, invece, li ha vissuti attraverso la mediazione della rappresentazione che ne è stata data. La potenza memoriale dell’immagine è costitutiva della sua facoltà di fascinazione.

Nella personalissima tecnica di manipolazione della fotografia messa a punto da Galimberti, con cui scompone e ricompone l’immagine-matrice, l’elemento patetico risulta ancora più marcato: la potenza espressiva sprigionata dai tanti frammenti accresce attraverso la giustapposizione.

Maurizio Galimberti
Burgan, Kuwait, Guerra del Golfo, fotografia di Bruno Barbey, pp. 46-47.

Immagini drammatiche riemergono dal «labirinto della storia»

La scelta è ricaduta su una selezione di immagini in prevalenza drammatiche e spesso dimenticate per farle riemergere dal «labirinto della storia», dove altrimenti sarebbero rimaste intrappolate e, con ogni probabilità, dimenticate. Pochi sono i ritratti di personaggi celebri, le cui figure riaccendono speranza (Papa Wojtyla accanto a una colomba bianca, o ancora Madre Teresa di Calcutta con un bimbo tra le braccia). Le altre immagini invece fanno riemergere alla nostra memoria il massacro di Srebrenica del 1995 o gli attentati di Nassiriya del novembre 2003, ma anche i cadaveri dello tsunami del 2004 in Thailandia e nell’Oceano Indiano e l’attacco chimico a Halabja, perpetrato dall’esercito iracheno contro la popolazione curda nel 1988. Prosegue con le grida disperate dei bimbi nel campo profughi di Balukhali nel Myanmar, ritratti negli scatti brutali e potenti di Kevin Frayer, fino alle strazianti immagini che documentano i tentativi di fuga da Kabul, riconquistata dai Talebani nell’agosto del 2021.

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Emblematica è una delle fotografie scelte a conclusione di questo libro, quella che ritrae la disinfestazione di Wuhan nel 2020, seguita all’esplosione pandemica del COVID-19. Nella rielaborazione di Maurizio Galimberti questo evento appare quasi un’immagine distopica e apocalittica, con quella figura umana con mascherina e tuta blu che, al centro della composizione, svanisce verso i bordi, come inghiottita dai fumi delle sostanze disinfestanti spruzzate dagli operatori sanitari.

Maurizio Galimberti
Afghanistan, Kabul, neonato affidato ai soldati USA durante l’evacuazione, photo courtesy Omar Haidiri, pp. 72-73.

Le immagini del dolore degli altri – ricorda sempre Susan Sontag […] – in genere producono in chi le vede commozione e compassione: sentimenti nobili, non c’è dubbio, ma anche autoassolutori. Nel momento in cui io sento di provare compassione, di compatire, di patire e soffrire con coloro che sono ritratti nell’immagine, di fatto mi illudo di condividere il loro dolore e così facendo mi assolvo a priori dal dovere di interrogarmi sulla mia eventuale responsabilità – anche inconsapevole – nella produzione di quel dolore che mi sta facendo commuovere. Ebbene: l’intervento di Galimberti sottrae quelle immagini a ogni possibile utilizzo compassionevole. Non c’è più la vita nuda, né l’epifania del Male, in quelle immagini, ma c’è un’interpretazione del Male e del dolore. Col suo gesto, Galimberti ci ricorda che siamo sempre noi a dare senso: a quello che le immagini mostrano, ma anche a quello che accade nel mondo in cui quelle immagini hanno preso forma.

Gianni Canova

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Teresa Bonandi

Sono una studentessa di Lettere Moderne all’Università Cattolica di Milano, amo l’arte, la moda e gli aperitivi con gli amici. Estremamente ipercritica verso me stessa e determinata a portare a termine i miei progetti, sempre con un occhio di riguardo alle nuove tendenze, da vera fashion victim.

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