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Grande Guerra

28 Giugno 1914: la miccia della Grande Guerra

L'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, per mano di Gavilo Princip, a Sarajevo fu solo la goccia che fece traboccare il vaso. La Grande Guerra scoppiò perchè ben ragioni ben più profonde.

8 minuti di lettura

28 Giugno 1914: l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’impero Austro-Ungarico, con la moglie Sofia era in visita a Sarajevo (attuale capitale della Bosnia-Erzegovina), per motivi politici. Nella calda giornata di uno dei primi giorni di quell’estate, che avrebbe avuto un tragico proseguimento, i reali sfilavano, come previsto, in corteo lungo le vie della città, su una vettura scoperta: non solo era il loro anniversario di nozze, ma si commemorava la sconfitta serba sul Campo dei Merli risalente al 15 Giugno 1389. Improvvisamente due spari squarciarono l’atmosfera:

Un proiettile colpì il collo di Francesco Ferdinando mentre l’altro prese l’addome di Sofia. Mentre la macchina stava facendo inversione (per tornare alla residenza del Governatore ove la coppia imperiale avrebbe potuto essere soccorsa) un rivolo di sangue uscì dalla bocca dell’arciduca, così la duchessa esclamò: “Cosa diavolo succede!? Cosa ti è successo?!” e cadde sulle ginocchia del marito morendo.

– Sarajevo da Joachim Remak

A nulla servì l’intervento tempestivo del medico una volta giunti al municipio, anche Francesco Ferdinando morì prima che fosse possibile soccorrerlo. In questo modo, come un domino, prese avvio una serie di avvenimenti che tinsero del sangue di milioni di soldati tutta la storia europea, e che oggi chiamiamo Grande Guerra.

A premere il grilletto fu il diciannovenne Gavrilo Princip, che poco prima aveva abbandonato gli studi per aderire al movimento ultra-nazionalistico serbo Giovane Bosnia (Mlada Bosna) cui obiettivo principale era quello di liberare la Serbia dal dominio Austro-Ungarico ed annetterle la Bosnia.

Il gesto del giovane Princip era il sintomo di un male più grande, dilagante in tutto l’impero e preludio del suo disfacimento, che sarebbe avvenuto di lì a poco. L’impero asburgico infatti era ormai un accozzaglia di culture diverse, che mal riuscivano a convivere. Gli stessi bosniaci avvertivano l’esigenza di legarsi alla Serbia. Così il nazionalismo imperante, poiché estremamente diffuso in tutta Europa, portò inesorabilmente alla nascita di movimenti, come la Giovane Bosnia, destinati a divampare e degenerare in fenomeni violenti.

La risposta dell’Austria-Ungheria arrivò il 23 luglio, quando stilò un ultimatum scritto per punti che la Serbia avrebbe dovuto accettare entro quarantotto ore, pena la guerra. Si voleva con questo porre un freno ai sentimenti anti-austriaci, infatti i nodi salienti richiedevano la soppressione di ogni pubblicazione che incitasse all’odio e allo sprezzo della monarchia austriaca o che fosse diretta contro la sua integrità territoriale, nonché lo scioglimento immediato tutte le associazioni che svolgessero propaganda contro l’impero.

La Serbia accettò la maggior parte dei punti, ma non tutto: certamente non poteva tollerare l’intromissione forzata della potenza austriaca nei propri organi magistrali e istituzionali. Così, forte anche dell’appoggio della Russia, inviò il suo rifiuto e il 28 Luglio 1914 fu guerra. Nei giorni successivi si assistette a una mastodontica mobilitazione delle grandi potenze, suddivise in schieramenti a fianco dei due Stati contendenti. Non appena l’impero asburgico dispose le sue truppe, la Russia schierò il suo esercito sul confine, nella speranza di intimidire il nemico e farlo vacillare.

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A questa mossa rispose la Germania che, interpretando il gesto come un segno di ostilità, inviò un messaggio allo Zar intimandogli di richiamare i suoi uomini. La richiesta intimidatoria fu ignorata, ciò sancì la discesa in campo dell’esercito tedesco al fianco di quello austro-ungarico e di quello francese, alleato con la Russia. Secondo uno schema di alleanze che era già per lo più consolidato la guerra prese il via. Da una parte dunque vi erano Austria-Ungheria e Germania, legate dalla Triplice Alleanza – di cui faceva parte anche l’Italia, che però manteneva momentaneamente la neutralità – dall’altra a difesa della Serbia non agirono solo Francia e Russia, ma anche la Gran Bretagna, in risposta all’invasione del Belgio perpetrata dalla Germania, violandone la neutralità, garantita da un trattato internazionale: era così confermata la Triplice Intesa.

Naturalmente non si può imputare tutto lo spargimento di sangue, la sperimentazione di nuove terribili armi, i soldati diventati folli per la vita di trincea al, pur grave, atto terroristico di Gavrilo Princip. Le potenze mondiali divise in blocchi contrapposti e ostili tra loro, fomentate dal nazionalismo dilagante, non aspettavano altro.

Se come detto l’Austria viveva un conflitto interno che si sarebbe dimostrato solo il preludio del disfacimento dell’impero, in Oriente la Russia viveva un simile travaglio. Nel 1914 germogliavano i semi della rivoluzione che ci sarebbe stata di lì a pochi anni, infatti lo Zar Nicola II si trovava a dover combattere con le numerose rivolte interne che avevano finito per screditare completamente la sua autorità. Già nel 1906 era stato costretto ad accettare parte delle richieste del popolo che lo avevano portato alla costituzione della DUMA: un parlamento, senza però effettivi poteri. Lo Zar sperava che l’intervento della Russia «a protezione dei fratelli serbi» avrebbe in qualche modo risvegliato il patriottismo, e credeva di poter dimostrare a livello internazionale che la Russia possedeva ancora un esercito possente, con i suoi milioni di uomini al fronte – cosa che invece si rivelò infondata.

Dal canto suo l’industria tedesca già dai primi anni del 1900 produsse armamenti da guerra in larghissima scala, in obbedienza specialmente al piano Schlieffen, che – ideato ben prima della guerra, con il primo accordo stretto tra Francia e Russia – prevedeva un’invasione della Francia senza tener conto della neutralità degli stati cuscinetto. Con lo scoppio della Grande Guerra questo fu messo in atto, anche se con alcune modifiche, portando l’esercito tedesco alle porte di Parigi.

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L’omicidio di Francesco Ferdinando rappresentò una miccia perché simbolicamente quel 28 giugno mise fine alla Belle Époque – gli anni del progresso e delle invenzioni – con la «guerra lampo», nome assegnatogli dai capi militari dell’epoca, a noi nota come Prima Guerra Mondiale: un conflitto che sconvolse i confini e che mutò i rapporti di forza degli Stati, che trasformò la società, che al proprio esito contò 16 milioni di morti circa ed innumerevoli mutilati.

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di Margherita Vitali

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