Sapevamo che il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Alcuni risero, altri piansero, i più rimasero in silenzio. Mi ricordai del verso delle scritture Indù, il Baghavad-Gita. Vishnu tenta di convincere il Principe che dovrebbe compiere il suo dovere e per impressionarlo assume la sua forma dalle molteplici braccia e dice, «Adesso sono diventato Morte, il distruttore dei mondi». Suppongo lo pensammo tutti, in un modo o nell’altro.
Julius Robert Oppenheimer
Ci sono molte cose per cui l’uomo, sin dall’alba dei tempi, prova un forte senso di paura e angoscia. Una di queste, soprattutto grazie al progresso tecnologico derivato dalle idee avanguardiste e ricerche scientifiche, è andata oltre nonostante inizialmente non si sapesse quale applicazione avrebbe avuto: la bomba atomica. Il fisico Robert Oppenheimer, forse, non avrebbe mai pensato che la sua invenzione sarebbe potuta diventare un’arma di distruzione di massa. Ma la storia, purtroppo, sappiamo come è andata, e non si può certamente cambiare. A seguito del disastro di Hiroshima nel 1945, la società cambiò drasticamente, così come tutto il mondo. Seguirono innumerevoli interventi di vari esponenti politici, scienziati e anche scrittori, incaricati di indagare sulla verità del tempo e, in qualità di intellettuali, tentare di riflettere sulla possibilità di immaginare un mondo nuovo. In questo scenario, due scrittori italiani – seppur parallelamente distanti cronologicamente – hanno lasciato due contributi decisamente importanti sulla bomba atomica: parliamo di Alberto Moravia ed Elsa Morante.
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La missione dello scrittore secondo Elsa Morante
Durante gli anni Sessanta, vi era un grande dibattito culturale che tentava di stabilire quale fosse il ruolo dello scrittore, indipendentemente dall’argomento che trattava, poiché, si sa, colui che scrive deve esercitare un giudizio critico non indifferente. Non a caso, sono questi gli anni dell’inchiesta lanciata dalla rivista Sipario, settimanale di critica teatrale, circa la condizione del teatro di regia in Italia oggetto di incomprensioni e pregiudizi. Al di là di ciò, lo scrittore per la Morante è «un uomo a cui sta a cuore tutto quanto accade, fuorché la letteratura». Ovvero la realtà. Lo scrive tra il 1964 e il 1965 nel saggio Pro o contro la bomba atomica (Adelphi).
La scrittrice lancia un incipit folgorante: