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«La poesia del tempo, che trasforma le persone»: l’occhio su Parigi di Brassaï

Fino al 2 giugno 2024, arriva a Milano Brassaï, artista eclettico e versatile che ha segnato la fotografia novecentesca. Con le sue opere ci trasporta in una dimensione che va ben oltre il visibile

8 minuti di lettura

Dal 23 febbraio al 2 giugno 2024 sarà possibile ammirare a Palazzo Reale, Milano, la mostra Brassaï. L’occhio di Parigi, a cura di Philippe Ribeyrolles.

Storia di un artista

Nato a Brassó, in Transilvania, nel 1899, Gyula Halász si trasferisce a Budapest con la famiglia già nel 1916 per sfuggire all’occupazione tedesca. Qui frequenta l’Accademia di Belle Arti, dedicandosi con passione al disegno. Lo stesso Picasso nel 1939, dopo aver visto i suoi bozzetti, incoraggerà l’amico a proseguire, ma Halász preferirà sempre la fotografia. Dopo un’esperienza a Berlino dove, tra gli altri, conosce Vasilij Kandinskij e Oskar Kokoschka, nel 1924 sceglie Parigi come sua città di elezione. Nel 1929 comincia a scattare le prime fotografie con la macchina prestata da un amico, allestendo negli anni immediatamente successivi la propria camera oscura e partecipando alle prime mostre collettive. Proprio con l’emergere del suo talento decide di scegliere come nome d’arte Brassaï, che significa “di Brassó”.

Le Baiser, c. 1935-37 © Estate Brassaï Succession – Philippe Ribeyrolles

Seguono libri, onorificenze, collaborazioni con famose riviste che gli consentono di viaggiare e allargare i confini della sua arte oltre l’amata Parigi. Brassaï diventa uno dei fotografi più richiesti della sua epoca, capace anche di immortalare alcuni degli artisti più influenti del Novecento.

La Parigi di Brassaï

Nella mostra di Palazzo Reale sono esposte 200 stampe d’epoca che ripercorrono l’intera carriera dell’artista, presentando un’esaustiva retrospettiva della sua produzione. Scatti che abbracciano tutta l’Europa e non solo, ma che trovano in Parigi e i suoi abitanti i veri e propri protagonisti. In Brassaï. L’occhio di Parigi si è proiettati nelle immagini poetiche di Jacques Prévert e nelle pellicole del “realismo poetico” di Marcel Carné

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Brassaï impara a fotografare da autodidatta, e inizialmente le sue fotografie sono, per sua stessa ammissione, «immagini perse nella memoria». Per le vie parigine inizialmente ripercorre la sua infanzia, dove da bambino, grazie al padre studioso di letteratura francese, aveva passato un anno sabbatico. In questi primi scatti l’atmosfera è sospesa, quasi surreale. La presenza umana è ridotta e Parigi si popola immediatamente di silenzi e assenze. Comincia così il suo peregrinare di giorno e di notte per la capitale francese, componendo molte fra le sue fotografie più suggestive. 

Brassaï
Soirée Haute couture, Paris 1935 © Estate Brassaï Succession – Philippe Ribeyrolles

Dedito alla composizione, grazie a un gioco di luci e (soprattutto) ombre, riesce a conferire tridimensionalità alle complicate geometrie della città. Un occhio essenziale che di notte, con complicità di pioggia e nebbia, dona a Parigi un’atmosfera surreale che ricorda film come Alba tragica e Il porto delle nebbie di Marcel Carné, con l’inconfondibile Jean Gabin o le migliori fotografie di Alfred Stieglitz. Come ricorda Brassaï: «Ero alla ricerca della poesia della nebbia, che trasforma le cose, della poesia della notte, che trasforma la città, della poesia del tempo, che trasforma le persone».

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Raffigurare l’umano

La fotografia di Brassaï, però, non si limita a immortalare ambienti metropolitani quasi surreali: col tempo egli diviene sia un eccellente ritrattista sia un artista capace di cogliere momenti di una quotidianità “segreta”

Con una sensibilità in grado di comprendere le emozioni degli emarginati e dei reietti, Brassaï dedica molta della sua attenzione a locali notturni, sale da ballo e bordelli. Scatti che paiono tratti da Casco d’oro di Jacques Becker: grande fermento, giochi di sguardi e di complicità. Non senza difficoltà entra a contatto con la piccola criminalità, con la volontà di ritrarla per le strade e negli ambienti dove opera. Nella notte, fra luci artificiali e specchi, l’occhio di Brassaï non è giudicante, bensì si limita (per usare le sue stesse parole) a «eliminare tutto ciò che è superfluo e ubbidire alla dittatura dell’occhio».

Autoportrait, Boulevard Saint-Jacques, Paris, 1930-1932 © Estate Brassaï Succession – Philippe Ribeyrolles

Seguono anche ritratti di artisti influenti, alcuni di questi diventati amici dell’autore. Fra i molti ritratti si ricordano Samuel Beckett, Eugène Ionesco, Alberto Giacometti, Salvador Dalì, Pablo Picasso, Henry Miller e Jean Genet. Ritratti che, ancora una volta, vanno oltre la semplice apparenza e cercano di indagare sensazioni ed emozioni. Una tecnica che può ricordare alcune delle più suggestive fotografie di David Seymour.

I ritratti proseguono, andando a indagare la psicologia dei lavoratori comuni che popolano i quartieri parigini. In Brassaï c’è fatica, orgoglio, ma anche un’analisi sociale di un ambiente che inevitabilmente, nel bene e nel male, condiziona le persone che lo vivono.

Il piacere delle forme

Oltre l’impatto psicologico, Brassaï analizza e assemblea anche le forme, in maniera certamente più astratta rispetto ai suoi esordi. Affascinato dai graffiti, concentra l’attenzione della sua macchina fotografia su alcuni dettagli, tanto da assumere connotazioni sia di un collage che totalmente astratte. La sua ricerca poi prosegue anche sul corpo delle donne, non più raffigurate in contesti specifici, ma studiate attraverso le forme del corpo nudo come Edward Weston.

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Brassaï
Un mauvais garçon à l’affut © Estate Brassaï Succession – Philippe Ribeyrolles

Così, grazie a questa mostra, viene restituito il quadro complesso e completo di uno dei fotografi più eclettici e versatili dello scorso secolo. Una fotografia che ha fatto scuola, influenzando più o meno coscientemente una generazione di fotografi, ma anche di scrittori e cineasti. Brassaï. L’occhio di Parigi si dimostra un’occasione imperdibile.

Articolo di Roberta Marini e Lorenzo Gafforini

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