Sono momenti pesantissimi questi per la giurisdizione italiana a causa dell’accesa discussione che negli ultimi mesi. O forse sarebbe meglio dire anni, ha visto protagonista il “tanto temuto” ddl Zan. Il 24 ottobre 2019 la Commissione di Giustizia ha avviato l’esame della proposta di legge C. 569 volta a contrastare le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, novellando gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale in materia di odio e discriminazione.
Le origini del ddl Zan
Il disegno di legge, proposto dal deputato PD Alessandro Zan, composto da nove articoli, porta delle piccole ma importanti modifiche alla già esistente legge Mancino-Reale del 1993. L’obiettivo è di estendere la normativa presente aggiungendo il contrasto all’omofobia e il contrasto alla violenza e alle discriminazioni per motivi di genere al fine di sanzionare gesti e azioni violente di stampo omotransfobico. In Italia, in realtà, si parla e si chiede una legge come questa da venticinque anni. La prima proposta arrivò dall’allora deputato di Rifondazione Comunista, Nichi Vendola.
Detta così, si potrebbe ben dire che il tema dei diritti Lgbtq+ sia in Italia come un fanalino di coda, qualcosa di lontano e dimenticato. A riprova di ciò, i continui attacchi omofobici, le violenze e gli omicidi a stampo transfobico che macchiano le pagine della cronaca italiana. Migliaia di attivisti, gruppi di giovani e giovanissimi e associazioni Lgbtq+ si sono mossi – ultimamente con maggiore intensità – per far uscire l’Italia da quello che definiscono “stagnante e paludoso oscurantismo medievale” in cui sembrerebbe essere precipitata negli ultimi anni. Oltre a chiedere che venga finalmente approvata una legge che veda le persone della comunità arcobaleno soggetti vulnerabili giuridicamente parlando.
Il senso “divisivo” del ddl Zan
Non sono mancati gli attacchi, anche di natura violenta e discriminatoria, contro il relatore Zan e la sua proposta di legge. Moltissimi i gruppi anti-Lgbtq+, come Pro Vita e Famiglia o la CEI, hanno bollato il ddl C. 569 come il simbolo di una deriva liberticida e addirittura come una legge bavaglio che andrebbe a minare la libertà di espressione e di pensiero. Ma, almeno per chi scrive, la suddetta legge di bavaglio non ha assolutamente nulla, visto anche che esclude il reato di propaganda. Questo significa che sia prima che dopo la sua approvazione i gruppi sopracitati potranno continuare con il loro odio e la la loro discriminazione propagandistica senza veder limitato in nessun caso il loro diritto di espressione.
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Altri esponenti di spicco della politica si sono schierati contro la legge Zan. Ad esempio l’organizzatore del Family Day, Simone Pillon, o il leader della Lega Matteo Salvini, i quali hanno definito il ddl Zan come “una legge che non serve”. Questi sostengono, infatti, che il nostro ordinamento giuridico abbia già una normativa che combatta le discriminazioni e l’odio; quello però che sembra sfuggirgli è che questa legge non serve a chi vuole ancora discriminare. Viceversa, mira a tutelare la salute fisica e mentale di determinati soggetti – spesso giovani e giovanissimi – alle prese con la propria crescita e la costituzione di un’identità sessuale. Senza una legge che qualifichi i reati e le aggressioni di omofobia e transfobia come reati veri e propri, è difficile, se non impossibile, monitorare la situazione e avere dei dati reali e concreti su cui andare ad operare per contrastare gli spiacenti fenomeni.
Immorale? Una breve considerazione personale
Una parte importante di coloro che sono contro il ddl Zan hanno dato vita anche all’hashtag #restiamoliberi. Inoltre hanno manifestato contro la legge additandola come incostituzionale e immorale. Chi scrive ritiene che sia ancor più immorale, indecoroso e inaccettabile lasciare che centinaia di persone anche nel nostro Paese vengano uccise, violentante o molestate quotidianamente per il loro orientamento sessuale o la loro identità di genere. In quest’ottica, opporsi alla legge Zan è opporsi al diritto del singolo di esprimere liberamente il proprio essere senza dover temere ripercussioni di qualsiasi genere.
Elia Bonci
In apertura uno scatto preso da Linkiesta.it.
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