Il mese di giugno è riconosciuto storicamente come il mese in cui si celebrano e si difendono i diritti della comunità LGBTQ+. Il presidente americano Bill Clinton lo riconobbe per la prima volta nel 1999 ricordando le incursioni della polizia nel giugno del ’69 in un bar gay. La prima manifestazione rinominata «pride» avvenne nel 1970 grazie ad un’associazione di Chicago che promuoveva i diritti degli omosessuali. La parata partì da Washington fino ad arrivare a Stonewell (luogo dell’incursione del ’69) sventolando una bandiera con i colori arcobaleno. Inoltre la parola pride deriva dall’analisi degli attivisti di Chicago ed è intesa come «rispetto di sé» per poi diventare simbolo dell’orgoglio dei diritti della comunità LGBTQ+.
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L’acronimo LGBTQ+ fa riferimento a tutte le persone lesbiche, gay, transgender, bisessuali che non si sentono pienamente rappresentate dall’ideale di uomo o donna generalizzate come eterosessuali. Un termine normalizzato negli ultimi anni è Queer che fa riferimento a tutte quelle persone che non si identificano in eterosessuali e cisgender.
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Nel paesi arabi e arabo-musulmano i diritti della comunità LGBTQ+ vengono ripetutamente violati e nel suo testo sacro, si parla degli omosessuali con il nome di Lot. Tra i versetti più studiati ci sono il 7,80-82 in cui si parla di Lot e della sua scelta per gli uomini anziché le donne.
E Lot, quando disse al suo popolo: «Compirete forse voi questa turpitudine, tale che mai nessuno la commise prima di voi al mondo? Poiché voi vi avvicinate per libidine agli uomini anziché alle donne, anzi voi siete un popolo senza freno alcuno.» Ma la risposta del suo popolo non fu che questa: «Cacciateli fuori della vostra città! Sono uomini che voglion farsi passare per puri!»
In Corano 27,55-58 invece si parla di un popolo ribelle che abbandona le spose per i maschi.
«V’accosterete voi ai maschi di fra le creature? E abbandonerete le spose che per voi ha creato il Signore? Siete un popolo ribelle!». Risposero: «Se tu non cessi, o Lot, sarai certo cacciato dalla nostra città!». Rispose: «Le vostre azioni le odio! Signore! Salvami, e salva la mia gente, dal loro turpe agire!». E Noi lo salvammo, e la sua famiglia tutta, eccetto una vecchia, che fu tra i rimasti. Poi distruggemmo gli altri, tutti. E facemmo piover su loro una pioggia; terribile pioggia per gli ammoniti invano. E certo in questo fu un Segno, ma i più di loro non furon credenti.
Infine in Corano 28,28-29 è il popolo che chiede di essere giustiziato:
E rammenta Lot allorché disse al suo popolo: «Voi davvero commettete nefandezze che non commise mai creatura alcuna prima di voi! V’accostate voi dunque agli uomini e vi date al brigantaggio e nelle vostre riunioni commettete azioni turpi?». E l’unica risposta del suo popolo fu: «Portaci dunque il castigo di Dio se sei davvero sincero!».
In queste righe si allude all’omosessualità e in diritto islamico si parla di «devianti, ermafroditi, impuri e peccatori» e la condotta è associata al reato di zina, ovvero di adulterio, e la pena è la morte. Come con i reati hudud, anche quello dell’omosessualità è travisato da una lettura sbagliata del testo sacro. Dire che Allah condanna a morte i suoi fedeli per questi reati è totalmente errato poiché è evidente, nella lettura delle sure, che la morte e l’omicidio sono severamente vietati da Dio. Questo messaggio è estremamente valorizzato da una politica integralista e basata sulle interpretazioni classiche e antiche della Shari’a.
La politica del mondo arabo musulmano su questi temi ha delle grosse crepe all’interno. I dialoghi con i diritti della comunità LGBTQ+ sono evitati nei paesi arabi, come accade in Arabia Saudita in cui è illegale parlarne. Tra i Paesi che si sono esposti su questo tema troviamo: l’Egitto dove i diritti umani e quelli LGBTQ+ non sono ufficialmente riconosciuti né dal partito, né dall’opinione pubblica. In Iran è severamente vietato dichiararsi gay ed è estremamente illegale farlo. In Tunisia si rischiano 3 anni di reclusione. Per finire, in Marocco l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso è illegale e rischiano da 6 mesi a 3 anni di galera.
Nel 2018 è stato organizzato il primo pride nella città di Beirut incitando l’autodeterminazione di sé. Tra le campagne avviate da Amnesty International c’è stata quella per la liberazione dell’attivista Sarah Hegazi. La ragazza si tolse la vita dopo che fu arrestata, torturata e stuprata solo perché gay.
Grazie alla magia della tecnologia spesso si sono organizzati delle manifestazioni per «normalizzare» i diritti della comunità LGBTQ+ nei paesi arabi. Durante la pandemia una influencer marocchina transgender, Sofia Taloni, ha invitato tutte le persone a non nascondersi più e a lottare suscitando indignazioni della politica e pubblica con la paura di «essere scoperti».
Con l’avvio del mese del pride, speriamo di poter normalizzare questo argomento affinché nessuno possa sentirsi non accettato. A tutta la comunità arcobaleno, abbiate coraggio che l’amore è l’unica cosa che conta davvero, ovunque vi troviate nel mondo.
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[1] https://www.istitutobeck.com/beck-news/breve-glossario-lgbtq
[1] https://www.today.it/speciale/game-changer/pride-giugno.html
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