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Domus Aurea: un giardino pensile protegge il palazzo di Nerone

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Sopra, aiuole segnate da canalette di raccolta dell’acqua piovana che tracciano un disegno di fontane e corridoi corrispondenti alle fontane e ai cortili delle aule sotterranee della Domus Aurea. Sotto, un sistema ad alta tecnologia, composto di tubi, sensori e meccanismi di drenaggio studiati per salvare dall’umidità e dalla distruzione quel che resta del palazzo di Nerone e delle Terme di Traiano.

Il primo bacino di drenaggio del progetto di risistemazione del colle Oppio è stato presentato mercoledì 1 aprile dal soprintendente archeologico di Roma Francesco Prosperetti, insieme all’assessore alla cultura Giovanna Marinelli e all’architetto Gabriella Strano.

Settecento metri quadrati occupati da grandi fioriere e praticelli separati da viali. Nelle fioriere, solo essenze dalle corolle blu, perché simulino l’acqua della fontana: rosmarino, giacinti, lithodora. E muscari: piccole bulbacee commestibili che i Romani usavano in cucina come cipolle. «L’erba dei prati – ha spiegato l’architetto Strano – non è quella inglese, venduta oggi in rotoli puliti e sconosciuta nella Roma dell’antichità.

Abbiamo scelto l’erba imbarbarita. Quando cresce si vede che è mischiata a erbacce selvatiche e fiorellini». Il disegno delle aiuole ricalca anche l’orientamento dei due monumenti sotterranei: in direzione nord-sud la casa neroniana, est-ovest la costruzione successiva di Traiano. Per completare il progetto, e mettere in sicurezza tutta la porzione di parco che sovrasta la Domus Aurea, è necessario intervenire su sedicimila metri quadrati di terreno. Toccherà sacrificare trentatré grandi alberi, tra lecci, pini, acacie, allori. E anche l’immenso Pinus roxburghii, che l’orientalista Giuseppe Tucci raccolse neonato sull’Himalaya, negli anni Quaranta del secolo scorso, e poi trasportò fino a Roma dentro lo zaino.

Oggi è un gigante che abbraccia con le sue radici il ninfeo di Ulisse e Polifemo, e lentamente lo stritola. «Pesa cinquanta quintali», precisa Strano. E il terreno va alleggerito. Solo per sistemare i settecento metri quadri del primo bacino sono stati asportati ventiquattromila quintali di terra.

Il sistema integrato di impermeabilizzazione sopra la Domus Aurea prevede un’intercapedine tra le volte della Domus e un nuovo strato di terreno in superficie, la cui composizione favorisca la capacità di ritenzione dell’acqua piovana, impedendole di percolare tra i muri sottostanti. Il giardino futuro l’hanno chiamato «sostenibile».

«Perché leggero. Soprattutto in termini di perdite e benefici», dice Prosperetti. Si perdono un po’ di piante e si salva un’area archeologica tra le più importanti della città. Per la realizzazione occorrono trentuno milioni di euro. «Una parte li ha garantiti il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Un’altra parte sarebbero dovuti arrivare da una raccolta di crowdfunding, che avevamo lanciato ma che è andata male. Per rimediare, abbiamo aperto un programma di sponsorizzazione. Occorrono ancora 20 milioni», continua Prosperetti.

Se si riusciranno a raccogliere i fondi necessari, i lavori potrebbero essere conclusi entro quattro anni. «Abbattendo proprietà e confini diversi che si sono stratificati negli anni e superando le complicazioni dovute alla miriade di competenze che devono collaborare per effettuare lavori di questo genere», come auspica Marinelli.

A.M.G.

Redazione

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