La figura del Don Giovanni ormai è diventata un’icona della nostra cultura, parte integrante del nostro stesso linguaggio. Pochi personaggi godono di tale privilegio e forse, oltre a lui, possiamo menzionare soltanto Perpetua dei Promessi Sposi del Manzoni. Fanno parte di noi, del nostro modo di pensare, vengono ritenuti quasi figure divine nel corollario della nostra mitologia moderna. Don Giovanni è, in pratica, un novello Eros.
Ma è davvero sempre stato un mero seduttore? Una figura pregna di sensualità, collezionista di innumerevoli dame, amante della femminilità? No. Cioè sì. Però no. Facciamo chiarezza.
Le origini di Don Giovanni
Il mito nasce intorno al 1630 dalla penna di Tirso de Molina, pseudonimo del frate Gabriel Tellez, come protagonista della tragicommedia morale El burlador de Sevilla. E qui iniziano i problemi: burlador, non seduttore.
Don Giovanni nasce dai precedenti “tipi” teatrali che caratterizzavano il galán spagnolo, ovvero il giovane nobile che cerca di sposare la dama che ama. In questo caso, avviene una storpiatura: il protagonista è giovane, è nobile, è accompagnato dal suo fedele e comico servo, ma non è innamorato. E mai lo sarà. Ma non è nemmeno un seduttore: a Don Giovanni non interessano le donne, non ha il minimo interesse per la seduzione.
A Don Giovanni interessano gli scherzi. L’unica cosa che il nostro burlador vuole ottenere è la presa in giro a tutti i detentori di potere che trova e le donne che seduce sono per lui il mero mezzo per ottenerla. Non sono la finalità – la ricerca di sesso, di piacere, di fornicazione – ma semplice motore per iniziare l’inganno ad una figura più grande. Ogni donna di cui egli si burla è legata ad un uomo, vero ed unico obiettivo.
La presa in giro è verso i cari Don Ottavio, il re, il Marchese del la Mota, Batricio, gli stessi padre e zio del protagonista, ma soprattutto verso Don Gonzalo, che lo porterà poi all’Inferno. La punizione divina che si abbatte su Don Giovanni, trascinato tra le fiamme del giudizio divino non è causata dalla ricerca spasmodica di sesso, ma dall’aver offeso la statua funeraria di Don Gonzalo, padre di una delle prede delle sue seduzioni.
Chiamatelo patriarcato, ma la donna anche qui non serve a nulla se non arrivare ad un uomo di potere.
Il Don Giovanni di Moliére
Come siamo arrivati allora al seduttore? La storia del Don Giovanni inizia a diffondersi, arrivando anche in Francia. Lì, infatti, trent’anni dopo la prima rappresentazione spagnola, Moliére scrive il suo Dom Juan. In quest’opera non ci sono affatto le seduzioni, che vengono meramente raccontate come episodi precedenti, e l’unica cosa che può farci capire che questi sia veramente un “dongiovanni” è la litigata fra due dame su chi sia la sua preferita.
L’unica donna che compare spesso lungo tutta la commedia è Elvira: novizia pronta a diventare suora, viene sedotta da Don Giovanni e quindi la sua famiglia pretende che i due si sposino, come a costume. Don Giovanni, però, non è proprio d’accordo con questa decisone, volendo rimanere libero.
Ma non sono le donne il suo punto fisso, così come non lo è nemmeno la burla. Il burlador molierano si tramuta ora in ateo, quasi eretico. La sua colpa è, questa volta, l’aver obbligato un senzatetto a bestemmiare il nome di Dio in cambio di qualche denaro, come se fosse un gioco goliardico. Il nuovo nemico di Don Giovanni, ora, non è più il potere, ma l’essere divino.
La versione di Goldoni
Siamo passati dalla Spagna alla Francia e ora tocca al nostro Bel Paese. La Commedia dell’Arte, con a capo Carlo Goldoni, vede il dilagare del mito dongiovannesco e perché non farne una variante italiana? Ben presto il canovaccio viene portato a termine e tutti richiedono il Don Giovanni di Goldoni a corte.
Il gioco è fatto: Don Giovanni diventa un nuovo “tipo” teatrale, ben diverso, però, dal galán di partenza. Quasi viscido, ingannatore, ricercatore di piacere e di donne: ecco che diventano ora vero obiettivo delle sue attenzioni. Non è più il potere, non più è Dio, ma le sono donne che richiamano le sue attenzioni, passate da essere mero mezzo a obiettivo dell’inganno. Che promozione.
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Un cambio di aggettivo
Diciamo, quindi, che ognuno ha ormai il dongiovanni che preferisce: abbiamo visto il burlone, l’eretico, e il seduttore. Sarà, però, l’incontro del mito con Mozart che sancirà l’idea del Don Giovanni seduttore: se Goldoni lo aveva reso un mito popolare, Mozart gli dona una dignità colta.
Il libretto di Lorenzo Da Ponte, autore dell’opera musicata da Mozart, presentava, infatti, la parola “malandrino” come epiteto del loro Don Giovanni. Sebbene “malandrino” ricordasse gli esordi del mito scritto da Tirso de Molina, non parve una parola così musicale, adeguata a Mozart. Non sembrava forse rappresentare a pieno lo spirito del loro protagonista. E allora? Allora perché non “libertino”? Suona meglio, sembra naturale, anche se il significato cambia completamente. Eppure vene lasciata la dicitura “libertino” e da quel momento il Don Giovanni comincia ad assumere universalmente una sfumatura di seduttore cronico, quello che viene definito come collezionista erotico.
Pian piano il vero peccato di Don Giovanni comincia ad essere il suo solo desiderio sessuale.
Il Don Giovanni “reale”
La figura di Don Giovanni, però, ottiene riconoscimento mondiale e un posto d’onore tra i personaggi che definiscono la “mitologia” moderna anche grazie a Giacomo Casanova. Cosa rende un personaggio di finzione così forte e presente nella nostra cultura (soprattutto italiana) se non la sua reincarnazione fisica?
Dalla seconda metà del Settecento, infatti, la figura di Casanova rende realtà il mito: combinaguai, seduttore, scrittore, politico e chi più ne ha più ne metta.
Conosciuto dai più grandi personaggi della Storia dell’epoca, frequentatore dei più importanti salotti e delle corti reali, deve la sua fama di seduttore alla sua stessa opera, Storia della mia vita, in cui racconta tutte le sue migliori avventure.
Don Giovanni è, quindi, stato molte cose, e ognuno scelga la versione che preferisce, ma attenzione: ricordiamoci sempre che sono terminate quasi tutte con la caduta all’Inferno. E anche il caro Giacomo Casanova fu trascinato nei Piombi, sotto Palazzo Ducale a Venezia… nel suo inferno personale.
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