Antigone: ieri come oggi parla al cuore di tutti

Il coraggio di una donna che non ha paura di lottare per ciò che è giusto

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Ogni anno possiamo notare come i classici ritornino sempre a infiammare i palchi di tutta Italia, con tournée di tutto rispetto e, solitamente, platee che si riempiono più facilmente. Siamo persone semplici: scegliere di pagare il biglietto per un nuovo spettacolo è spesso un terno al lotto, mentre conoscere già la storia che si andrà a vedere riserva – per la maggior parte delle volte – poche sorprese, nel bene o nel male.

Ma non può essere solo questo che spinge tanti teatri a riproporre classici di eterna bellezza, che risalgono anche fino al teatro greco. Testi che sembrano apparire sempre nuovi e freschi, che parlano al pubblico come uno spettacolo contemporaneo. È bella questa continua discussione che si crea nei cartelloni teatrali tra piece moderne e antiche, su temi che a volte s’intrecciano: un parlarsi fra epoche che non smette mai di entusiasmarci. 

I classici oggi: «Antigone» di Sofocle

Uno dei più grandi capolavori di Sofocle, anche quest’anno, come sempre, riesce a stupire gli spettatori. Possiamo, infatti, vedere Antigone e i suoi fratelli, per la regia di Gabriele Vacis, a Padova, oppure la rivisitazione di Antigone, sia a Milano che a Trieste. La storia di questa donna forte e decisa non si ferma ai nostri confini, ma viene letta e riletta anche all’estero. 

Il perché è facile da trovare: la figura di Antigone è attrattiva, ispirante, straordinaria. Come i grandi eroi greci, Sofocle ci ha donato un’eroina che è capace di vivere attraverso le diverse epoche umane. Non è stata la sola a fare fortuna sul palco – come lei si ricordano anche Medea o Fedra, per dirne alcune – ma la forza di Antigone è stata capace di renderla quasi un simbolo femminile

Antigone in breve

Per chi non fosse ancora entrato a conoscenza della storia scritta da Sofocle, ecco un breve sunto. La storia rientra nella triade di tragedie dedicate a Edipo nel Gruppo tebano. Antigone, figlia di Edipo, deve affrontare una difficile crisi familiare che ha scatenato una sorta di guerra civile ante litteram. I suoi due fratelli, Eteocle e Polinice, si sono scontrati per il trono di Tebe: entrambi muoiono durante lo scontro, ma se il primo viene seppellito con tutte le onoranze funebri del caso, il secondo viene abbandonato sul campo come reietto e traditore. Sono le leggi e tutti le devono rispettare, anche Antigone. Il corpo di Polinice deve diventare cibo per gli animali, come si merita. 

Eppure lei non ci sta. Non può lasciare il fratello – “traditore” o meno – in balia degli avvoltoi e dei vermi: gli è dovuta una sepoltura, un ingresso nell’Ade. Sono le leggi divine e tutti le devono rispettare, anche i potenti regnanti umani. Così, cerca di seppellire il fratello e per questo viene punita e imprigionata. Inizia una lotta tra leggi umani e divine, tra doveri dell’uomo e della politica. Tra ciò che è gusto e ciò che è sbagliato, ma secondo diversi standard: chi ha ragione? 

Antigone
Nikiphoros Lytras, Antigone e Polinice (1865), National Gallery – Museo Alexandros Soutsos, Atene
Fonte: jenikirbyhistory.getarchive.net

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Perché Antigone oggi

Quello che oggi chiameremmo il “caso Antigone” su qualsiasi piattaforma streaming di news o podcast, è una storia che continua a colpire il cuore di chi l’ascolta. È una tragedia nel vero senso della parola: non solo porta in sé un finale tragico – possiamo ben immaginare come si concluda lo spettacolo, conoscendo i tragediografi greci – ma anche un senso di impossibilità che determina spesso e volentieri il genere femminile. 

Antigone deve combattere non solo per i diritti del fratello ad avere una degna sepoltura e quindi avere la possibilità di accedere all’Ade, ma anche per i suoi diritti a potersi esprimere. È una donna privilegiata – in termini moderni – in quanto figlia di Edipo, ma questa eredità non cambia le sue prospettive: è comunque una donna e deve sottostare ai termini e alle condizioni di Creonte, lo zio che ora ha preso le redini della città. 

Non sta a lei fermare i suoi fratelli prima del massacro e non sta a lei regnare dopo la loro dipartita. Sta a Creonte legiferare e mantenere le regole, senza possibilità di discussione. Le regole possono essere discusse solo tra uomini di un certo grado e Antigone non dovrebbe cercare di andare contro le leggi e sperare di uscirne vittoriosa. 

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Il suo ruolo come donna

Antigone, infatti, dovrebbe comportarsi come Ismene, sua sorella, che accetta il destino di Polinice e le raccomanda di non comportarsi in modo avventato. La sorella è d’accordo con lei, ma sta al suo posto, sa qual è la posta in gioco e sa che, in quanto donna, non può contrastare Creonte. Ma Antigone sa che c’è qualcuno più potente degli uomini: gli dei.

Se dovesse fare una brutta fine – e la farà – ci saranno gli dei a vendicarsi per la sua ingiusta fine – e difatti lo faranno. Creonte viene circondato da una sequela di morti dopo quella di Antigone, presagite tutte dal profeta Tiresia, che lo aveva avvisato: le leggi divine supereranno sempre quelle umane. Eppure non ascolta nessuno, in particolare Antigone

La sua era una semplice richiesta, un dovere umano: seppellire il fratello. Una piccola azione che le avrebbe permesso di sostenere il lutto e andare avanti, ma non le è stato possibile. Una donna come tante nella storia, che richiedono piccoli o grandi miglioramenti, seguendo una morale che va oltre quella delle leggi, ma dell’animo umano. Azioni negate, ostacolate. Donne per questo punite, imprigionate. Ieri come oggi, nel corso della storia. 

Antigone
Giuseppe Diotti, Antigone condannata a mote da Creonte (1845), Accademia Carrara, Bergamo
Fonte: commons.m.wikimedia.org

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Un esempio da ricordare

Per questo, forse, Antigone rimane una capostipite. Medea può essere relegata come “pazza”, Fedra colpita da un volere divino più forte del suo, ma Antigone no, è tutta farina del suo sacco. Si batte per il giusto non perché deve, ma perché lo ritiene parte della misericordia umana. Almeno seppellire i nostri morti: senza questo, cosa siamo? 

Rimangono solo la forza e il suo coraggio, giustamente vendicati da qualcuno o qualcosa che risiede al di sopra. Che siano gli dei, che sia la volontà, che sia la legacy che una persona porta avanti nel corso dei secoli. Un inno al combattere per quello in cui si crede, nella morale vera e non decisa a tavolino: un esempio per tante donne zittite e sottomesse al volere di altri. Un faro in quel di Tebe che arriva dall’antica Grecia alla modernità, che ci ricorda per cosa valga la pena lottare.  

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Greta Mezzalira

Classe 1995, laureata in Filologia Moderna. Innamorata del teatro fin dalla prima visione di "Sogno di una notte di mezza estate" durante una gita scolastica. Amante di musical e di letteratura.

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