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L’esordio di Donatello alla cattedrale di Firenze: la Porta della mandorla

Tra i tanti artisti che hanno lavorato a Santa Maria del Fiore, a Firenze, vi fu anche Donatello. In particolare, le sue sculture abbelliscono la Porta della mandorla, sul lato settentrionale della cattedrale.

13 minuti di lettura

Un monumento cruciale nella storia di Firenze, ma con valore assoluto nella storia dell’arte, è la cattedrale di Santa Maria del Fiore. Le tappe della costruzione di questo edificio di dimensioni abnormi sono diverse, i lavori sono lunghi, ma comunque nella norma per una chiesa di quella dimensione: dalla fine del Duecento (1294/96/98) al 1436 si costruisce effettivamente l’edificio, senza però concluderlo davvero.

La fabbrica del Duomo di Firenze vede incontrarsi e susseguirsi il lavoro di alcuni dei più grandi artisti tardo medievali e rinascimentali. Gli anni di costruzione e decorazione della cattedrale, infatti, sono cruciali per lo sviluppo dell’arte medievale e di quella rinascimentale poi, che vede qui presenti alcuni dei suoi più grandi interpreti. Tra questi non è possibile ignorare Donatello che, insieme a Filippo Brunelleschi, è considerato uno dei padri del Rinascimento.

La cattedrale e la sua ricca decorazione

La chiesa si inserisce in un contesto complesso, la cui conclusione a metà Quattrocento comprende tutti gli edifici che costituiscono l’insieme: la cattedrale con la cupola, il battistero, ma anche la torre/campanile, che mantiene una fabbrica sostanzialmente autonoma rispetto quella della cattedrale. Il progetto si presenta da subito estremamente ambizioso, per la mole molto imponente, ma anche per l’inserimento in una struttura urbana molto fitta: vengono infatti abbattuti edifici privati per ricavare l’adeguato spazio.

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I nuclei principali di decorazione plastica della cattedrale di Santa Maria del Fiore sono la facciata, il campanile e i quattro portali laterali. Questi ultimi furono eseguiti e decorati seguendo la cronologia del procedere dei lavori, per cui i portali vicino alla facciata sono quelli più antichi. Moltissima altra scultura costella tutta l’architettura. Ci sono sculture disseminate un po’ ovunque e il progetto, se non quello iniziale di Arnolfo di Cambio quantomeno quello successivo di Francesco Talenti, prevedeva ulteriori figure.

L’esordio di Donatello come artista

I primi documenti che riguardano Donatello (Donato di Niccolò di Betto Bardi, 1386-1466) nella veste di artista sono quelli relativi alla decorazione della Porta della mandorla e la decorazione dei battenti bronzei della porta nord del battistero, che Lorenzo Ghiberti inizia a lavorare nel 1402 dopo aver vinto il celebre concorso. I due lavori si intrecciano inevitabilmente e per un periodo si sovrappongono. Donatello è documentato leggermente prima nella fucina di Ghiberti, dove la sua presenza è attestata dal 1404 al 1407 circa, cioè dai diciotto anni. Qui è giovane ma non apprendista, bensì aiutante. Donatello aveva perciò certamente alle spalle un periodo di apprendistato nella Firenze di fine Trecento, cominciando attorno ai dodici/tredici anni. Quella di Ghiberti è una bottega orafa, essendo lui a sua volta figlio di un orafo. Che Donatello abbia avuto una formazione da orafo lo dicono i documenti più antichi che lo riguardano, quindi sorprende il suo emergere come scultore di marmo, perché l’apprendistato delle due specializzazioni era completamente diverso, anche concettualmente.

Porta della mandorla

Il suo esordio avviene dunque al fianco di Lorenzo Ghiberti, per quanto riguarda il mestiere di orafo, e di Niccolò Lamberti per quanto riguarda la scultura. Lamberti è uno scultore fiorentino il cui profilo emerge nel cantiere di Santa Maria del Fiore, che lavora alla Porta della mandorla ma non solo e la cui carriera si svolge tra Firenze e Venezia, dove si trasferisce più tardi.

La Porta della mandorla

La seconda porta che si apre sul lato settentrionale della cattedrale, il più lontano dalla facciata, prende il nome di Porta della mandorla dalla figurazione dell’Assunzione nel frontone della porta stessa. Qui fa la sua comparsa il giovane Donatello, all’epoca della realizzazione ancora artigiano-artista esordiente. L’iconica mandorla della decorazione è tuttavia successiva ai lavori che vedono coinvolto Donatello. Nei documenti di allora è infatti chiamata la “porta che va ai servi”, perché più o meno di fronte parte una strada che conduce direttamente alla chiesa e al monastero dei serviti, la chiesa dell’Annunziata. Il fulcro iconografico è infatti mariano, con il frontone raffigurante la scena dell’Annunciazione, oggi a mosaico ma concepita come scolpita.

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La decorazione della porta è un sistema decorativo complesso, il più ricco portale dei quattro sui fianchi della cattedrale. La decorazione in marmo bianco e inserti di marmo verde si concentra negli stipiti, decoratissimi insieme all’architrave, poi nella lunetta e nel grandioso frontone con la Madonna assunta in mandorla. Questa complessa decorazione si svolge essenzialmente in tre fasi, concatenate ma con lunghe pause tra una e l’altra e che si distribuiscono in diversi anni:

  • 1391-97, Giovanni d’Ambrogio, Niccolò Lamberti, Piero di Giovanni Tedesco, Jacopo di Piero Guidi. Quelli coinvolti sono i migliori scultori attivi in quel momento al duomo e a Firenze. Nel 1397 i lavori di decorazione rallentano. La città probabilmente si concentra su altro, in particolare sul concorso per le porte del battistero.
Porta della mandorla
  • 1405-08, otto anni sono sufficienti per un cambio generazionale nella squadra degli scultori. Dei maestri coinvolti nella prima campagna, solo Niccolò Lamberti viene reclutato. I lavori vengono divisi a metà fra Niccolò Lamberti e Antonio di Banco. Questi ha al suo fianco un figlio talentuoso e promettente: Nanni. È in questa fase dei lavori che compare anche il nome Donatello in relazione alla decorazione della porta. Quest’ultimo non è uno degli scultori a cui viene affidata la commissione, ma si inserisce a un certo punto, probabilmente introdotto da Lamberti. Dopo la realizzazione della lunetta c’è un’altra interruzione dei lavori.
  • 1414-21, Nanni di Banco riceve l’incarico di completare l’intera decorazione e di realizzare il frontone. Nanni ci lavora per sette anni, concludendo il lavoro di intaglio dei marmi, ma muore prima di metterli in opera. È Donatello allora, nel 1422, a completare il lavoro.

Il recupero dell’antico: le rinascenze medievali

I rilievi della Porta della mandorla sono giustamente celebri per la qualità dell’intaglio ma anche per la peculiarità del programma iconografico dispiegato. La decorazione del portale è molto complessa, con parti figurate e altre più ornate. È una porta ricchissima, con soluzioni molto fantasiose.

Le figure sono state realizzate basandosi su un modello comune, che ciascuno scultore ha elaborato in maniera personale. Ogni scultore aveva una lastra di marmo sulla quale doveva eseguire il pezzo corrispettivo sulla base di un progetto che valeva per tutti. I pezzi venivano poi montati l’uno sull’altro, in modo da non creare interruzioni nella decorazione. Il disegno doveva essere estremamente preciso e proseguiva tra una lastra e l’altra.

Le parti figurate prevedono delle bellissime lesene su cui si alternano angeli entro esagoni e una decorazione a foglie d’acanto abitate da diversi personaggi. Nella cornice più interna degli stipiti, che poi prosegue nell’architrave, si vedono ancora una serie di girali d’acanto anch’essi abitati. Le figure che ammiccano dalla vegetazione sono insolite per una cattedrale in quanto sono figure nude. È ripetuta la figura di Ercole nelle sue varie imprese, considerato come un simbolo di Firenze.

Questo sistema decorativo, con le volute di foglie d’acanto poste a contenere le figure, è prelevato direttamente dal mondo antico. Il fatto di poter individuare personaggi che alludono certamente al mondo della mitologia classica e anche un sistema di decorazione che allude a modelli antichi ha fatto spesso parlare, a proposito della Porta della mandorla, di un cantiere sperimentale per il Rinascimento, una palestra per i suoi sviluppi futuri. In realtà, come spiega lo studioso Erwin Panofsky, la Porta della mandorla non ha niente a che fare con il Rinascimento, ma più con il fenomeno delle cosiddette rinascenze medievali, che costellano la storia dell’arte medievale. Questa sarebbe in qualche modo l’ultima delle rinascenze medievali, dove la comparsa di elementi all’antica nell’ornato e nei soggetti ha lo stesso senso di una citazione erudita dei classici per uno scrittore contemporaneo. Infatti, le figurette all’antica si alternano con disinvoltura alle figure di angeli fortemente tardogotici. C’è una convivenza armonica delle tendenze.

Una curiosità: il «Cristo in pietà»

Uno dei documenti che fanno il nome di Donatello, del 17 febbraio 1408, riporta il versamento di sei fiorini a favore dello scultore, saldo rispetto una cifra complessiva di sedici fiorini, per una «figura longitudinis brachiorum unius et 1/3» (77 centimetri circa), anch’essa da porre alla Porta della mandorla.
Si riferisce probabilmente alla chiave d’arco con il Cristo in pietà che emerge da una cornice geometrica, un po’ diversa rispetto agli esagoni da cui emergono gli angeli.

Il documento tuttavia non parla chiaramente della chiave di volta. Si è andati dunque per esclusione, misurando i pezzi della decorazione e vedendo quale potesse corrispondere a quanto riportato. Il Cristo in pietà è in realtà di 66 centimetri, mentre il pagamento era per un’opera di circa 77. Il pezzo di marmo su cui è scolpito è evidentemente asimmetrico, con la parte destra senza terminazione di decorazione, scolpita nel pezzo di marmo adiacente. Sono le ragioni dello stile a portare gli esperti a riconoscere in questo pezzo l’opera citata nel documento e quindi la mano di Donatello. Si sa, inoltre, che Lamberti venne rimproverato per un errore nell’esecuzione dei rilievi, non essendosi attenuto al disegno fornito dall’allora capomastro, Giovanni d’Ambrogio. Il documento che riporta questo fatto è un documento contabile: lo si minaccia di ricevere una multa nel caso in cui non avesse risolto il guaio combinato. Donatello avrebbe allora, forse, rimediato accorciando il proprio pezzo.

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Rebecca Sivieri

Classe 1999. Nata e cresciuta nella mia amata Cremona, partita poi alla volta di Venezia per la laurea triennale in Arti Visive e Multimediali. Dato che soffro il mal di mare, per la Magistrale in Arte ho optato per Trento. Scrivere non è forse il mio mestiere, ma mi piace parlare agli altri di ciò che amo.

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