L’universo tolkieniano ormai è entrato nell’immaginario collettivo. Tutti hanno visto sul grande schermo la trilogia de Il Signore degli Anelli e de Lo Hobbit (e si spera abbiano letto anche i libri!), ma il Professore, oltre a queste opere di grande importanza insieme al Silmarillion, ha pubblicato molte piccole storie: tra queste Il Fabbro di Wootton Major.
Edita nel 1967, è l’ultima opera pubblicata da J.R.R.Tolkien in vita e, inizialmente, sarebbe dovuta essere solo l’introduzione a The Golden Key di George MacDonald. Tuttavia, mentre l’autore scriveva, si rese conto di avere tra le mani l’idea per una storia più lunga e così nacque Il Fabbro di Wootton Major.
Nel villaggio di Wootton Major, ogni ventiquattro anni si celebra il Festino dei Bambini Buoni dove vengono invitati ventiquattro bambini degni di partecipare al banchetto. Il clou della festa è la Grande Torta preparata dal Maestro Cuoco:
«Al Pranzo, la Torta faceva bella mostra di sé in mezzo alla lunga tavola, dentro un cerchio di ventiquattro candele rosse. Culminava in una piccola montagna bianca, sui cui fianchi crescevano alberelli scintillanti come di brina; sulla sua vetta, stava su un piede solo una minuscola figura bianca, come una fanciulla delle nevi intenta a danzare, e in mano teneva una piccolissima bacchetta magica di ghiaccio risplendente».
Dentro alla torta, oltre a ninnoli e monetine portafortuna, c’è una stellina fatata capace di aprire le porte del fantastico mondo di Feeria. A trovarla e a ingoiarla incidentalmente è un bambino che crescendo ha l’onore di avventurarsi nel mondo fatato. Tuttavia il bambino ormai adulto che tutti chiamano Fabbro per via della sua professione, scopre nei suoi viaggi che Feeria non è un mondo dolce e “glassato” com’era rappresentato nella Torta, ma anzi si trova di fronte ad un mondo fatto anche di pericoli e dolore e non solo di gioie e spensieratezza. Tra i suoi incontri vediamo agguerriti elfi:
«I marinai elfici erano alti e terribili; le loro spade splendevano, le lance brillavano, una luce penetrante era nei loro occhi. Improvvisamente, levarono le voci in un canto di trionfo, e il suo cuore fu scosso dalla paura […]»
E la gentile e regale Regina delle Fate per la quale Fabbro prova profonda vergogna ripensando a com’era stata ingiustamente rappresentata nella Torta:
«Non affliggerti per me […] e non vergognarti troppo della tua gente. Meglio una bambolina, forse, che il completo oblio di Feeria.»
Tuttavia, con grande dispiacere di Fabbro, la stellina che gli ha permesso una vita fuori dal comune, deve essere data a un altro bambino in modo tale che da grande viva anche lui fantastiche avventure. Così il testimone viene passato ad un altro sempre grazie alla Grande Torta e la storia si ripeterà.
A impreziosire il racconto vediamo le splendide illustrazioni di Pauline Baynes, autrice così apprezzata da Tolkien da aver decorato anche molti altri suoi libri. Interessanti anche tutte le correzioni dell’autore stesso che possiamo vedere ormai in tutte le edizioni che accompagnano il racconto: ad esempio la stellina fatata in principio era un anello… vi ricorda qualcosa?
Un racconto lungo che si legge in un attimo, ma che rimarrà per sempre nel cuore del lettore. Il Fabbro di Wootton Major è adatto a tutte le età e non lascerà delusi i fan abituati a opere più impegnative di Tolkien. E magari, per chi vorrebbe avvicinarsi al mondo fantasy, ma si lascia spaventare dalla mole dei romanzi epici, questo potrebbe essere il primo passo per farsi catturare dagli elfi e dalle fate ed essere catapultati nel mondo di Feeria. Poi non vorrete più tornare indietro.