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Francesca Alinovi, un ritratto oltre la cronaca nera

Quarantasette coltellate a trentacinque anni. Da Bologna alla Grande Mela, una parabola artistica finita nel sangue

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7 minuti di lettura

Per Keith Haring fu l’intervista migliore della sua vita. Per Kenny Scharf la prima critica d’arte a prendere sul serio il suo lavoro. Ma la testimonianza più intensa, più vibrante sulla vita di Francesca Alinovi è quella di Alessandro Mendini, architetto, designer, maestro d’arte e di pensiero: «Sembrava condensare l’arte di cui si interessava sulla propria persona»

Nata a Parma nel 1948, anima in bilico tra ribellismo e ritrosia, Alinovi si trasferisce a Bologna per laurearsi in lettere con una tesi in storia dell’arte su Carlo Corsi, discussa con Francesco Arcangeli. C’è un documentario del 2017, firmato da Veronica Santi, che illumina le zone d’ombra di questa critica militante, ossia il suo talento proteiforme, pienamente inserito nella temperie di una città vibrante, attraversata dalla vitalità del DAMS, della spregiudicatezza del post-punk. Si intitola I am not alone anyway, ed è un atto rivoluzionario perché mostra i bagliori, i guizzi di Francesca Alinovi, ne traccia un ritratto sincero a partire dalle voci di chi l’ha conosciuta, di chi l’ha amata. E la pone al centro, con quella voce magnetica e lo sguardo che sembra scavare sotto la pelle: interrogativo, penetrante, oltre l’aspetto comune.

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Da qui Francesca esce depurata dal suo “ruolo”, da quel destino di vittima perfetta, protagonista di uno dei delitti italiani tra il tormento e l’estasi. Quarantasette coltellate a trentacinque anni, nella casa di via del Riccio che il padre le aveva comprato anni addietro, appena iscritta all’università. «Un porto di mare», come ricorda Francesco Ciancabilla, il giovane accusato di averla uccisa, parlando con Franca Leosini in una puntata di Storie Maledette del 1998.

francesca alinovi
Foto dal libro Il mistero di via del riccio, Roberto Canditi, Bologna, Aniballi, 1984,.

È il 12 giugno 1983 quando Francesca Alinovi viene trovata morta nel suo appartamento. Insegna al DAMS, è all’apice della sua carriera di critica d’arte. Da quel momento ogni faticoso traguardo, ogni aspetto del percorso intellettuale e umano della donna viene ricoperto dalla polvere. Francesca è un cadavere, un mistero da prima serata.

Eppure le sue scelte provocatorie, lo sguardo fuori-canone, avevano contribuito a far “esondare” i confini dei generi: fumetto, pittura, arte visuale, tutto contaminato e rimescolato nella teorizzazione di una nuova corrente denominata Enfatismo, nata dalle ceneri del postmoderno e composta da giovani performer, fotografi e musicisti di talento. Alinovi si era specializzata con Renato Barilli, il quale dichiarò che tra loro c’era «una complementarietà perfetta». Dal 1977 aveva iniziato a viaggiare, stringendo con gli artisti newyorkesi «contatti velocissimi e affettuosi».

È la Grande Mela a plasmare l’ampiezza del suo sguardo. «Tutto era grigio e rettangolare a quei tempi», ricorda Robert Kushner, allergico al minimalismo dominante, ma Alinovi è una ventata d’aria fresca, entra in contatto con la New Wave e gli artisti del Lower East Side. Il suo percorso critico si intreccia con quello da “talent scout”, nel 1981 scopre Fashion Moda e i graffiti del South Bronx, cura la mostra Italian Wave alla Galleria Holly Salomon.

francesca alinovi
Un fotogramma di I am not alone anyway, Veronica Sarti, 2017

A vedere I am not alone anyway colpisce la malia dei suoi movimenti, quell’essere internazionale senza “esotismo”, capace di cercare il confronto con il mondo tracciando un ponte fra gli oceani, assorbendo il meglio dell’arte statunitense per declinarlo nel fermento della Bologna anni Ottanta, che da questa storia, all’uccisione della sua “musa” (cui seguiranno altri tre delitti, tutti nel mondo accademico), uscirà nevrotica, stanca, segnata dal riflusso, dal fallimento delle rivolte giovanili.

Il delitto di via del Riccio ha i contorni del noir, con due protagonisti bellissimi, incarnazione del motto “vissi d’arte, vissi d’amore”. Ciancabilla ha dieci anni meno di Alinovi ed è un suo studente del DAMS. Bravo, brillante, rimane ammaliato dal magnetismo della docente, dalla sua teatralità, da quelle lezioni che hanno il sapore della performance. Dai diari di Francesca Alinovi emerge un amore unilaterale: «La mia vita senza scopo, la mia vita senza la felicità di sentirmi amata da lui, continuare ad amarlo anche se lui non mi desidera carnalmente, non vibra della mia passione».

Il sesso non c’è, per decisione di Ciancabilla, che nelle interviste dichiarerà di non averla mai illusa, di non voler sporcare un rapporto così “puro”, sublimato nell’arte. Il diario racconta un rapporto malato, una dipendenza affettiva che sfocia nel gorgo nero della tossicodipendenza condivisa, dei tentativi di suicidio, in idolatria, disperazione, mostre e vernissage organizzati nell’illusione di essere “qualcosa” insieme.

Il 12 giugno 1983 Alinovi è riversa nel suo sangue. Su una parete del suo loft appare la scritta Your not alone any way, in un inglese sgrammaticato, a voler dire “non sei sola”: ma suona come una beffa. Le attenzioni si appuntano su Francesco Ciancabilla, la cui colpevolezza viene sancita con sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna e poi confermata dalla Corte di Cassazione. Si è sempre dichiarato innocente, riducendo la storia di Francesca Alinovi a un gorgo di dolore e morbosità, a un cono d’ombra che ne inghiotte la grandezza, il brio, la sua idea di arte come esperienza collettiva, fatta di amicizia, di socialità e solidarietà. Qualcosa che di umano. E bellissimo.

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Ginevra Amadio

Ginevra Amadio nasce nel 1992 a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Filologia Moderna presso l’Università di Roma La Sapienza con una tesi sul rapporto tra letteratura, movimenti sociali e violenza politica degli anni Settanta. È giornalista pubblicista e collabora con riviste culturali occupandosi prevalentemente di cinema, letteratura e rapporto tra le arti. Ha pubblicato tra gli altri per Treccani.it – Lingua Italiana, Frammenti Rivista, Oblio – Osservatorio Bibliografico della Letteratura Otto-novecentesca (di cui è anche membro di redazione), la rivista del Premio Giovanni Comisso, Cultura&dintorni. Lavora come Ufficio stampa e media. Nel luglio 2021 ha fatto parte della giuria di Cinelido – Festival del cinema italiano dedicato al cortometraggio. Un suo racconto è stato pubblicato in “Costola sarà lei!”, antologia edita da Il Poligrafo (2021).

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