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Napoli

Fuga e memoria: la “Napoli ricordata” nella letteratura contemporanea

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Non c’è famiglia, tra i meridionali, che non abbia uno zio, un lontano cugino, un qualsivoglia parente andato via dalla propria terra per cercare altrove il proprio destino. Il partire dal proprio luogo d’origine è ormai certamente un fenomeno enormemente diffuso tra i giovani, ma non fa quasi più effetto nei cuori di chi parte e di chi resta: vanno infatti considerate le grandi spoetizzazioni che la tecnologia ha avuto la colpa di portare con sé, annullando la distanza, riducendo la nostalgia, rendendo privo l’emigrante del senso di recisione che fino ad un passato non troppo remoto lo accompagnava. Una recisione pulsante e senza sollievo che, in passato, faceva di chi andava via un martire delle proprie aspirazioni di fuga e un portatore sano di quella vaga malinconia che chi lasciava Napoli aveva con sé.

E il ricordo, a volte, ha preso possesso della vita artistica dando sfogo al proprio andar via attraverso romanzi più o meno famosi che hanno fatto del ricordo dopo la fuga il loro tema portante. Si tratta talvolta di narrazioni che hanno spunto auotobiografico, talvolta invece di intense, o meno, simulazioni di un ritorno fisico o mentale alla propria città.

Napoli Ferrovia di Ermanno Rea

Un giornalista torna a Napoli dopo molti anni di assenza e si immerge, attraverso l’incontro con un losco individuo, in una città ruvida, dai contorni inspessiti. Quella raccontata è una Napoli notturna, quasi sudamericana, che stilla poesia declamata in una lingua il cui alfabeto è forse andato perduto per sempre. E mentre l’io narrante ripercorre la città dei suoi avi, dei suoi ricordi, a fronte di quella attuale, il suo accompagnatore rivive la storia d’amore con la sua donna, devastata dalla dipendenza di eroina, finché i confini tra lei e la città diventano confusi e poi invisibili.

I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante

Pur essendo la storia ambientata in una città del nord Italia, la metropoli partenopea entra violentemente in scena attraverso i ricordi della protagonista che, nei suoi dolori deliranti, ritrova nella sua infanzia napoletana le origini della propria anima dionisiaca.

Il dialetto napoletano, i modi quasi aggressivi di esprimersi, l’io che viene fuori dalla bocca senza filtri, come lava: tutto ritorna incessantemente, nonostante la volontà della donna di seppellirlo per sempre, quando l’abbandono da parte di suoi marito la costringe a guardare in faccia la sua vita e il suo passato.

Non ora, non qui di Erri De Luca

Il ricordo della propria madre, ridestato da un’istantanea, innesca un nostalgico memoriale, frammenti di un’infanzia vissuta nei vicoletti della città che, come arterie, alimentano immagini e sensazioni.

Napoli è il non ora, non qui dove accade un passato ormai irraggiungibile e la scrittura di Erri De Luca, quasi per scatti, porta a vedere quel posto dietro i tratti sottili delle sue parole.

Ferito a morte di Raffaele La Capria

Vincitore del premio Strega nel 1961, il romanzo è un susseguirsi di eventi temporali legati ai diversi personaggi. Napoli compare, scompare, per poi mostrarsi ancora nelle ultime pagine, attraverso i ritorni nostalgici di Massimo, uno dei protagonisti, nella sua città che diventa il luogo della giovinezza perduta, la città che ti ferisce a morte o t’addormenta.

La kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo

Un poliedrico dipinto della Napoli degli anni ‘70, vista dagli occhi di un bambino: il ricordo dell’autore, attraverso l’innocente prospettiva di se stesso, traccia un intenso e spesso ironico memoriale della sua stravagante famiglia: tra i nonni dalle strane abitudini e gli zii ventenni che lo trascinano in una città hippy al di fuori di ogni stereotipo, Napoli si mostra come forse non è stata mai raccontata.

Gianluca Grimaldi

Redazione

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