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Gli antichi gemelli: tra caos e prosperità

Dallo stupore all'angoscia. Caos che genera caos, ma anche segno di prosperità. Qual era la considerazione dei gemelli nell'antichità classica?

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Il caos è forse la cosa che di più ha spaventato l’essere umano nel corso dei secoli. Sintomo di disordine, il caos rende impossibile la vita e la convivenza, è ciò che esula dalle regole e dagli schemi, entrambi essenziali per costruire i fondamenti di una società. Ma cosa succede quando dall’ordine emerge l’anormale, indizio di un caos latente e mai totalmente sopito? La reazione è probabilmente vicina allo stupore, uno stupore che ben presto si tramuta in disorientamento e ansia. La nascita dei gemelli nell’antichità classica generava all’incirca questo insieme di sensazioni, in una gamma di sfumature che andava dalla sorpresa all’angoscia. 

Prima di tutto, è bene analizzare quale fosse effettivamente la caratteristica dei gemelli che generava ansia. La risposta è semplice: l’identicità, il loro essere indistinguibili. L’individuo – inteso in maniera differente rispetto all’accezione moderna del termine – è tale proprio per l’essere fisicamente riconoscibile e individuabile tra i suoi simili; tuttavia, i gemelli esulano da questa norma: un’immagine duplicata che confonde, che rende impossibile il riconoscimento e genera sconcerto. Il sentore di smarrimento, spia del caos, era proprio ciò che doveva essere a tutti i costi evitato – o, perlomeno, arginato – e dunque si sentiva il bisogno di bloccare questo flusso. Ma come fare a differenziare l’identico?

Il mito è saturo di casi di coppie gemellari – se ne possono individuare all’incirca una trentina – , tutte venute al mondo sotto la stella dell’anormalità. Nell’universo mitico, infatti, la straordinarietà della nascita di gemelli era strettamente collegata a delle situazioni particolarmente assurde, non conformi agli schemi classici: adulterio (voluto o meno), incesto, unione tra umano e divino… Si tratta di circostanze estremamente al limite della sfera dell’accettabilità umana, spostate rispetto all’asse della normalità. L’assurdo veniva in questi casi utilizzato come chiave di lettura dell’assurdo stesso, come unica spiegazione possibile di un fenomeno altrimenti non decifrabile: l’assurdità del parto gemellare era il frutto di una situazione di per sé anomala, che non avrebbe dovuto crearsi e che ha come esito estremo un’altra anomalia. Caos che genera caos.

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A dimostrazione dell’anomalia che costituisce, l’esistenza dei gemelli si svolge spesso all’insegna del conflitto: quasi come per la volontà di svincolarsi dallo specchio di sé stessi, guidati da un desiderio di riconoscimento ed emancipazione rispetto al proprio doppio, i fratelli cercano di prevalere l’uno sull’altro. Celebre è la vicenda di Romolo e Remo, come lo è anche la sua controparte greca, la storia di Eteocle e Polinice, mai definiti come gemelli, ma probabilmente tali alla luce del fatto che avrebbero dovuto alternarsi alla guida della città di Tebe, soluzione non prevista se fosse stato in vigore il diritto di nascita. Fratelli generati dallo stesso ventre, uniti dalla nascita e separati dalla volontà di rivalsa, nati sotto l’infamia dell’adulterio gli uni e dell’incesto gli altri. Voluta in certe circostanze persino dagli dèi, è questa una conflittualità che porta all’esito estremo della morte di uno dei due, se non di entrambi; un epilogo terribile, che però “riequilibra” la situazione lasciando in vita solamente uno della coppia, oppure sopprimendoli entrambi. Ecco che la situazione torna a essere bilanciata, ecco che si fa ritorno all’ordine che era stato spezzato dalla loro nascita anomala.

Eppure, il contrasto non è una soluzione sempre applicabile. Basti pensare a Castore e Polluce: i Dioscuri, i gemelli per eccellenza, tanto inseparabili da condividere addirittura la stessa morte e il posto in cielo. Quale può essere la soluzione per operare tra loro una distinzione? Due sono gli elementi che entrano in gioco: adulterio e immortalità. Secondo una delle varianti del mito, la loro paternità è differente, in quanto la madre Leda si sarebbe unita nella stessa notte a Tindaro e Zeus (nei panni del marito). Ecco che allora Castore, figlio di Tindaro, ha un’esistenza caduca e mortale, mentre Polluce eredita dal padre la possibilità di accedere all’Olimpo.

Come accennato in precedenza, non era raro che una nascita gemellare venisse associata nel mito all’adulterio, che esso fosse compiuto in maniera più o meno consapevole da parte della donna. Anche la vicenda di Eracle/Ercole segue questo schema, Eracle che aveva un fratello gemello, Ificle, figlio di Alcmena e Anfitrione, debole sotto ogni aspetto se paragonato al suo gemello di stirpe divina, discendente diretto del sovrano dell’Olimpo. La dicotomia debolezza-forza sovrumana costituisce un ulteriore elemento di distinzione all’interno della coppia gemellare, come se venisse percepita la necessità di marcare ulteriormente il fatto della non-identicità dei gemelli: di fronte a un tale divario, era impossibile cadere nell’inganno dell’identico.

Detto ciò, un conto è il mito, un altro è la realtà dei fatti. Quanto il mito può comunicare sulla società antica e su quella che effettivamente era la percezione dei gemelli nella vita di tutti i giorni? È necessario procedere con cautela, in quanto mito e reale non sono due universi sovrapponibili e il racconto mitico apre solamente uno scorcio sulla società che lo ha generato. Il parto gemellare era senz’altro un evento percepito come straordinario nella sua rarità, ma l’accezione del fenomeno poteva variare sensibilmente in base al tempo e al luogo in questione. Se rimaneva lo sgomento di fronte alla generazione di un “doppio”, tuttavia ciò poteva portare a sviluppi differenti rispetto al consueto disorientamento di cui si parlava all’inizio.

Per esempio, nella Roma del I secolo d.C. la nascita di una coppia di gemelli veniva sentita come un segno di fertilità e non è un caso che una simile lettura del fenomeno si sia generata proprio allora, in un momento di forte crisi demografica, quando Augusto stesso aveva percepito il bisogno di formulare una serie di leggi che favorissero il matrimonio e la generazione di eredi legittimi, futuri cives romani. In un clima simile, risulta comprensibile l’orgoglio di Tiberio nel venire a conoscenza di essere diventato nonno di due gemelli e la doppia nascita viene addirittura evidenziata tramite l’appellativo Gemellus/Gemelli a essi associato (Tiberio Gemello e Germanico Gemello), quasi a celebrare la loro natura e la prosperità della famiglia imperiale.

Si può concludere citando quanto René Girard dice a proposito dei gemelli:

L’identità e la differenza hanno sempre la tendenza a sprofondare nella reciprocità, nell’indifferenziato. […] In realtà il significato dei gemelli sta nella mancanza di differenza. La cultura ha talmente paura dell’identità che non ne parla mai…

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L’identico e il diverso, due poli opposti e al contempo essenziali dell’esistenza, Apollo-Sole e Artemide-Luna che permettono al mondo di esistere: pur nella sua eccezionalità, è inutile è negare il fascino evocato da quest’immagine. 

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Bibliografia

Nascere. Storie di donne, donnole, madri ed eroi, Bettini (Einaudi, 2018).                                                       I fratelli amici. La rappresentazione dei gemelli nella cultura romana, Mencacci (Marsilio, 1996).                Multiple births in Graeco-Roman antiquity, Dasen, in Oxford Journal of Archaeology 16, 1 (2002). Gli eroi greci, Brelich (Adelphi, 2010).                 Link all’intervista a René Girard a opera di Sergio Benvenuto:
Differenza, identità, violenza. Conversazione con René Girard

Eleonora Bonacina

Sognatrice disillusa, classe 2000. Proveniente dalla leggendaria Domodossola e milanese acquisita, sono attualmente una studentessa magistrale in Filologia, Letterature e Storia dell’Antichità. Appassionata da tutto ciò che ha una storia da raccontare - con un fetish per il curioso e l’assurdo - e nerd occasionale, vivo per i piccoli istanti rubati, facendo finta di giocare a pallavolo tra un libro e l’altro.

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