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Luis in maglia gialla. www.podiumcafé.com

Storie di sport. Gloria e onta di Luis Ocaña

6 minuti di lettura

Uno sparo all’improvviso

Un colpo solo. Freddo, glaciale. Eppure fuori è primavera inoltrata. È il 19 maggio 1994, siamo nell’Occitania francese, a un centinaio di chilometri dai Pirenei e dal confine spagnolo. Il paese è un minuscolo centro abitato, quasi esatto baricentro del triangolo cittadino formato da Tolouse, Bordeaux e Pau. Luis Ocaña si è da poco sparato alla tempia sinistra, la moglie chiama subito l’ambulanza. Il corpo dell’ex ciclista viene prontamente condotto allo ospedale più vicino, ma la situazione appare compromessa. Poche ore dopo il colpo di pistola viene confermato il decesso. Sono le 17, las cinco de la tarde, l’ora delle corride, come vuole la tradizione e come ricordò, fra gli altri, Federico Garcia Lorca. Luis Ocaña non aveva neanche cinquant’anni quando ha scelto di chiudere definitivamente pagina con questo mondo. L’autopsia rivelò forti tracce di alcool, era da parecchi anni che il vincitore del Tour de France del 1973 soffriva di violenti attacchi depressivi. La felicità, per quelli come Luis, ha sempre rappresentato una fase transitoria.

Luis Ocaña
I Pirenei, metafora della vita di Luis.
www.pixabay.com

Colui che osò sfidare il Cannibale

La felicità, per quelli come Luis, ha sempre rappresentato una fase transitoria, questo è vero. Ma qualche volta, sulle strade asfaltate pendenti verso l’alto, qualche gioia il ciclista è riuscito anche a togliersela. Sono ben 110 le vittorie da professionista, un’enormità. Eppure è ricordato per le sconfitte, le cadute, i rimpianti, i ritiri. Non è stato facile crescere in un paese diverso e apparentemente ostile; e non deve essere stato facile nemmeno correre contro il ciclista più forte di tutti i tempi, Eddy Merckx. Il cannibale fagocitò qualsiasi corsa ciclistica in quegli anni. Nel famoso Tour del ’73, vinto da Ocaña, Merckx non c’era. Qualche settimana prima aveva dominato il Giro d’Italia, era stanco, la doppietta Giro-Tour l’aveva già portata a termine nel ’70, nel ’72 e nel ’74 ci aggiungerà anche il mondiale. Un mostro. Ocaña vinse quando Merckx non gareggiò, ma lo spagnolo cercò in tutti i modi di sfidare il Cannibale e per poco, molto poco, non ce la fece.

È il Tour del 1971 Merckx è già un fenomeno ma ancora non si capisce dove possa arrivare. Tutto il mondo presto inizierà a chiamarlo “Il Cannibale”, ma Ocaña no, lui per il belga ha un altro soprannome: “Puta”. La traduzione, ovviamente, non serve. Estremo, drastico, politicamente scorretto. Tante cose ma certamente non diplomatico, razionale e calcolatore. Luis Ocaña era questo, prendere o lasciare. Sulle Alpi il belga soffre maledettamente la calura estiva francese, Luis invece, abituato alle torridi estate castigliane, va come un treno. A poche tappe dalla fine ha sette minuti di vantaggio sul suo rivale. Luis Ocaña indossa la maillot jaune sui Pirenei, in una tappa cruciale. Con quella maglia addosso verrà trasportato, in coma, all’ospedale più vicino. Una caduta in discesa, resa pericolosissima da un’autentica bomba d’acqua, gli ha precluso la vittoria del Tour del 1971. Superfluo scrivere chi indossò, a Parigi, la maglia gialla. Un po’ meno scontato, invece, ricordare che Eddy Merckx nella tappa successiva non voleva indossare il simbolo del primato. «Non me lo merito, se non fosse caduto avrebbe vinto Ocaña» Già, ma le cadute fanno parte delle corse, come il dolore è parte integrante della vita. E questo Ocaña lo sa senz’altro più di Merckx.

Luis Ocaña
Luis e il Cannibale.
www.quegrandeserciclista.com

Una fine maledetta

Luis si è ritirato dalle corse nel 1977 e l’anno successivo subì un grave incidente d’auto che gli costò l’occhio sinistro. Al suicidio la famiglia non ha mai creduto, nonostante Ocaña, nella mattina del 19 maggio, avesse chiamato il suo amico Juan Hortelano, mettendolo al corrente che l’avrebbe fatta finita. Ci fu anche un’inchiesta (il figlio Jean Louis accuserà addirittura sua madre Josiane per omicidio) ma si concluse riaffermando il suicidio. Josiane, vedova di Ocaña, non si è più risposata e vive a Pau, città natale del cantante Bertrand Cantat, altro protagonista di una storia maledetta. Si dice che, ma probabilmente (e purtroppo) dovrebbe essere solo una leggenda, le ceneri del ciclista siano state sparse sui Pirenei, al confine fra la Spagna e la Francia. I due paesi che probabilmente non sono riusciti ad amarlo fino in fondo.

Giacomo Van Westerhout

Classe 1992, possiedo una laurea magistrale in ambito umanistico. Maniaco di qualsiasi cosa graviti intorno allo sport e al calcio in particolare, nonostante da sportivo praticante abbia ottenuto sempre pessimi risultati. Ho un debole per i liquori all'anice mediterranei, passione che forse può fornire una spiegazione alle mie orribili prestazioni sportive.

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